E l’eco rispose – Khaled Hosseini

Eccomi qui oggi con la recensione dell’ultimo libro di un autore che adoro.

E l’eco rispose

Khaled Hosseini

Piemme

 

L’autore

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Khaled Hosseini, in dari خالد حسینی (Kabul, 4 marzo 1965), è uno scrittore e medico statunitense. Di origine afgana, pashtun, è nato a Kabul, dove ha vissuto la sua infanzia. Dal 1980 vive negli Stati Uniti. È l’autore del libro campione di vendite Il cacciatore di aquiloni. Nel 2007 ha pubblicato il suo secondo libro intitolato Mille splendidi soli che, solo in Italia, ha venduto più di un milione di copie. La casa di produzione di Steven Spielberg, DreamWorks, ha acquistato i diritti di entrambi i romanzi, per trarne dei film.

La vita

Khaled Kidrauhl Hosseini è nato a Kabul, in Afghanistan, ultimo di cinque fratelli. Suo padre era un diplomatico in servizio presso il Ministero degli Esteri afghano e sua madre insegnava persiano e storia in un liceo femminile di Kabul. Nel 1970 il Ministero degli Esteri mandò la sua famiglia a Teheran, in Iran, dove il padre lavorò presso l’ambasciata dell’Afghanistan. Nel 1973 tornarono a Kabul. Nel luglio 1973 il re afghano, Zahir Shah, fu spodestato in un colpo di stato dal cugino, Mohammed Daoud Khan.

Nel 1976 il Ministero trasferì ancora una volta la famiglia Hosseini, questa volta a Parigi. Nel 1980 sarebbero dovuti tornare a Kabul, ma nel frattempo (1979) in Afghanistan il potere era nelle mani di un’amministrazione filo-comunista, appoggiata dall’Armata Rossa. Temendo l’impatto della guerra sovietica in Afghanistan, la famiglia Hosseini chiese e ottenne l’asilo politico negli Stati Uniti e, nel settembre 1980, si trasferirono a San José, in California. Dato che avevano lasciato tutte le loro proprietà in Afghanistan, per un breve periodo vissero di sussidi statali, fino a che il padre riuscì a risollevare le sorti della famiglia intraprendendo numerosi lavori. Khaled Hosseini è tornato in Afghanistan come inviato per l’UNHCR, l’agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Attualmente vive nel nord della California con la moglie Roya, da cui ha avuto due figli: Haris e Farah.

Curiosità

Da bambino, Hosseini lesse molti libri di letteratura persiana, insieme a traduzioni di romanzi occidentali. I ricordi di Hosseini del pacifico periodo pre-Sovietico dell’Afghanistan, come le sue esperienze con gli hazara afghani, lo hanno portato a scrivere il suo primo romanzo, Il cacciatore di Aquiloni. Un hazara, Hossein Khan, aveva lavorato per la famiglia dello scrittore quando vivevano in Iran. Quando era in terza elementare Hosseini gli insegnò a leggere e scrivere. Nonostante la sua amicizia con Hossein Khan fosse stata breve e piuttosto formale, i ricordi che lasciò ad Hosseini gli furono di ispirazione per la descrizione del rapporto tra Hassan e Amir.

Fonte: Wikipedia

 

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E l’eco rispose

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Mi dicono che devo guadare acque dove presto annegherò. Prima di immergermi, lascio questo sulla spiaggia per te. Prego che tu lo possa trovare, sorella, perché tu sappia cosa c’era nel mio cuore quando sono finito sott’acqua.

Trama

Sulla strada che dal piccolo villaggio di Shadbagh porta a Kabul, viaggiano un padre e due bambini. Sono a piedi e il loro unico mezzo di trasporto è un carretto rosso, su cui Sabur, il padre, ha caricato la figlia di tre anni, Pari. Sabur ha cercato in molti modi di rimandare a casa il figlio, Abdullah, senza riuscirci. Il legame tra i due fratelli è troppo forte perché il ragazzino si lasci scoraggiare. Ha deciso che li accompagnerà a Kabul e niente potrà fargli cambiare idea, anche perché c’è qualcosa che lo turba in quel viaggio, qualcosa di non detto e di vagamente minaccioso di cui non sa darsi ragione. Ciò che avviene al loro arrivo è una lacerazione che segnerà le loro vite per sempre. Attraverso generazioni e continenti, in un percorso che ci porta da Kabul a Parigi, da San Francisco all’isola greca di Tinos, Khaled Hosseini esplora con grande profondità i molti modi in cui le persone amano, si feriscono, si tradiscono e si sacrificano l’una per l’altra.

Recensione

Ho preso il nuovo libro di Hosseini poco dopo l’uscita e, tra un impegno e l’altro, sono riuscita a leggerlo solo in questi giorni. Non c’è niente da fare, la scrittura di Hosseini incanta. Mi è piaciuto molto, all’inizio, il punto di vista di Abdullah bambino che deve gestire l’immenso affetto per la sorella e il dolore della perdita: una nuova prova superata egregiamente dall’autore, dopo i punti di vista sperimentati abilmente ne Il cacciatore di aquiloni e Mille splendidi soli.
I romanzi di Hosseini sono tutti velati di una malinconia dolce, struggente. Le emozioni si susseguono a ritmo serrato, non si fa in tempo a metabolizzarne una che ne arriva un’altra. Come sempre l’autore sfrutta le vicende narrate per dipingere un vivido ritratto dell’Afghanistan, mostrando il Paese “reale”: non quello che conosciamo in modo distorto tramite i mass media ma quello vero, vissuto, quello degli abitanti. I personaggi sono numerosissimi, profondamente complessi, mai scontati, combattuti, veri nella loro codardia o nel loro egoismo.
A questo proposito però devo muovere qualche critica. Di fatto si tratta di un romanzo corale, cosa che in genere non mi piace. Nella prima parte del libro le vicende di Pari, Abdullah, Sabur, Nabi, Parwana sono appassionanti, ci si affeziona a loro perché sono tutti profondamente legati. Ma poi cominciano a subentrare personaggi come Amra, Roshi, Thaila, Markos, Idris, Timur, Adel che in realtà hanno solo un labile legame con quelli principali – no, non me la sento di parlare di protagonisti veri e propri. Pare servano solo a farci volare in una diversa parte del mondo – descritta alle volte in maniera così rapida da apparire insulsa, vedi l’India raccontata in poche righe – o a introdurre in maniera del tutto indifferente per il loro vissuto – ma che ammetto colpisce al cuore il lettore che era rimasto in sospeso – dettagli sulla vita di personaggi precedenti di cui non si è saputo più nulla. Il che è un’abile mossa letteraria, tra l’altro il modo di descrivere i sentimenti di così tante persone diverse è una grande dote dell’autore, ma non contribuisce alla creazione di un sentimento d’attaccamento verso questi nuovi personaggi. Forse la mia spiegazione è un po’ contorta, ma leggendo il libro sarà facile capire a cosa mi riferisco.
Non al livello de Il Cacciatore di aquiloni e Mille splendidi soli, in ogni caso una lettura scorrevole, capace di emozionare.

Valutazione:

4

Mille splendidi soli – Khaled Hosseini

Un libro che ho molto amato. L’avete letto?

 

MILLE SPLENDIDI SOLI

Khaled Hosseini

Piemme

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Trama

A quindici anni, Mariam non è mai stata a Herat. Dalla sua “kolba” di legno in cima alla collina, osserva i minareti in lontananza e attende con ansia l’arrivo del giovedì, il giorno in cui il padre le fa visita e le parla di poeti e giardini meravigliosi, di razzi che atterrano sulla luna e dei film che proietta nel suo cinema. Mariam vorrebbe avere le ali per raggiungere la casa del padre, dove lui non la porterà mai perché Mariam è una “harami”, una bastarda, e sarebbe un’umiliazione per le sue tre mogli e i dieci figli legittimi ospitarla sotto lo stesso tetto. Vorrebbe anche andare a scuola, ma sarebbe inutile, le dice sua madre, come lucidare una sputacchiera. L’unica cosa che deve imparare è la sopportazione. Laila è nata a Kabul la notte della rivoluzione, nell’aprile del 1978. Aveva solo due anni quando i suoi fratelli si sono arruolati nella jihad. Per questo, il giorno del loro funerale, le è difficile piangere. Per Laila, il vero fratello è Tariq, il bambino dei vicini, che ha perso una gamba su una mina antiuomo ma sa difenderla dai dispetti dei coetanei; il compagno di giochi che le insegna le parolacce in pashtu e ogni sera le dà la buonanotte con segnali luminosi dalla finestra. Mariam e Laila non potrebbero essere più diverse, ma la guerra le farà incontrare in modo imprevedibile. Dall’intreccio di due destini, una storia che ripercorre la storia di un paese in cerca di pace, dove l’amicizia e l’amore sembrano ancora l’unica salvezza.

Recensione

Non si possono contare le lune che brillano sui suoi tetti, né i mille splendidi soli che si nascondono dietro i suoi muri.

Versi con cui il poeta Saib Tabrizi scrisse su Kabul. Versi riportati nel libro di Khaled Hosseini e da cui è stato tratto il titolo.

 

Ci troviamo a Kabul, capitale dell’Afghanistan. Le protagoniste sono Mariam e Laila. Hanno età diverse, vite diverse.

Mariam è una harami, termine usato per indicare i figli illegittimi. Infatti suo padre Jalil aveva avuto una relazione clandestina con sua madre, una domestica di nome Nana. Nana e Mariam vivono quasi esiliate in una kolba in cima ad una collina ma suo padre va a trovarla ogni giovedì raccontandole del mondo meraviglioso che c’è in città. Mariam vede in lui un uomo importante, un esempio da seguire. Quando un giovedì egli non si presenta alla kolba, Mariam decide di discendere la collina per recarsi a Herat e andare a trovarlo. Viene malamente rifiutata dai domestici e ritorna a casa. Ma qui l’attende una terribile sorpresa. Sua madre Nana, già segnata dalla depressione e dall’odio profondo verso Jalil, non ha saputo sopportare l’allontanamento della figlia e si è impiccata. A quel punto il destino di Mariam viene forzatamente messo in mano al padre che, per evitare vergogne sulla sua rispettabile famiglia ufficiale, la fa frettolosamente sposare con un uomo molto più grande di lei: Rashid, un calzolaio di un’altra città.

Laila è invece una ragazza più fortunata. Nonostante debba sopportare la sofferenza per la morte dei fratelli partiti per la guerra, nella sua vita c’è spazio per lo studio, fortemente voluto da suo padre. Inoltre tra le braccia di Tariq, suo amico sin dall’infanzia, trova l’amore. Un amore non destinato a durare poiché anche Tariq si arruola per la guerra.

Un drammatico bombardamento farà incontrare Mariam e Laila, legate poi per sempre dalla volontà di combattere i soprusi di Rashid, di proteggere i figli di Laila, di conquistare la libertà.

La storia profonda di un’amicizia vera e solidale tra due donne oppresse dalle convenzioni sociali e dalla guerra. Un romanzo di denuncia che da voce a tutte le donne che soffrono silenziosamente ogni giorno e che non hanno mezzi per ribellarsi. Ma troviamo anche la speranza e la forza dell’amore ancor più accentuata in situazioni critiche come i conflitti civili.

Con maestria Khaled Hosseini ha scritto un romanzo dal sapore epico e immortale, destinato a restare nella storia della letteratura quale testimonianza di quelle vicende di cui non si sente parlare nei telegiornali.

La lettura è scorrevole e incuriosisce progressivamente il lettore regalando ogni sorta di emozioni. L’autore dimostra di essere perfettamente in grado di descrivere dei fatti dal punto di vista femminile, contrariamente a “Il cacciatore di aquiloni” che invece ha protagonisti maschili.

Sicuramente uno dei libri più belli che abbia mai letto.

Valutazione:

5