Intermezzo astronomico: la cometa Ison

Sì, una volta ve l’ho detto: sono appassionata di astronomia. Sebbene questa passione sia secondaria a quella per la letteratura e l’arte, è comunque forte. Sapete bene che il mio non è un blog scientifico, per cui solo ogni tanto pubblicherò qualche articolo a riguardo. È il caso di oggi. L’ultima cometa (vedi approfondimento in fondo all’articolo) che ricordo di aver visto è quella di Hale-Bopp.

halebopp

Cometa Hale-Bopp.

La ricordate? La doppia coda era uno spettacolo incredibile; adoravo il fatto che fosse sempre lì, “ferma”, e io potessi osservarla ogni sera. Ero soltanto una bambina – avevo dieci anni – ma ero già appassionata di astronomia. In queste settimane abbiamo l’opportunità di ammirare invece la cometa Ison, già definita “la cometa del secolo”.

Ison

La cometa ISON, chiamata anche C/2012 S1 (ISON), è una cometa radente e non periodica scoperta il 21 settembre 2012 dal bielorusso Vitali Nevski e dal russo Artyom Novichonok. La scoperta è stata effettuata utilizzando un telescopio riflettore di 0,4 m dell’International Scientific Optical Network vicino a Kislovodsk in Russia. La ISON dovrebbe essere la prima cometa ben visibile a occhio nudo dall’emisfero boreale sin dal 1997 quando la Hale-Bopp offrì un magnifico spettacolo nei cieli serali di inizio primavera. Nel primo scorcio del 2007 si rese visibile l’ancor più appariscente Cometa McNaught ma questo soprattutto per chi la osservò dall’emisfero sud della Terra.

Cometa Ison. Foto scattata dal telescopio spaziale Hubble.

Cometa Ison. Foto scattata dal telescopio spaziale Hubble.

Al momento della scoperta la cometa si trovava a circa 615 milioni di km di distanza dal Sole, ovvero poco oltre l’orbita gioviana.
La scoperta della cometa è stata effettuata dagli astronomi Vitali Nevski e Artyom Novichonok il 21 settembre 2012, entrambi lavorano all’International Scientific Optical Network in Russia. Dopo tre giorni durante i quali vengono misurate posizioni astrometriche per calcolare un’orbita preliminare, il 24 settembre 2012, dopo che nel frattempo sono state trovate immagini di prescoperta risalenti fino al dicembre 2011, viene annunciata ufficialmente la scoperta della cometa[2]. La scoperta che aveva già suscitato notevoli aspettative tra gli astronomi professionisti e gli astrofili fa il giro del mondo in poche ore. In seguito sono state scoperte immagini di prescoperta risalenti fino al 30 settembre 2011 [3].

Denominazione

La denominazione “C/2012 S1 (ISON)” deriva da: “C”, in quanto non periodica; “2012”, in quanto scoperta in tale anno; “S1”, in quanto prima cometa scoperta nella seconda metà del mese di settembre; “ISON”, in quanto scoperta nel corso del programma di ricerca International Scientific Optical Network. Il nome “Cometa ISON” con cui è comunemente indicata dalla stampa rischia di essere, pertanto, fonte di possibile confusione: se nel corso dello stesso programma di osservazione venisse scoperta una cometa dello stesso genere a fine febbraio 2015 essa verrebbe denominata C/2015 D1 (ISON).

Orbita

Nell’ottobre 2012 ISON si trovava fra l’orbita di Giove e l’orbita di Saturno. La cometa arriverà al perielio il 28 novembre 2013 ad una distanza di 0,012 UA dalla superficie solare. La sua orbita è iperbolica e molto inclinata rispetto al piano dell’eclittica, elementi che fanno ritenere altamente probabile che la cometa provenga dalla nube di Oort. Altri calcoli effettuati mostrano che la cometa passerà a circa 0,07 UA da Marte il 1º ottobre 2013 ed il 26 dicembre 2013 passerà a circa 0,4 UA, circa 60 milioni di km, dalla Terra. Cioè 160 volte la distanza Terra-Luna. Per confronto, la luminosissima cometa Hale-Bopp, passò a 197 milioni di km dalla Terra.

Visibilità

Al momento della scoperta ISON aveva una magnitudine apparente di 18,8. Questa cometa, al suo primo passaggio al perielio, passaggio particolarmente vicino al Sole, come le altre comete provenienti dalla Nube di Oort non ha finora mai subito stress gravitazionali né shock termici, questo fa sì che potrebbe creare una lunga coda luminosissima facendola diventare circa 100 volte più luminosa di Venere e probabilmente anche più luminosa della Luna. Con una magnitudine apparente negativa sarebbe facilmente visibile anche in pieno giorno ma essendo una cometa radente potrebbe disintegrarsi al momento del passaggio al perielio. Da metà novembre 2013 la cometa sarà visibile a occhio nudo a est, nelle ore che precedono l’alba. Si potrà ammirare fino a gennaio 2014.

Approfondimenti

Cometa

Cometa Corpo celeste di aspetto nebuloso, appartenente al sistema solare. Le comete descrivono in genere orbite ellittiche, spesso molto allungate, e sono caratterizzate da una o più “code” brillanti e fluorescenti, che si formano quando esse transitano in prossimità del Sole.

Composizione

Le comete sono composte principalmente da un nucleo circondato da una nube fluorescente, detta chioma (in greco, infatti, comētēs significa “chiomata”). Secondo il modello proposto intorno al 1950 dall’astronomo statunitense Fred L. Whipple e oggi confermato dalle più recenti osservazioni, il nucleo contiene praticamente tutta la massa della cometa ed è formato da una quantità di sostanze volatili, come acqua, ammoniaca e anidride carbonica, che gli conferiscono l’aspetto di “una palla di neve sporca”.

La maggior parte del gas che forma la chioma e la coda è invece composto da molecole frammentate, o radicali, degli elementi chimici più comuni nello spazio, quali idrogeno atomico, carbonio, azoto e ossigeno. I radicali, ad esempio CH, NH e OH, hanno origine dalla rottura delle molecole di metano (CH4), ammoniaca (NH3) e acqua (H2O), che si trovano sotto forma di ghiaccio o di composti più complessi nel nucleo della cometa. La teoria della “palla di neve sporca” è avvalorata dall’osservazione che molte delle comete conosciute percorrono orbite che deviano in modo significativo dal semplice moto newtoniano.

Ciò fornisce una chiara evidenza del fatto che i gas emessi producono un effetto a jet, deviando il nucleo dal suo cammino altrimenti prevedibile. Inoltre, le comete a corto periodo, osservate per più rivoluzioni, tendono a indebolirsi lentamente con il tempo, come ci si aspetterebbe da una struttura simile a quella proposta da Whipple. Infine, l’esistenza di gruppi di comete suggerisce che i nuclei cometari siano oggetti relativamente solidi.

La testa di una cometa, formata da nucleo e chioma, può raggiungere dimensioni considerevoli, confrontabili con quelle del pianeta Giove. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il volume della parte solida non supera i pochi chilometri cubici.

 

Avvicinamento al sole

Quando una cometa si avvicina al Sole, il calore di quest’ultimo determina la sublimazione del ghiaccio, dando luogo alla formazione di una brillante coda, che a volte si estende per milioni di chilometri. La coda è in genere diretta dalla parte opposta rispetto al Sole, anche quando la cometa è in allontanamento da quest’ultimo: infatti le particelle che la costituiscono vengono respinte per effetto del vento solare, un tenue flusso di particelle emesso di continuo e a una velocità di 400 km/s dalla corona solare. Le code delle comete, composte da molecole ionizzate per effetto degli urti con le particelle provenienti dal Sole, sono spesso curve e composte da polveri “spazzate” dalla pressione della radiazione solare.

Quando una cometa si allontana dal Sole, il gas e la polvere vengono dispersi e la coda scompare gradualmente. La diversa lunghezza della coda e la scarsa distanza dal Sole e dalla Terra rendono più o meno visibili le comete; alcune di esse, caratterizzate da un’orbita relativamente piccola, hanno code così brevi da essere praticamente inosservabili senza l’ausilio di opportuni strumenti. Delle circa 1400 comete catalogate, meno della metà è visibile a occhio nudo e meno del 10% è molto brillante.

La cometa di Halley, che ha un periodo di circa 76 anni, è ricomparsa l'ultima volta nel 1986, anno a cui si riferisce questa foto. Le comete orbitano inosservate nel sistema solare fino a quando si avvicinano alla nostra stella abbastanza da risentire degli effetti del suo calore. Quest'ultimo scioglie parte dei ghiacci di cui sono costituite, generando la coda che ce le rende visibili.

La cometa di Halley, che ha un periodo di circa 76 anni, è ricomparsa l’ultima volta nel 1986, anno a cui si riferisce questa foto. Le comete orbitano inosservate nel sistema solare fino a quando si avvicinano alla nostra stella abbastanza da risentire degli effetti del suo calore. Quest’ultimo scioglie parte dei ghiacci di cui sono costituite, generando la coda che ce le rende visibili.

Fonti: Encarta, Wikipedia

194 anni fa nasceva Léon Foucault

Diversamente dal solito, in questo articolo non trattiamo di libri ma di scienza. 194 anni fa nasceva Léon Foucalt, anniversario di cui mi fa molto piacere parlare vista la mia passione – più o meno segreta – per l’astronomia.

Léon Foucault

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Léon Jean-Bernard Foucault (Parigi 1819-1868), fu un fisico francese. Il suo nome è legato alla misura della velocità della luce (vedi approfondimento in fondo all’articolo) e alla prima prova fornita a dimostrazione della rotazione terrestre.

Foucault misurò la velocità della luce con un esperimento analogo a quello della ruota dentata, effettuato poco tempo prima da Armand Fizeau. Dimostrò inoltre che la velocità della luce dipende dal mezzo in cui si propaga e, in particolare, che è maggiore nell’aria di quanto non sia nell’acqua.

Nel 1851 fornì la sua spettacolare dimostrazione della rotazione della Terra mediante un pendolo nella cupola del Panthéon di Parigi. Il pendolo era costituito da un grosso peso sospeso a un filo molto lungo (Foucault utilizzò un peso di 28 kg attaccato a un filo lungo 67 m). Posto il pendolo in oscillazione in un piano verticale ma libero di ruotare, a causa del moto di rotazione della Terra il piano di oscillazione ruota leggermente rispetto al terreno sottostante. L’effetto è più pronunciato al Polo Nord e al Polo Sud, dove il pendolo compie una rotazione completa ogni 24 ore, e diminuisce con la latitudine: all’equatore, infatti, non si osserva alcuna rotazione. Il peso del pendolo recava all’estremità inferiore uno stilo che segnava la traccia delle oscillazioni su un fondo di sabbia; nell’arco di una giornata, Foucault mostrò che la traccia non rimaneva sempre nella stessa posizione, ma compiva una rotazione completa; poiché in assenza di forze esterne il piano di oscillazione del pendolo deve rimanere sempre uguale a se stesso, la rotazione della traccia rappresentava una dimostrazione incontestabile della rotazione della Terra.

Il pendolo di Foucault al Pantheon di Parigi.

Il pendolo di Foucault al Pantheon di Parigi.

Nel campo dell’elettromagnetismo (vedi approfondimento in fondo all’articolo), Foucault fu uno dei primi scienziati a dimostrare l’esistenza delle correnti parassite (vedi approfondimento in fondo all’articolo) generate dai campi magnetici. Sviluppò inoltre un metodo di misurazione della curvatura degli specchi dei telescopi e ideò strumenti di vario genere, tra i quali un prisma polarizzante e il giroscopio (vedi approfondimento in fondo all’articolo), che è la base della moderna bussola giroscopica.

Nel 1866 lo scienziato fu colpito da quello che allora era un morbo misterioso che gli tolse l’uso delle gambe e poi anche quello della parola: non è chiaro se si trattasse di sclerosi laterale amiotrofica – malattia all’epoca non conosciuta – o di una sclerosi multipla primariamente progressiva. Si fece posizionare lo specchio che aveva inventato e che inseguiva il moto degli astri, in modo da vedere la volta stellata anche se paralizzato nel letto. Morì nel febbraio 1868 a Parigi e fu sepolto nel cimitero di Montmartre.

Approfondimenti

 

Velocità della luce

Grandezza fisica considerata una delle costanti naturali fondamentali. Essa è pari a 299.792.458 m/s e viene indicata con la lettera c. È la velocità con cui la radiazione elettromagnetica, e quindi la luce, si propaga nello spazio vuoto.

Il suo valore fu determinato sperimentalmente per la prima volta, quasi contemporaneamente, dall’astronomo Armand Fizeau (1819-1869) e dal fisico Jean-Bernard-Léon Foucault nel XIX secolo, che bene approssimarono il valore misurato in seguito. In un mezzo rifrangente, caratterizzato da un indice di rifrazione n, la velocità di propagazione della luce viene ridotta di un fattore 1/n, e risulta pari a c/n.

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La luce del sole impiega 8 minuti per raggiungere la Terra.

 

Elettromagnetismo

Teoria che studia le connessioni e l’interdipendenza fra fenomeni elettrici e magnetici, derivandoli da un unico sistema di equazioni. Tali equazioni sono le cosiddette “equazioni di Maxwell”, che descrivono la propagazione del campo elettromagnetico e costituiscono il nucleo della teoria dell’elettromagnetismo, formulata nel 1873 dal fisico britannico James Clerk Maxwell.

Le equazioni di Maxwell mostrano che il campo elettromagnetico si propaga in forma di onde, le onde elettromagnetiche appunto, con velocità pari a 1/√eµ. Nel vuoto, tale velocità corrisponde a quella di propagazione della luce: è partendo da questa osservazione che Maxwell riuscì a interpretare la luce come una delle manifestazioni del campo elettromagnetico. Per confermare la teoria di Maxwell si dovette attendere circa vent’anni, quando il fisico tedesco Heinrich Rudolf Hertz riuscì a mostrare la reale esistenza delle onde elettromagnetiche, generandole con oscillatori elettronici (dipoli metallici lineari alimentati da corrente di altissima frequenza) e rivelandoli con circuiti elettrici risonanti.

Secondo la teoria di Maxwell, le onde elettromagnetiche si propagavano in un mezzo, l’etere, che permeava tutto lo spazio: lo stesso dunque avrebbe dovuto essere vero per la luce. Ma gli esperimenti di fine secolo mostrarono che l’etere non esisteva: partendo da queste considerazioni, Albert Einstein formulò la sua teoria della relatività ristretta, che, partendo da una revisione dei concetti di spazio e tempo, conteneva anche le equazioni di propagazione e trasformazione dei campi elettromagnetici dinamici. Oggi questa teoria, inquadrata nella relatività, è definita elettrodinamica, mentre alla teoria che spiega i fenomeni elettrodinamici in relazione al mondo microscopico, sviluppata successivamente, viene dato il nome di elettrodinamica quantistica.

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Correnti parassite o correnti di Foucault

Effetto elettromagnetico che si osserva in un corpo conduttore massiccio attraversato da un campo magnetico variabile. Il fenomeno consiste nell’insorgenza di correnti elettriche parassite, che circolano su circuiti chiusi all’interno del corpo conduttore, dissipando energia. Tali correnti sono alimentate dalla forza elettromotrice indotta che insorge per induzione elettromagnetica: secondo la legge di Faraday-Neumann, se il conduttore è investito da un campo magnetico il cui flusso attraverso la sua superficie varia nel tempo, si produce una forza elettromotrice indotta, pari appunto alla variazione di flusso nell’unità di tempo; il verso delle correnti parassite, così come prescrive la legge di Lenz, è tale da opporsi al campo magnetico che le ha generate. Poiché, come risulta dalla seconda legge di Ohm, la resistenza elettrica diminuisce all’aumentare della sezione del conduttore, in un corpo massiccio è relativamente piccola, ed è quindi piuttosto intensa la corrente che vi può circolare. Questo spiega il motivo per cui le correnti di Foucault, che nei comuni fili elettrici sono di intensità pressoché trascurabile, si rilevano soprattutto all’interno di conduttori di grosse dimensioni.

La presenza di correnti parassite all’interno di un conduttore si può rivelare facilmente osservando che il corpo in questione a poco a poco si riscalda. Come è noto, infatti, l’attraversamento di un conduttore da parte di una corrente elettrica avviene con dispendio di energia, che viene dissipata sotto forma di calore – un fenomeno noto con il nome di effetto Joule.

Il fenomeno delle correnti parassite trova un impiego nei freni elettrodinamici, utilizzati soprattutto per mezzi pesanti come i treni. Il principio di funzionamento di questo tipo di freni sfrutta essenzialmente la legge di Lenz, vale a dire, il fatto che il campo magnetico generato dalle correnti di Foucault si opponga al campo magnetico che le ha generate. Durante la frenata, le ruote metalliche del treno vengono investite dal campo magnetico di un apposito elettromagnete, e quindi interessate dal fenomeno delle correnti parassite. Queste correnti generano a loro volta un campo magnetico opposto a quello che le ha prodotte, causando il rallentamento delle ruote, tanto più efficientemente quanto maggiore è la velocità di rotazione. Poiché l’efficienza della frenata diminuisce al diminuire della velocità, i freni elettrodinamici hanno la caratteristica di produrre un rallentamento non brusco, ma graduale.

 

Giroscopio

Qualunque sistema fisico dotato di una simmetria di rotazione intorno a un asse. Con il termine giroscopio si indica comunemente un corpo di forma sferica o di ruota o di disco, montato su sospensione cardanica in modo da poter ruotare in qualunque direzione.

Le caratteristiche fondamentali di un sistema di questo tipo sono l’elevata inerzia, ovvero la permanenza dell’asse di rotazione, e la precessione, ovvero la tendenza dell’asse di rotazione a disporsi ad angolo retto rispetto al piano individuato dall’asse stesso e da una qualsiasi forza a esso applicata, e che consiste sostanzialmente in un lento moto conico dell’asse. Queste due proprietà sono comuni a qualunque corpo in rotazione intorno a un asse di simmetria, compresa la Terra.

Un giroscopio vincolato a mantenere costante la direzione del proprio asse di rotazione viene detto talvolta girostato: in quasi tutte le applicazioni pratiche, il giroscopio funziona appunto in questo modo. Il prefisso ‘giro’ viene d’abitudine aggiunto al nome dell’applicazione come, ad esempio, ‘girobussola’, ‘girostabilizzatore’ e ‘giropilota’.

L’elevata inerzia dell’asse di rotazione e la forza di gravità vengono sfruttate per utilizzare un giroscopio come indicatore di direzione o bussola. Brevemente, se immaginiamo di porre un giroscopio sull’equatore, montato con l’asse orizzontale di rotazione in direzione est-ovest, esso continuerà a indicare l’equatore, mantenendo la medesima direzione nello spazio, mentre la Terra ruota da ovest verso est: di conseguenza, l’estremo est dell’asse si muoverà verso l’alto rispetto al suolo. Se alla struttura portante del giroscopio si applica un tubo, parzialmente riempito di mercurio, in modo che subisca la stessa deflessione dell’asse del giroscopio rispetto al suolo, il peso del mercurio, che si accumula verso l’estremo più basso (ovest), applica una forza verticale all’asse del giroscopio. Il giroscopio tende a resistere a questa forza, e precede intorno al suo asse verticale, verso il meridiano. Nella girobussola le forze di controllo sono applicate automaticamente con intensità e direzione opportune, in modo che l’asse del giroscopio mantenga la direzione del meridiano, vale a dire punti fra nord e sud.

Le girobussole sono ormai montate su tutte le navi del mondo. Esse sono esenti dalle anomalie delle bussole magnetiche; indicano il nord geografico invece del nord magnetico e hanno abbastanza stabilità da rendere possibile il governo di apparecchi ausiliari come registratori di rotta, giropiloti e bussole ripetitrici. Il giropilota da marina non ha un proprio giroscopio, ma acquisisce elettricamente qualunque scostamento dalla rotta prestabilita rilevata dalla girobussola; questi segnali elettrici sono amplificati e applicati a un servomeccanismo che controlla il timone in modo che la nave riprenda la giusta rotta.

Orizzonte giroscopico artificiale. Per guidare un aereo è indispensabile una strumentazione che fornisca le informazioni necessarie per l’orientamento anche in caso di scarsa visibilità. L’orizzonte artificiale, costituito da una coppia di giroscopi, indica l’inclinazione del velivolo rispetto all’orizzonte. In caso di volo cieco, esso diventa lo strumento di bordo più importante; perciò si trova al centro del cruscotto.

Orizzonte giroscopico artificiale. Per guidare un aereo è indispensabile una strumentazione che fornisca le informazioni necessarie per l’orientamento anche in caso di scarsa visibilità. L’orizzonte artificiale, costituito da una coppia di giroscopi, indica l’inclinazione del velivolo rispetto all’orizzonte. In caso di volo cieco, esso diventa lo strumento di bordo più importante; perciò si trova al centro del cruscotto.

Fonti: Encarta, Wikipedia

 

Un intermezzo astronomico

Sono da sempre appassionata di astronomia – forse questo non lo sapevate! – e ogni tanto mi perdo in riflessioni a riguardo. Mi sembra giusto rompervi un po’ le scatole oggi.

Pensate mai al fatto che viviamo su una sfera di roccia e magma sospesa nel vuoto?

PS Ovvio che la suddetta definizione della Terra è piuttosto volgare, ma rende bene l’idea.

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