Tutto su “Stryx – Il Marchio della Strega” + intervista all’autrice

Amici, oggi vi presento un libro che mi è molto piaciuto. Ho inoltre intervistato per voi l’autrice.

STRYX – IL MARCHIO DELLA STREGA

Connie Furnari

Edizioni della Sera

 

Trama

 

Stryx copertina

La vita scolastica si rivela fin da subito molto più dura del previsto. L’unico apparentemente interessato a conoscerla è un giovane dai grandi occhi grigio azzurro: Scott. Il solo ad essere in grado di risvegliare in lei antichi sentimenti che credeva ormai essere assopiti.

Ma Salem ben presto comincerà ad essere sconvolta da numerosi delitti inspiegabili, il cui unico filo conduttore sarà un marchio a forma di ‘S’ posto sulle vittime. Le strade della cittadina diventano pericolose trappole mortali, e a Sarah non resterà altro che affrontare il suo oscuro passato per poter salvare le altre giovani streghe e se stessa.

L’autrice

Connie Furnari

Connie Furnari nasce a Catania, il 6 Dicembre del 1976, sotto il segno del Sagittario. Rivela fin da piccola la sua passione per i libri, cominciando a inventare storie non appena impara a scrivere.

Si laurea in Lettere, con una tesi di psicanalisi freudiana sul “racconto perturbante”: un’analisi su come il fantastico interagisca nella vita reale, in modo diverso da persona a persona, fin dalle fiabe, analizzando le tipiche storie dell’infanzia, da Andersen a Hoffmann.

Durante gli anni universitari, a Catania scrive per il giornale “Il Millantastorie”: articoli vari e romanzi brevi, tra cui un racconto giallo dal titolo “Il volto celato”, e le poesie “Innocente” e “Aspetto”.

Nel 1995 vince il “Premio Superga” a Torino con “Il magico viaggio di Chris”, una fiaba che narra le fantasiose avventure di un giovanissimo scrittore, e con le poesie: “Piove”, “La strada” e “Giorno dopo giorno”. Sempre nello stesso anno, a Brescia, viene premiata per altre poesie della stessa raccolta, ricevendo un encomio per la narrativa.

Nel 2011 esce il suo primo romanzo, “Stryx Il Marchio della Strega”: un urban fantasy young adult, edito da Edizioni della Sera, che riceve parecchie recensioni positive e un’accoglienza calorosa da parte degli amanti del genere. Per lo stile narrativo e per la storia intrisa di romanticismo, sarcasmo e combattimenti di kick-boxing, il romanzo viene più volte paragonato dai blogger al telefilm “Buffy l’ammazzavampiri”: è la storia di due sorelle streghe dai caratteri agli antipodi, la dolce Sarah e la turbolenta Susan, che ritornano a Salem dopo essere state bruciate al rogo trecento anni prima, sulle quali pesa una potente maledizione, costrette a imbattersi ancora nei Cacciatori.

Pubblica la fiaba metaforica “Lo spettacolo deve continuare” nell’antologia “Da Piccoli” di Montegrappa Edizioni, una denuncia verso la morte prematura dei bambini. Sempre dello stesso anno è il racconto drammatico “La scelta di Hellen” nell’antologia “L’amore delle donne” di Montag Edizioni, la dura scelta di una ragazza madre.

Continua a pubblicare: la fiaba horror “La bambola di porcellana” per l’antologia “Incubi”, edita dalla GDS Edizioni, una storia che analizza il rapporto competitivo madre-figlia con un finale inaspettato e cruento.

Pubblica il racconto “I delitti del gatto nero” per l’antologia dedicata a Edgar Allan Poe, presso La Tela Nera: la storia è un sequel del famoso racconto di Poe e svela retroscena inaspettati.

Nel 2012 inizia a preferire una narrazione molto più gotica e viscerale: un esempio è la rivisitazione dark della fiaba “Raperonzolo” nell’antologia “Fiabe Proibite” per Domino Edizioni e il racconto horror vittoriano “L’innocenza del sangue” nell’antologia “Storie fantastiche” della collana “I libri di Carmilla”; quest’ultimo, è la toccante storia di Victoria, una terribile e incontrollabile bambina vampiro nella Londra di fine ‘800.

Nel 2013 continua a pubblicare storie, tra cui “Moonlight”: un paranormal romance sui licantropi ispirato a “Romeo e Giulietta”, incluso nelle Short Stories della Scudo Edizioni.

Collaboratrice del web magazine “Fantasy Planet” aderisce a numerosi siti letterari.

Da sempre appassionata di scrittura e di cinema, vive tra centinaia di libri e dvd; adora leggere, disegnare fumetti manga, e dipingere quadri a olio mentre ascolta musica classica. Scrive fiabe per bambini; fantasy, urban fantasy e paranormal romance per giovani adulti.

 L’autrice dice del libro:

Ho iniziato la stesura di Stryx con l’intento di mescolare il folklore alla Wicca moderna, chiedendomi cosa sarebbe accaduto se una vera strega, vissuta al tempo dei puritani, fosse costretta a vivere nella nostra epoca. Nel mio romanzo ho cercato di sottolineare elementi tipici ai quali sono particolarmente affezionata: il copricapo a punta, gli incantesimi, i corvi, i gatti neri, e soprattutto le scope volanti.

Le ragazze della Congrega delle Streghe sono tipiche adolescenti che soffrono per amore, studiano per i compiti in classe e hanno paura di essere scoperte da tutti quelli che rifiutano di accettare il potere in una ragazza; la particolarità che i Cacciatori di Streghe siano solo ragazzi, evidenzia in Stryx l’eterna lotta tra sessi che dura tutt’oggi e fa di Salem un campo di battaglia, velato da atmosfere crepuscolari.

Tutta la storia è impregnata di metafore sull’emancipazione della donna ma anche se si presenta come una storia prettamente femminista, non mancano le lotte a colpi di kick boxing e scene d’azione piuttosto movimentate e cruente.

Da grande fan di Harry Potter non ho potuto fare a meno che disseminare diversi omaggi a J.K. Rowling, ma il libro dal quale ho attinto di più è stato La Lettera Scarlatta di Nathaniel Hawthorne, soprattutto per le scene ambientate a Salem nel 1685.

Sarah e Susan Sawyer, le due streghe protagoniste, rappresentano due criteri opposti con cui il gentil sesso usa il “potere”. Il messaggio finale del libro è che tutte le donne lo posseggono, ma la differenza consiste appunto nel modo in cui si decide di usarlo. Stare dalla parte del Bene o del Male delineerà il tipo di persona che si diventerà da grande.

La mia recensione

 

Sarah Sawyer dopo secoli di allontanamento ritorna a Salem, cittadina in cui aveva vissuto la sua vita mortale alla fine del XVII secolo. Tragici eventi e il triste epilogo di un amore l’avevano costretta a starne lontana nella speranza che le ferite nel cuore si rimarginassero. Quando vi rimette piede però, Sarah comprende che la sofferenza non si è ancora attenuata. E poi ci sono situazioni mortali capaci di spaventarla, come ad esempio l’iscrizione a una nuova scuola. C’è chi la prende in giro, chi la umilia, chi la corteggia. Ma nessuno sa che Sarah in realtà è una delle più potenti streghe viventi, con oltre trecento anni di esperienza alle spalle. A complicare le cose arriva Susan, la sorella minore di Sarah, che ama particolarmente il proprio lato oscuro e non manca di farsi notare. Sarah incontra Scott, un ragazzo che per una impressionante somiglianza le ricorda il suo fidanzato del XVII secolo. Per amore suo ella combatte contro la propria natura, ma non basta: i Cacciatori di Streghe tornano improvvisamente in azione perseguitando la nuova generazione di streghe di Salem. Con un crescendo di colpi di scena, l’epilogo si consumerà nella magica notte di Halloween.

Sin dalle prime pagine si nota come lo stile dell’autrice sia molto piacevole da leggere, corretto e accattivante. La lettura scorre rapida tra il presente, ai giorni nostri, e il passato, all’epoca della famosa caccia alle streghe di Salem. Il ritmo della narrazione e il dispiegarsi delle vicende passate in più capitoli interrotti sul più bello mantengono viva l’attenzione. Sarà che io ho una passione per il passato – e questo ormai si sa – ma mi sono molto piaciuti i passaggi ambientati nel 1685. Non mancano, nelle vicende del presente, battute e slanci ironici che suscitano più di un sorriso.
Le due protagoniste femminili, Sarah e Susan, hanno caratteri diametralmente opposti. La prima all’apparenza fragile ma nel profondo tenace e davvero “strega”; la seconda in superficie estremamente sicura di sé e amante della bella vita ma nell’intimo bisognosa di conforto. I personaggi maschili più importanti sono anch’essi assai diversi tra loro. Di Marco all’inizio si comprende poco e niente, ma sarà interessante scoprire la sua storia e la sua natura. Scott, personaggio che ho particolarmente apprezzato per la simpatia, causerà non pochi problemi e si rivelerà essere ciò che il lettore non sospetterebbe mai. Lucifero è una delle figure più emblematiche e meglio descritte. Nelle vesti di un uomo affascinante presenta caratteristiche profondamente contrastanti, nonché comportamenti altalenanti e giustificabili solo in quanto re degli inferi: ad esempio le streghe sono, biologicamente, sue figlie eppure egli da adulte le seduce. Il suo ruolo nella lotta tra streghe e cacciatori non è però attivo: così come Dio non interviene anche lui resta in disparte, limitandosi a qualche suggerimento. Questo atteggiamento sottolinea dunque il libero arbitrio di cui gode ogni essere, umano o sovrannaturale.
Ricorrente e velato è il tema della violenza sulle donne. Vista il pubblico giovanile cui il libro è rivolto ritengo sia affrontato in modo consono.
Ciò che mi è piaciuto molto è stato il riferimento a elementi folcloristici per quanto riguarda le streghe: i classici cappelli a punta, le scope volanti, gli incantesimi, i corvi e i gatti neri. Il tutto non appare stucchevole e forzato ma sapientemente disciolto nella narrazione, dunque capace di suscitare brividi “da cavalcatura di scopa”.
Una lettura davvero piacevole se amate un po’ d’azione e di magia, d’amore e di mistero.

Valutazione:

4

Ora facciamo due chiacchiere con Connie.

Ciao Connie, benvenuta. Dalla tua biografia abbiamo appreso chi sei e ciò che hai pubblicato finora. Devo farti i complimenti per i numerosi racconti in altrettante antologie. Non ho potuto fare a meno di notare come tu sia sempre stata affascinata dal fantastico; in particolare ho trovato interessante il tema della tua tesi avendo studiato anch’io Freud all’università.

D – A questo proposito volevo chiederti come ti è venuto in mente di accostare il contenuto delle fiabe classiche, quindi qualcosa di fantastico appunto, allo studio invece scientifico della mente umana che troviamo nella psicoanalisi freudiana. Il collegamento è celato nell’interpretazione dei sogni? Nell’es? Forse più generalmente nelle pulsioni per la soddisfazione di bisogni “mentali”? O di qualcos’altro?

R – Ciao Ilaria e grazie per questo spazio. Il fantastico è innato in ognuno di noi, ovviamente non posso riassumere qui la mia tesi di laurea, dirò soltanto che Freud aveva capito da tempo quanto le fiabe influenzino la nostra vita. L’inconscio racchiude cose che ancora l’uomo non è in grado di spiegare, come ad esempio l’attrazione verso il macabro e il sovrannaturale: nei miei romanzi cerco di evidenziare questo elemento.

D – Leggendo a proposito dei tuoi racconti, notiamo come ad un certo punto ci sia un passaggio  di interesse dal mondo delle fiabe fanciullesche a quello oscuro dei racconti gotici. Quando e come è avvenuto questo cambiamento? Si è trattato di un passaggio netto o di un cambiamento graduale che è forse ancora in atto?

R – Avevo già scritto fiabe dell’orrore, ma dopo Stryx la mia passione per il gotico è rinata. Anche lo stile è cambiato, molti dicono che possiedo un lessico particolarmente “poetico” e “arcaico”.

D – Non solo fantasy ma anche giallo e drammatico. Generi che pare tu abbia sperimentato in misura minore rispetto a quello principale, ma in cui comunque ti sei cimentata. Pensi che sia difficile per un autore principalmente dedito a un unico genere, allontanarsi da esso e addentrarsi in un altro del tutto nuovo? Basta la volontà di scrivere o sei d’accordo con me se penso che bisogni in un certo senso “documentarsi”? Per “documentarsi” intendo leggere libri del genere di cui si vuole scrivere e “mutare” qualcosa del proprio stile, per esempio sappiamo bene che il ritmo della narrazione e la caratterizzazione dei personaggi è assai diversa tra un romance e un thriller.

R – Sì, mi sono cimentata anche in opere drammatiche e thriller, ma è stata un’esercitazione. Il fantastico è il genere in cui sono più ferrata perché mantiene le peculiarità che mi attraggono, come l’amore proibito, il sovrannaturale e il mistero. Ovvio che la documentazione sia importantissima, prima di scrivere un romanzo cerco tutto il materiale disponibile ma non copio da nessun romanzo in genere. Riguardo allo stile, non credo di seguire nessun autore in particolare, il mio sogno sarebbe riuscire a eguagliare Edgar Allan Poe o Bram Stoker…

D – Da amante del mondo fantasy, credi che esista davvero nella vita “reale” qualcosa che a volte non riusciamo a comprendere perché al di là della razionalità? Non ti sto chiedendo se credi di avere dei vicini di casa licantropi, ma se secondo te nelle leggende esiste sul serio un fondo di verità.

R – Certo! Poniamo le streghe: alcune donne possiedono un “sesto senso” che le differenzia dalle altre. Non dico che possono volare sulle scope ma hanno uno strano potere 😉 Riguardo alla luna piena, è ovvio che influenzi l’acqua del nostro corpo, anche se non diventiamo pelosi…

Prima di parlare del tuo libro e leggendo le ultime righe della tua biografia, qui sul mio blog vogliamo farci un po’ gli affari tuoi con qualche domandina secca e diretta stile “Le Iene”.

Hai mai frequentato corsi di scrittura? No.

Qual è il tuo film preferito? E.T. l’extraterrestre (una storia dolcissima).

La serie tv preferita? Buffy.

Il libro preferito? I classici in genere: Poe, Bram Stoker, A.C. Doyle, Mary Shelley…

L’anime preferito? Video Girl Ai.

Il manga? Idem sopra.

Il cartone animato Disney che più hai amato? La sirenetta (da sempre, e resterà la mia preferita). Ariel è un personaggio che mi ha dato tanto in un periodo particolare della mia vita, con lei ho un legame speciale che non ho avuto con altri personaggi disneyani.

Il pittore preferito? Senza alcun dubbio Monet, ma anche gli impressionisti in genere (Renoir, Degas e compagnia bella).

Il musicista? Mozart.

In un ipotetico scontro, secondo te chi vincerebbe tra: vampiro, demone, licantropo, strega? Dipende, seguendo il folklore vincerebbe la strega perché con un colpo di magia può: ammazzare il licantropo dopo averlo immobilizzato, incenerire il vampiro creando la luce, rispedire il demone all’Inferno usando un incantesimo per viaggiare in altre dimensioni.

D – Parliamo ora di Stryx, il Marchio della Strega. Dalla trama e dalla tua introduzione al romanzo, nonché dalla lettura – come io stessa posso confermare -, si evince una certa passione per il mondo delle streghe. Quali sono secondo te le differenze principali tra la stregoneria che conosciamo attraverso il folklore e le attuali pratiche Wicca? Le pratiche tese a influire sul reale mediante l’evocazione di forze soprannaturali, proprie delle streghe “classiche”, hanno in qualche modo influenzato lo sviluppo delle pratiche invece “naturali” delle Wicca?

R – La Wicca è una religione che venera la natura, il bene, la Madre Terra: è un culto che oggi tutti possono seguire. In passato invece essere una strega era una forma di elite, c’erano poche prescelte.

D – Hai mai conosciuto delle streghe Wicca? Se sì, che impressione ti hanno fatto? Se no, ti piacerebbe incontrarle?

R – Non ho mai conosciuto streghe Wicca, ma mi piacerebbe eccome!

D – Le protagoniste di Stryx hanno un tatuaggio che le marchia come streghe. Questo emblema è frutto della tua fantasia oppure è ispirato a qualche simbolo associato alla stregoneria?

R – Seguendo delle leggende medievali, mi son documentata e ho scoperto che il vero marchio della strega era un piccolo neo nell’iride dell’occhio… Immaginatevi la sorpresa quando ho scoperto di averlo, sul serio non scherzo! Significa che sono una strega?!… Mah! (Adesso scommetto molte di voi andranno a guardarsi allo specchio)… Il tatuaggio delle sorelline Sawyer è ispirato invece a La Lettera Scarlatta di Nathaniel Hawthrone. Volevo un simbolo che esprimesse “vergogna”, qualcosa da celare.

D – Ho trovato molto affascinante e in un certo senso controcorrente, la presenza in Stryx di elementi caratteristici come la scopa volante, il cappello a punta, gli incantesimi, corvi e gatti neri. Credi che nella narrativa moderna, pur adattando la stregoneria all’epoca attuale, non bisogni lasciare indietro queste tradizioni e magari farle ritornare in auge? Gioverebbe secondo te alla letteratura di genere?

R – Io sono una patita del folklore, quindi volevo evidenziare questi elementi. Una delle differenze fondamentali con Harry Potter è la mancanza delle bacchette magiche: preferivo scrivere di una strega più arcaica e medievale, che usa le mani, la gestualità. I corvi e i gatti neri nel Medioevo erano considerati la personificazione di Lucifero, come i gufi sono la personificazione dei maghi, indice di saggezza. Sarebbe un sogno che si avvera se anche altre autrici prenderebbero spunto dal folklore: non mi accanisco contro i vampiri che luccicano al sole ma credo il folklore sia importantissimo per mantenere in vita dei personaggi autentici, così come sono stati concepiti dalla notte dei tempi. Ho notato che alcune autrici lo usano come alibi: tanto è un fantasy e posso scrivere ciò che voglio. Non è così. Anche nel fantasy ci sono scelte da rispettare e non bisogna abusarne.

D – In Stryx è evidente il collegamento tra le streghe e la loro originaria natura umana, nella fattispecie quella femminile. Per quale ragione hai presentato la maggior parte delle streghe della Congrega come giovani impaurite e inesperte?

R – Chloe, Cassandra e le altre sono streghe di ultima generazione: volevo che Sarah e Susan, con i loro 300 anni alle spalle, diventassero le loro “madrine” 😉

D – Credi che una persona normale che come Sarah e Susan si ritrovi ad avere improvvisamente poteri oscuri, nell’epoca di oggi riuscirebbe a conviverci pacificamente e accettare la propria natura? La userebbe secondo te per appropriarsi di beni di lusso o invece perderebbe l’interesse per la società mediatica in favore di un più profondo contatto con sé e con la natura?

R – Dipende dalle persone: alcune ragazze la userebbero per fare del bene, come Sarah. Altre magari per comprare i vestiti di Chanel e la Porsche, come Susan. Non a caso le due sorelle rappresentano le due fondamentali categorie di donna, sia moderna che medievale.

D – Sai che sono un’appassionata di storia e allora parliamo un po’ anche di ciò che di storico c’è in Stryx. Il tuo romanzo è ambientato a Salem, città simbolo della lotta alle streghe. Immagino avrai fatto delle ricerche a riguardo. Cosa puoi dirci delle vicende che si sono svolte lì negli ultimi decenni del XVII secolo?

R – Riassumerò in breve. La vicenda delle streghe di Salem ebbe inizio quando delle ragazzine iniziarono a riunirsi di notte, seguendo la schiava di colore Tituba, la quale conosceva le arti magiche… Abigail Williams era il capo del gruppetto (tutte di 14, 15, 16 anni), ma era anche una ragazza un po’ cattivella e fece in modo che a Salem tutti si accusassero di stregoneria, l’uno con l’altro, manovrando le amiche che la seguivano. La caccia alle streghe divampò e molte donne vennero uccise, anche se dimostravano soltanto di saper conoscere le erbe… C’erano delle vere streghe tra quelle donne? Ancora oggi nessuno può dirlo. Per approfondire consiglio di vedere il film La seduzione del male, trasposizione cinematografica dell’opera “Il Crogiolo” di Miller, con Winona Ryder e Daniel Day Lewis.

D – Spostiamo ora l’attenzione sui Cacciatori di Streghe. Per creare i tuoi cacciatori adolescenti hai utilizzato elementi dei puritani dell’epoca della caccia alle streghe? Così come per le streghe, esiste per i Cacciatori una tradizione tramandata nel tempo?

R – I cacciatori hanno una loro storia. In poche parole possiamo considerarli il prototipo dell’uomo debole che avendo paura della donna, la vuole uccidere (oggi purtroppo, quasi tutti i giorni seguiamo queste notizie al tg, per questo Stryx è sempre attuale). Molti lettori mi hanno detto di odiare Marco, ma io lo considero il personaggio più riuscito di Stryx. Dietro il suo odio c’è tutta una storia da scoprire, magari con una vita diversa non sarebbe diventato cattivo.

D – Nel tuo libro la figura di Lucifero appare come un’entità terrificante ma seducente, in alcuni passaggi addirittura magnanima nei confronti delle sue “figlie”. In questo senso la figura che traspare del re degli inferi non è quella di un essere maligno, ma piuttosto di colui che semplicemente sta su uno dei due piatti della bilancia. Il bene e il male sono in lotta continua, a volte quieta ma sempre importante. Pensi che il “male” così come tradizionalmente definito sia soltanto l’altra scelta possibile? Che spetti forse a ognuno di noi decidere da che parte far pendere la propria bilancia, senza pregiudizi di sorta?

R – Lucifero è presente in molti paranormal romance, ma in quel modo Stryx sarebbe stato uguale a molti altri romanzi. Fin dall’inizio sapevo che la lotta sarebbe stata tra le streghe e i cacciatori. Se Dio non interviene, non dovrebbe intervenire neanche Lucifero (come lui stesso sostiene). Nel libro è evidenziato il libero arbitrio, e sono le ragazze a scegliere che via seguire. Una mia lettrice mi ha scritto di essersi presa una cotta per Lucifero, un “paparino” piuttosto sexy e giovanile direi.

Salutaci ora con un saluto “da strega”.

Che la luna vi baci e vi seduca, cullandovi nel chiarore argentato (potevo fare di meglio lo so, ma non mi è venuto nient’altro in mente) 😀

Grazie per essere stata con noi, Connie. Buona scrittura!

Grazie a te Ilaria, saluto tutti i followers del tuo blog! Se volete venire a salutarmi o sapere di più sulle mie opere, il mio sito ufficiale è www.conniefurnari.blogspot.it troverete recensioni, affiliazioni, case editrici, contest e moltissimo altro… Baci.

Vi segnalo alcuni links da cui è possibile acquistare STRYX – Il Marchio della Strega.

La notte del vento e delle rose – Anna Bulgaris

 

Avete presente quando – come dicevamo in qualche post fa – un libro vi colpisce per titolo, copertina e trama? Ebbene, lo stile e il contenuto non si sono rivelati piacevoli per la sottoscritta, il che mi ha lasciato parecchio amareggiata vista la grande voglia che avevo di leggere questo libro.

Il romanzo di cui sto parlando è “La notte del vento e delle rose” di Anna Bulgaris, edito da Leggereditore.

CopNotteVentoRose

La copertina non è niente male, no?

Questa la trama:

Napoli, 1799.Una donna trascina con sé un bambino, un uomo li segue tra la folla… E mentre il molo brulicante di volti sudati e affaccendati segue la sua routine quotidiana, qualcuno li osserva dal ponte di una nave straniera. Viene dall’Inghilterra per tentare di ristabilire un equilibrio fra Borboni e Inglesi, ma anche per ritrovare la donna che pensa di aver perso per sempre. Julia è destinata a fuggire, prima dall’uomo che ama con tutta sé stessa e che l’ha abbandonata nel momento del bisogno, e ora da chi la insegue per strapparle il bambino che lei ha deciso di riscattare da un futuro di soprusi e angherie. Il suo cuore non ha pace, meno che mai ora che suo marito Christian ha deciso di riportarla a casa. Lui dovrà riconquistare la sua fiducia e riconoscere la donna coraggiosa e saggia che Julia è diventata, mentre lei dovrà abbandonarsi di nuovo a quello sguardo che anni prima, ancora ragazzina, l’aveva rapita. In un mondo dove gli intrighi di corte, le invidie e l’ossessione sembrano regnare incontrastate, riuscirà il loro amore a risorgere dalla cenere?

 

Ho letto in giro qualcuno che ha paragonato lo stile della Bulgaris a quello del mio mito, Diana Gabaldon, e mi è venuto un colpo al cuore. Che la pubblicità non sfoci nel ridicolo, vi prego!

 

Recensione

Siamo a Napoli nel 1799.

Julia, contessa di Hastings, è al porto assieme al piccolo Luca, giovane duca di Nardò, ed è in cerca di una nave inglese che potrà portare entrambi in salvo dai loschi individui che li inseguono. La situazione precipita rapidamente e Julia si ritrova dopo anni di separazione tra le braccia del marito Christian. Tuttavia non è ancora al sicuro dati i trascorsi sentimentali con l’uomo e la difficile situazione politica.

Nonostante questo romanzo abbia ricevuto buone critiche non posso accodarmi ad esse, poiché in me le perplessità sono state numerose.

Sebbene la vicenda sia interessante e storicamente ben inserita, ciò che non mi ha convinto è stato lo stile della narrazione. Sarà che la sottoscritta ultimamente è fissata su questo aspetto, ad ogni modo sono convinta che un libro per essere giudicato buono, oltre a essere sostenuto da una storia convincente, debba anche essere narrato in un certo modo. E il modo in cui è narrato questo romanzo non mi è piaciuto. Dapprincipio la lettura risulta interessante, benché appesantita da riflessioni di troppo e ripetizioni di idee; tuttavia procedendo ci si rende conto che questo difetto non è proprio delle prime pagine – in alcuni romanzi difatti nelle prime pagine si concentra la spiegazione di personalità ed eventi al fine di una migliore comprensione delle vicende successive – ma si perpetra per tutto il romanzo. La lettura diventa così spesso noiosa e ci si ritrova a pensare: “Ma questo non l’aveva già detto prima?”, “Uffa, si è capito che X è tormentato, ora basta!”, ecc. Sovente i dialoghi risultano ripetitivi, in realtà inconcludenti; in essi si rivedono gli stessi gesti descritti con un’ampollosità stucchevole.

Il tema di fondo è l’incomprensione tra Julia e Christian, le sofferenze che inconsapevolmente si cagionano a vicenda. Nonostante il loro desiderio di risolvere la situazione le scene sono statiche; senza l’intervento di altri personaggi non si sarebbe mai arrivati a nulla.

Il tentativo di descrivere la protagonista come una donna che ha patito grandi sofferenze è in parte riuscito, sebbene a un certo punto Julia risulti un po’ troppo egoista, incentrata su se stessa e poco propensa a comprendere i sentimenti dell’uomo che dice di amare.

L’impostazione della storia d’amore inoltre segue un’attrazione sconvolgente e insensata tra la bella vergine e l’uomo che non deve chiedere mai; non mi è piaciuta l’eccessiva descrizione dei contatti fisici, per intenderci anche semplici baci sono guarniti di abbondanti descrizioni e riflessioni che non aggiungono nulla né alla scena né alla storia.

Valutazione:

2

Cime tempestose

Salve amici, eccoci qui con una nuova recensione. Vi parlo di un libro che ho appena terminato di leggere.

CIME TEMPESTOSE – Emily Brontë

jj

Il mio amore per Heathcliff è simile alle rocce eterne ai piedi degli alberi; fonti di poca gioia visibile ma necessarie. Io sono Heathcliff; lui è sempre nella mia mente, non come un piacere, così come io non sono sempre un piacere per me, ma come il mio stesso essere.

Heathcliff è uno zingaro trovato dal signor Earnshaw durante un viaggio; questi lo accoglie in casa sua dove il bambino si trova a combattere le prevaricazioni di Hindley – figlio maggiore di Earnshaw – , mitigate dall’affetto di Cathy, sua sorella.

I caratteri di Heathcliff e Cathy sono somiglianti; entrambi paiono freddi e distaccati con tutti, egoisti; in verità con il passare degli anni si rendono conto di essere indispensabili l’uno per l’altra. Alla morte di Earnshaw, Hindley degrada Heathcliff a garzone di stalla, cosa che lo porta ad allontanarsi da Cathy. Questa difatti ama il benessere; ragion per cui cede presto alle avance del ricco Edgar Linton. Heathcliff, frustrato dal fatto di non essere in grado di offrire a Cathy ciò che desidera, parte in cerca di fortuna, diventando ricco. Al ritorno però scopre che Cathy ed Edgar sono convolati a nozze. Seguiranno vendette e dissapori, menzogne e tradimenti, brevi istanti di passione e una morte che non ha pietà per nessuno.

In verità avevo sempre sentito parlare dei protagonisti di questo romanzo come personaggi non “buoni” come quasi sempre è per i protagonisti di un romanzo sentimentale; questa la ragione per cui non mi ero ancora decisa a leggerlo. Tuttavia devo dire che, nonostante Heathcliff e Cathy vantino davvero caratteristiche discutibili, la narrazione dell’autrice le fa apparire come accettabili, di importanza minore rispetto all’amore che provano l’uno per l’altra. La storia mi è piaciuta molto e meriterebbe pure un 10 se non fosse che la scrittura alle volte è pesante, persino tediosa in certi tratti. Forse questo è l’unico difetto giacché Emily Brontë possiede rare abilità nell’intrecciare vicende e personaggi; geniale il modo di narrare dal punto di vista della governante – sempre presente nelle scene importanti – che, dopo anni, racconta la storia al nuovo affittuario di Heathcliff.

In Italia il romanzo è stato tradotto per la prima volta nel 1926 con il titolo de “La tempestosa”, titolo molto azzeccato dato il carattere “tempestoso”, irascibile, infantile, a volte isterico di Cathy. Leggendo questa opera, una serie di finezze nascoste tra le righe danno quasi l’impressione di essere a teatro e assistere in prima persona ad uno spettacolo. Il ché potrebbe essere sia un pregio che un difetto, a seconda delle preferenze personali e di come ci si ponga nei confronti della voce narrante.

Il romanzo oscilla tra gli elementi eroici del romanticismo, come la passione folle, ad elementi gotici, come la presenza di spettri e un pizzico di paranormale. L’amore è una contraddizione continua, narrato come un sentimento feroce, prepotente, crudo, proprio come il personaggio di Heathcliff. A fargli da contro altare c’è Cathy, che pare dominarlo, anche dopo la morte.

Un romanzo di spessore, accettabile ai giorni nostri ma che fece scalpore all’epoca della scrittrice.

Da “Cime tempestose” sono stati tratti numerosi film, alcuni dei quali molti recenti. Io ho visto quello del 1939. Tralasciando la qualità di immagini e audio, l’adattamento mi è parso gradevole, emozionante, con il sapore antico dei film d’epoca adattissimo in questo caso, anche se il personaggio di Cathy nel film risulta un po’ piatto. Del resto credo sia difficile riuscire a dar vita ad una donna che, sotto lo strato di civilizzazione, è assolutamente indomita e selvaggia.

Valutazione:

5