“Damnatio”, capolavoro di Luca Mastinu

Amici, quest’oggi vi presento un libro che mi sta molto a cuore.

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DAMNATIO

Luca Mastinu

Sillabe di Sale

Trama

Italia, AD 1976. 
Decidere di allontanarsi dalle fila di una setta satanica comporta un prezzo altissimo da pagare: per questo gli spietati Non Serviam uccidono Gemma, figlia dell’ex adepta Rebecca Ariete. La donna assiste impotente all’esalazione dell’ultimo respiro della bambina. Non si darà pace fino a quando non impugnerà la sua rivoltella e, indossando una corona di spine, darà la caccia ad ogni membro della sinistra fratellanza per scovare il Sacerdote, colui che ha inferto il colpo mortale alla sua creatura. 
Le vicende sono narrate ai giorni nostri dalla stessa Rebecca, oramai anziana, agli arresti domiciliari e con un altro nome: Italia. La giornalista del settimanale “La Penisola” Carol Violante ha deciso di intervistarla, per raccontare in un libro la vera storia di quella donna che il suo stesso giornale aveva soprannominato, al tempo dei fatti, “Il proiettile di Dio”.

L’autore

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Luca Mastinu nasce a Torino nel 1983 e dal 1999 vive in Sardegna, nella provincia di Nuoro, a Silanus. Polistrumentista e compositore, dal 1995 si dedica alla musica.

Nel 2000 fa il suo ingresso come tastierista nel gruppo Depressive Sliver (poi Dedalo Wings), per iniziare così una lunga esperienza nell’underground dell’entroterra sardo.
Nel 2005 consegue il diploma di Geometra e si iscrive al corso di Lettere Moderne presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Cagliari, nel 2010 registra il passaggio al corso di Storia.

Nel 2011 pubblica il suo primo libro, Le tre del mattino con Photocity Edizioni. Si tratta di una raccolta di cinque microstorie di genere thriller.

Sempre nel 2011 porta a termine il primo esperimento di romanzo, Più forte del mondo, con il quale nell’Aprile 2012 conquista il posto di semifinalista regionale (sez. Sardegna) per il concorso letterario  ”La Giara” indetto da Rai Eri.
Nel 2012 conclude la terza opera, Damnatio, romanzo noir.
Nel 2013 sceglie l’autopubblicazione per Più forte del mondo, ora disponibile su Lulu e Amazon.

Bassista presso gli Stanza 101 (dalle ceneri dei Dedalo Wings), Indigo Flow e Arab Spring, si dedica anche alla composizione mediante software di editing e produzione.

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La mia recensione

Partiamo dal presupposto che non amo questo genere letterario. Se vi dico dunque che Damnatio mi ha letteralmente conquistata il valore di quest’affermazione raddoppia. Il titolo: l’ho adorato da subito. Leggendo il romanzo poi la parola Damnatio assume sfumature particolari, riverberanti perfettamente le sensazioni che agitano l’animo della protagonista. La scrittura di Mastinu è estremamente elegante, molto piacevole ed evocativa. La storia è forte, con dei significati profondi, accattivante, animata da un personaggio che brilla di luce propria: Rebecca Ariete. Credo che tutti, uomini o donne che siano, si lasceranno travolgere dal fascino autentico di Rebecca. Le scene che colpiscono in questo senso, mostrando la raffinata e fredda follia della protagonista, sono molteplici e tutte allo stesso modo apprezzabili, “succulente”.

Freddò un ragazzo che aveva tentato di fermarla. Colpito nel petto, si era inginocchiato dinanzi a lei come volesse pregare, e andò giù senza vita. Non lasciò testimoni, non poteva farlo. La borsa si svuotò da tutto il liquido infiammabile e a Rebecca non restò che andare via. Fece brillare un fiammifero e lo lasciò cadere sul pavimento, dirigendosi verso l’uscita. Si arrestò qualche istante mentre alle sue spalle divampava l’inferno. Estrasse il rossetto e si osservò su un frammento di specchio che portava sempre con sé. Poteva persino scorgere le fiamme riflesse.

In una narrazione che intreccia armoniosamente presente, passato, flashback, interviste, il filo conduttore degli eventi trasporta il lettore attraverso sogni di carri armati e chiodi, fuoco e fiamme, assassinii brutali, giochi di seduzione d’altri tempi, scene e battute che fanno sussultare per la paura. E poi da non dimenticare assolutamente sono i passaggi commoventi, quelli che riguardano la piccola Gemma o i pensieri che sua madre le rivolge nei momenti più significativi della propria missione. Non mancano passaggi in cui la musica è descritta egregiamente e diventa parte integrante della narrazione, dello “stile” di Rebecca. Particolari e dettagli impreziosiscono il testo nei punti giusti, donando un senso di realtà fuori dal comune.

Mastinu mostra particolare abilità anche nella descrizione di scene narrate da una bambina, il che lascia intendere una grande capacità di immedesimazione e di “restituzione” di immagini vissute proprio come farebbe una bambina.

Non rovino la sorpresa, ma state certi che il finale vi farà strabuzzare gli occhi per la sorpresa e forse il cuore perderà pure qualche battito.

Verrà la morte e avrà i miei occhi.

Il capolavoro di uno scrittore di cui sentiremo certamente parlare in futuro. Ma conosciamolo direttamente.

Valutazione:

5

Intervista all’autore

Ciao Luca, benvenuto.

  • Diciamolo subito, sei un artista poliedrico. Non solo scrittore ma anche compositore e musicista. Quale delle due passioni, letteratura e musica, è nata prima? C’è stato un evento particolare che ha fatto scattare la scintilla oppure le hai sempre percepite come parte di te? In quale ti sei cimentato per prima?

Ciao Ilaria, grazie. Diciamo che mi considero un appassionato di molte cose. Prima fra tutte la musica, è stato un amore nato nel 1995, ai tempi delle scuole medie, quando il docente di Educazione Musicale dedicava un pomeriggio a settimana per il corso di chitarra. Prima di allora sì, ascoltavo già molta musica, ma niente di più. Grazie a quel docente scoprii quanto fosse appagante suonare uno strumento. Il resto venne da sé. Scoprii il gusto della composizione qualche anno dopo, grazie a qualche improvvisazione. Ora, grazie alle nuove tecnologie, è possibile disporre di un intero studio di incisione in un solo computer, e di migliaia di strumenti, tutti dentro un Hard Disk. Una roba che i compositori squattrinati hanno sempre sognato. Me compreso. Poi la scrittura, già. Passione nata alla fine degli anni ’90, quando improvvisavo testi di canzoni o poesie (roba tipicamente adolescenziale, si capisce, che ho accuratamente cestinato o ridotto in cenere) o addirittura piccole storie senza una trama né tantomeno una fine. Iniziai, dalle scuole superiori, a sentire una forte pulsione nello scrivere durante i temi in classe. Sentivo che ciò mi estraniava e mi consentiva di inventare sempre di più, fino a quando non sono nati i primi racconti che poi decisi di pubblicare.

  • Una delle cose che preferisco nelle tue opere è lo stile. Credi che i tuoi studi abbiano in qualche modo contribuito ad affinarlo?

Ti ringrazio per il complimento. Che dire, forse sì, forse no. Di sicuro i miei studi mi hanno portato ad essere più meticoloso nelle scelte, a controllare bene forma e lingua. Sullo stile credo abbiano influito maggiormente le mie letture.

  • Hai frequentato il corso di storia dell’università di Cagliari, dunque come me sei un appassionato. Facciamoci un po’ i fatti tuoi: quale periodo ami di più nella storia d’Italia o di qualche altro Paese e perché?

Ti dirò, mi chiedo spesso quale sia il mio periodo storico preferito e perché. Come spesso ti ho detto scoprii, all’Università, una sfrenata passione per la Storia Romana. Mi appassiona la lingua latina, pur non avendola mai studiata, così come rimasi colpito dalla maestosità di personaggi come Giulio Cesare, Augusto, Caligola, Nerone, Diocleziano, Costantino, ecc. Se invece vogliamo parlare di un’epoca in cui vorrei davvero vivere credo sia il ventennio ‘60/’70. Si sa, furono anni di cambiamento e rivoluzione. Specie per la musica. I Beatles furono la manifestazione di tutto, secondo il mio modesto parere. In Europa così come nel mondo, nonostante il terribile sfondo della Guerra Fredda, riuscivano a non farsi sopraffare dal disincanto di una pace che non c’era grazie all’esplosione di tutte le forme d’arte e di cultura. Il cinema, la letteratura, la musica, facevano forse molto di più di quello che oggi fa un blog, una pagina Facebook o quant’altro. Sembra un paradosso ma la vedo così. Tralasciando ora la logorrea cronica che mi caratterizza ti rispondo: preferisco quegli anni, dunque, a cavallo tra i ’60 e i ’70. Darei di tutto per tornare indietro nel tempo e vivere quel periodo.

  • Veniamo ora alle tue opere. Le tre del mattinoè una raccolta di racconti di genere thriller. Ho sentito la tua opinione a riguardo in cui affermi che in realtà lo stile lì è più “acerbo”. Il che potrebbe essere vero anche se io che ho letto Le tre del mattino sono assolutamente certa che il tuo stile fosse anche allora già assai apprezzabile e fine. I racconti della raccolta sono stati scritti tutti nello stesso periodo? Oppure qualcuno risale a tempi più lontani, magari al periodo della scuola? Da dove è scaturita l’idea alla base di queste mini storie?

Ebbene sì, considero lo stile de Le tre del mattino qualcosa di acerbo, giusta definizione. Spesso mi capita di rileggere qualche passo e di ritrovarmi con la faccia disgustata (facciamoci ‘na risata, dai). Tuttavia non lo considero un brutto lavoro, dobbiamo ricordare che mi ritrovavo alla mia prima esperienza (e certo, mo’ sono un veterano) e che avevo fretta di produrre, correggere, pubblicare. Mi consola il fatto di non essere l’unico ad aver vissuto questo piccolo inciampo. Detto questo, Le tre del mattino, essendo una raccolta di cinque microstorie, nacque dall’idea di riunire in un unico volume alcuni miei scritti secondo un disordinato schema cronologico. Il racconto La fata fortunata, per esempio, è il più vecchio di tutti, se non ricordo male è datato 2001. Lo abbozzai tra i banchi di scuola sotto un altro titolo: La ricorrenza. Lo abbandonai in un cassetto e lo ripresi durante  il primo anno di Università. Tutti gli altri vennero dopo.

Se vogliamo parlare ora dell’idea di base da cui sono nati i racconti, andando per ordine, Il pianto di Anna è frutto di un’improvvisazione. Un concorso letterario indetto dall’ERSU, l’Ente che si occupava dei servizi agli studenti, richiedeva un racconto inedito. Per cui mi misi su un foglio e improvvisai, fino al risultato finale. Mezzanotte nacque dall’idea di scrivere un giallo, qualcosa che avesse un colpevole inaspettato, dunque un omicidio, ecc. Il cielo deve sorridere voleva essere una pausa dalle atmosfere gore e splatter, quindi una sorta di parentesi romantica in mezzo al sangue. Nacque da un video, No one there dei Sentenced (andate a vederlo), commovente a dir poco. Infine, Insania voleva essere una ripresa di un personaggio contenuto in Mezzanotte: il commissario Caralli. Volevo provare a scrivere un qualcosa di psicologico, senza tralasciare i tratti tipici del thriller. Eppure, ancora oggi, ho paura del buio.

  • Più forte del mondo, il tuo primo romanzo. Vuoi parlarci brevemente dell’idea di fondo e della trama?

Il modo in cui arrivò l’idea di fondo di Più forte del mondo è bizzarra, mi si consenta di dirlo. Mi trovavo su un treno in direzione Cagliari. Dovevo affrontare un esame. Ebbene, invece di ripassare gli appunti come farebbe uno studioso diligente mi lasciai abbagliare dall’ispirazione. Non avendo con me una penna afferrai il cellulare e riempii la memoria di note. Ne finivo una e mi veniva in mente la successiva, e pigiavo su quei tasti come un invasato. Alla sera, tornato a casa senza sentire minimamente la stanchezza del viaggio, riordinai le note impresse sul cellulare e tentai un primo disegno della trama: 1969. Una ragazza perde la memoria e giunge in un convento. Accadranno “cose brutte assai”. Fu questo il primo microscopico riassunto che feci di ciò che avevo in testa. Come tu ben sai, quando poi ci si ritrova a buttare giù le prime righe sul proprio Notebook, il discorso è più complicato. Ah, l’esame comunque andò discretamente. Per fortuna!

  • Il genere di Più forte del mondo è diverso dal Noir in cui possiamo annoverare Damnatio. Come mai hai voluto “cambiare”? Quale dei due generi senti più tuo?

Diciamo che Più forte del mondo, essendo il primo esperimento di romanzo, voleva essere un brusco distacco da coltelli, spargimenti di sangue, cadaveri e quant’altro. Avevo dunque deviato verso atmosfere più soft, più psicologiche. Non manca la tensione ma comunque la violenza è totalmente abolita, per dare più spazio al mistero. Devo dire che non mi è stato tanto difficile cambiare veste, c’è molto sentimento e diciamolo, sono io stesso un sentimentale.

Damnatio, come hai ben detto tu, è un Noir. C’è anche molto pulp tarantiniano nella trama e nei dialoghi. Feci questa scelta dopo aver divorato, si capisce, diversi film di Quentin Tarantino e aver scoperto la passione per Maria Callas. Decisi dunque di coniugare le due cose e provare a costruirci una storia nuova, riprendere un po’ gli spargimenti di sangue ma condirli con personaggi straordinari e dialoghi avvincenti. Non nego che sia stato difficoltoso, spesso pensai di demordere. Invece, di punto in bianco, riuscii a portarlo a termine. Per me, ripeto, fu del tutto nuovo. In ogni caso sento più miei il giallo e il thriller, riesco a destreggiarmi con più disinvoltura.

  •  Damnatio, come hai già letto nella recensione, secondo me è un romanzo meraviglioso, scritto ad arte. Parliamo allora di Rebecca, così elegante e raffinata, ma anche spietata e, quando rivolta alla figlia, dolce. Una donna così farebbe davvero strage ma, parlando in termini totalmente legali, di cuori. È ispirata a qualcuno in particolare oppure è interamente frutto della tua fantasia?

Rebecca è un concetto di bellezza, come dici tu è in grado di fare una strage di cuori così come una strage di sangue. Prima dei suoi misfatti non conosceva l’odio. Diciamo che è sì frutto della fantasia, ma come succede a chi scrive (lo sai, vero?) in ogni personaggio si riversa la personalità dell’autore. Ovviamente metti giù la cornetta, non chiamare le forze dell’ordine perché con questo non voglio dire di essere un potenziale assassino, o che qualsiasi autore potrebbe esserlo. Diciamo che vedo in Rebecca un personaggio nato dalla fantasia di immaginare il pensiero di una madre che vede trucidare senza pietà la propria creatura. So che è presunzione, diciamo che ci provo.

  • Ho notato come i personaggi principali delle tue opere siano donne. Non è comune che uno scrittore scriva dal punto di vista femminile. Come mai? Da cosa nasce questa “scelta”?

È vero, principalmente scelgo personaggi femminili. La mia scelta è dovuta a un capriccio stilistico: descrivere una donna che compie gesti prettamente maschili (mettiamola così) trovo sia abbastanza intrigante, e la storia come la cronaca ci dimostrano quanto le donne siano capaci in tutto, dall’amore all’odio. Mi viene una citazione (spero che sia esatta, altrimenti fucilatemi) del Doctor Faustus di Marlowe, in cui si parla di Elena di Troia:

Ora capisco perché i greci vendicarono con dieci anni di guerra il ratto di questa regina: la sua bellezza è celeste, non ha confronti.

Ecco, qui svelo un mio piccolo segreto. Fu questa frase a colpirmi, seppur sembra quasi insignificante. Le donne hanno fatto scatenare guerre, ispirato componimenti poetici che hanno fatto storia (vedi Beatrice per Dante) hanno ribaltato concetti atavici (Giovanna d’Arco). Per questo, se da una parte la mia scelta viene dal desiderio di stupire mettendo nelle mani di una donna il potere di annientare e ribaltare trama e stereotipi, dall’altra è un mio singolare omaggio alla loro natura.

  • Ti stai dedicando alla stesura di qualche altra opera? Se sì, puoi accennarci qualcosa?

Sì, mi sto dedicando alla stesura di un terzo romanzo, Il giorno dell’ira. Approssimativamente questo nuovo lavoro è giunto al primo quarto della stesura che avrei in mente. Se posso spoilerare qualcosa rivelo serenamente che ha come protagonista il commissario Caralli, già comparso nei racconti Mezzanotte e Insania contenuti ne Le tre del mattino, e visto il successo ottenuto tra i lettori ho deciso di riproporlo in questa nuova opera. Aggiungo che la storia parte dal finale di Insania e ripercorre l’adolescenza del commissario, quando ebbe a che fare con un serial killer che terrorizzava la sua provincia.

  • Abbandoniamo le discussioni squisitamente letterarie per sondare il terreno editoriale. Le tre del mattino è stato pubblicato da Photocity Edizioni. Per Più forte del mondoinvece hai scelto l’autopubblicazione su Lulu e Amazon. Da qui traspare una certa distanza dagli editori “tradizionali”. Si tratta di una ritrosia volontaria macchiata di disillusione o invece di una ricerca di libertà?

Brava, entrambe le cose. Disillusione e voglia di libertà. Non so dirti se questo sia dovuto alla mia natura o a un problema esistente. Sta di fatto che è stata una scelta sulla quale ho riflettuto diverso tempo. Dopo indugi e ripensamenti ho scelto di fare da me. Certo, vorrei che le cose fossero più facili, ma si sa che Roma non fu costruita in un giorno. Milano Due magari sì, ma è altra roba.

  • Nel prossimo futuro sai già in cosa spenderai maggiormente le tue energie tra letteratura e musica?

A freddo rispondo che darò priorità sempre alla musica. Ho a che fare con essa ogni giorno tra ricerche, improvvisazioni e un’intensa attività con quattro gruppi musicali. La scrittura mi richiede più pace e più concentrazione, diciamo che è meno spontanea e devo sentirmi folgorato da qualcosa per poter mettere nero su bianco qualche frase.

Grazie Luca per il tuo tempo e ancora complimenti.