La poesia del bianco e nero, l’impatto dei colori #7 – V-J Day

Ciao amici,

ecco per voi un articolo della rubrica La poesia del bianco e nero, l’impatto dei colori (no, non me ne ero dimenticata!).

Lo scatto ricolorato di oggi è il famosissimo bacio nel V-J day a Times Square: un marinaio americano che bacia una giovane donna, il 14 agosto 1945 a Times Square, subito dopo aver saputo che il Giappone era capitolato e la guerra finita.

v_day_7887-600x335

Fonte: Wired.it

La foto fu scattata dal noto Alfred Eisenstaedt e fu pubblicata sulla rivista “Life“. Nel corso degli anni molti si sono spacciati per i protagonisti della foto, ma solo qualche anno fa uno specialista di arte forense, Lois Gibson, stabilì con l’ausilio di metodologie scientifiche che il marinaio era Glenn McDuffie e l’infermiera Edith Shain.

Ma perché il bacio?

Glenn McDuffie racconta che, mentre era in metro, apprese della resa del Giappone. Era così felice che uscì dalla stazione e corse per strada: un’infermiera lo vide e gli sorrise, così lui si lanciò per abbracciarla e baciarla, senza dire una parola.

Così quel bacio improvviso tra sconosciuti divenne il simbolo della felicità e del sollievo di una generazione che si liberava dal peso della guerra.

Unconditional Surrender

La foto è diventata una statua di bronzo: alta 8 metri e pesante 13 tonnellate, la statua denominata “Unconditional Surrender” realizzata da Seward Johnson per il settantesimo anno dalla fine del conflitto fa bella mostra di sé davanti al museo del Memoriale di Caen, capoluogo del dipartimento del Calvados in Francia.

Chi era il fotografo?

Alfred Eisenstadt

Alfred Eisenstaedt (Dierschau 1898-1995) fu un fotografo statunitense di origine tedesca. Negli anni Venti, insieme a un gruppo di fotografi tedeschi (Erich Salomon, Felix H. Man e Martin Munkacsi), Eisenstaedt fu praticamente il fondatore del fotogiornalismo, collaborando con la Pacific and Atlantic Picture Agency che di lì a poco sarebbe diventata la Associated Press, una delle più importanti agenzie di stampa del mondo.

Emigrato negli Stati Uniti nel 1935, sviluppò presto il suo interesse per i reportage, lavorando per ‘Life’ fin dal primo numero nel novembre del 1936 e realizzando per questa rivista più di mille servizi in quarant’anni di attività. Con la sua Leica 35 mm ritrasse personalità di primo piano sulla scena politica e culturale mondiale, tra cui John Fitzgerald Kennedy, Winston Churchill, Albert Einstein, ma anche stelle del cinema come Marlene Dietrich, Marilyn Monroe, Sophia Loren. Immortalò avvenimenti storici cruciali, quali il primo incontro tra Adolf Hitler e Benito Mussolini nel 1933; fu a Hiroshima al seguito dell’imperatore Hirohito sui luoghi del bombardamento atomico.

Tra le sue foto più famose, si ricorda quella del marinaio che bacia una ragazza a Times Square il giorno della celebrazione della vittoria nella seconda guerra mondiale (V-J Day, Times Square, 1945). Il suo ultimo lavoro, 95 for 95, riunisce novantacinque immagini esposte in occasione del suo novantacinquesimo compleanno. Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti da Eisenstaedt figurano la National Medal of the Arts, l’International Understanding Award for Outstanding Achievement, il Photographic Society of America Achievement Award.

Fonti: Encarta, Wikipedia, Wired

La poesia del bianco e nero, l’impatto dei colori #6 – Luther King

Ciao amici,

oggi posto un articolo per la rubrica La poesia del bianco e nero, l’impatto dei colori, potete leggere gli altri articoli qui.

La fotografia ricolorata di questo appuntamento ha come protagonista Martin Luther King ed è stata scattata il 28 agosto del 1963 davanti al Lincoln Memorial di Washington, al termine di una marcia di protesta per i diritti civili, mentre il leader pacifista pronunciava il celebre discorso dal titolo I have a dream.

i_have_a_dream_5417-600x335

Fonte: Wired

 

Alla fine non ricorderemo le parole dei nostri nemici ma i silenzi dei nostri amici.

 

Chi era Martin Luther King?

Martin Luther King (Atlanta 1929 – Memphis 1968) nato Michael King è stato un pastore protestante e uomo politico statunitense, uno dei più importanti leader del movimento dei neri americani per i diritti civili e principale sostenitore della resistenza non violenta alla segregazione razziale. Ordinato pastore nel 1947, durante gli studi si imbatté nelle opere di Gandhi, le cui idee divennero il nucleo della sua filosofia di protesta non violenta. Nel 1954 accettò la nomina di pastore di una chiesa battista a Montgomery (Alabama). In quello stesso anno, la Corte Suprema degli Stati Uniti decretò illegittima la segregazione razziale nelle scuole statali e, in attesa di quella decisione, la segregazione venne sfidata in tutti i luoghi pubblici degli stati del Sud.

Nel 1955 King guidò il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery: lo scopo era quello di protestare per l’arresto di Rosa Parks, una donna di colore che si era rifiutata di cedere il proprio posto a un passeggero bianco. Nel corso della protesta, durata 381 giorni, King fu arrestato e imprigionato, e fu minacciato di morte più volte. Il boicottaggio terminò nel 1956 con la sentenza della Corte che dichiarava illegale la segregazione razziale sui trasporti pubblici della città: l’evento rappresentò una grande vittoria per il movimento di protesta non violenta e il prestigio di Luther King aumentò notevolmente.

La vera misura di un uomo non si vede nei suoi momenti di comodità e convenienza bensì tutte quelle volte in cui affronta le controversie e le sfide.

Recatosi in India nel 1959, egli comprese più chiaramente la satyagraha, il principio della persuasione non violenta sostenuto da Gandhi, che King era deciso a utilizzare quale principale strumento di protesta sociale. L’anno seguente rinunciò al suo incarico a Montgomery per diventare pastore della chiesa battista di Ebenezer, ad Atlanta, ciò che gli permise di dedicarsi più attivamente alla direzione del nascente movimento per i diritti civili. In quello stesso periodo la leadership nera, che in precedenza si era limitata a promuovere cause e a proporre la riconciliazione, stava subendo una profonda trasformazione e chiedeva il cambiamento ‘con ogni mezzo possibile’. Emersero nuovi movimenti e gruppi più radicali, come i Black Muslims di Malcolm X, il Black Power e le Black Panthers, portatori di differenti ideologie e metodi di lotta contro il razzismo. Tuttavia il prestigio di King garantiva che la non violenza, per quanto non universalmente accettata, restasse il metodo ufficiale di resistenza.

Nel 1963 Luther King condusse un’intensa campagna per i diritti civili a Birmingham, in Alabama, e altre in tutto il Sud, che aveva come obiettivi l’iscrizione dei neri nelle liste elettorali, l’abolizione della segregazione razziale, il miglioramento della qualità dell’istruzione e degli alloggi. Durante queste dimostrazioni non violente, il leader fu arrestato più volte. Il 28 agosto 1963 guidò la storica marcia su Washington e pronunciò il famoso discorso che iniziava con le parole ‘I have a dream‘ (Ho un sogno). Nel 1964 fu insignito delpremio Nobel per la pace. Il 4 aprile del 1968 venne assassinato a Memphis, nel Tennessee, da un sicario; le circostanze della sua morte permangono tuttora oscure.

Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo imparato l’arte di vivere come fratelli.

 

Cattura

Il Centro Martin Luther King, che si trova nella città di Atlanta, in Georgia, è il centro di documentazione del Movimento per la difesa non violenta dei diritti della popolazione nera. Al suo interno si trova una chiesa battista, nella quale è sepolto Martin Luther King.

 

Fonte: Encarta

 

 

I have a dream

 

 

 

Per comprendere meglio il clima che si respirava in quegli anni consiglio di vedere il film The Butler – Un maggiordomo alla casa bianca.

 

La poesia del bianco e nero, l’impatto dei colori #5 – Twain

Eccoci qui in questo inizio di maggio dal tempo incerto. Oggi vi posto la fotografia ricolorata di uno scrittore celebre.

 

Mark Twain

 

twain 1

Fonte: Wired

 

twain 2

Fonte: Wired

Pseudonimo di Samuel Langhorne Clemens (Florida, Missouri 1835 – Redding, Connecticut 1910), scrittore statunitense. Le sue opere migliori sono caratterizzate da un umorismo spesso irriverente e da una pungente satira sociale. Dopo un’esperienza come tipografo, divenne giornalista; fu poi pilota di battelli sul Mississippi fino allo scoppio della guerra di secessione. Da questa esperienza trasse lo pseudonimo ‘Mark Twain’ (‘marca due’, che nel gergo fluviale indica la profondità dell’acqua), con cui nel 1863 cominciò a firmare gli articoli sul ‘Territorial Enterprise’. L’esordio letterario avvenne nel 1865 con il racconto Il ranocchio saltatore della contea di Calaveras, che riscosse un successo immediato. Dopo aver compiuto, nel 1867, un viaggio in Europa e in Terra Santa, scrisse The Innocents Abroad (1869), in cui si faceva beffe degli aspetti del Vecchio Mondo che più colpivano i turisti americani. A Vita dura (1872), resoconto delle sue prime esperienze di minatore e giornalista, seguì la prima opera di grande successo, Le avventure di Tom Sawyer (1876), dove l’autore celebrò la sua fanciullezza sul Mississippi. Lo stesso fiume svolge un ruolo di protagonista anche in Vita sul Mississippi (1883), che rievoca la sua esperienza di pilota di battelli. Del 1889 è Un americano alla corte di Re Artù, satira contro l’oppressione nell’Inghilterra feudale. Le avventure di Huckleberry Finn (1884), il seguito di Tom Sawyer, è generalmente considerato il capolavoro di Mark Twain. Benché ricco di esuberante umorismo, il romanzo non cela la crudeltà che percorre gli avvenimenti, anche minimi, dell’esistenza umana.

Tremavo, perché dovevo decidere, per sempre, tra due cose, e lo sapevo. Ci pensai per un minuto, come trattenendo il respiro, e poi dissi a me stesso: va bene, allora andrò all’inferno.

Tom Sawyer e Huckleberry Finn sono gli eroi più celebri della narrativa di Twain: le loro avventure picaresche sono state apprezzate da generazioni successive di lettori in tutto il mondo.

 

 

L’ultima fase della sua attività di scrittore è contrassegnata da pessimismo e amarezza crescenti, originati da sfortunate vicende finanziarie e da lutti familiari. Tra i suoi romanzi di questi anni si ricordano Wilson lo zuccone (1894) e l’incompiuto Lo straniero misterioso.

Twain levò la sua voce di protesta in un’epoca in cui la vita americana era dominata dal materialismo e dalla corruzione della cosiddetta ‘età dell’oro’ seguita alla guerra civile. La sua opera è radicata nell’humus culturale specifico dell’Ovest e la popolarità che essa gli valse significò la fine della sudditanza della letteratura americana nei confronti degli scrittori del New England. Oltre che sulla carica umoristica, la reputazione letteraria di Mark Twain si fonda sull’abilità di tratteggiare una galleria di figure indimenticabili e sulla creazione di un linguaggio nuovo, colloquiale e gergale, sorprendente intreccio di dialetti.

Cronologia delle opere

 

ANNO TITOLO GENERE
1867 Il ranocchio saltatore e altri racconti Raccolta di racconti
1869 Gli innocenti all’estero: viaggio in Italia dei nuovi pellegrini Diario di viaggio
1872 In cerca di guai Diario di viaggio
1873 L’età dell’oro e altri racconti Raccolta di racconti
1876 Le avventure di Tom Sawyer
Un delitto, un mistero e un matrimonio
Romanzo
Racconto
1880 Vagabondo in Italia Diario di viaggio
1881 1601: Conversazione secondo l’uso dei trattenimenti alla domestica, al tempo dei Tudor Racconto
1882 Il principe e il povero
Il furto dell’elefante bianco e altri racconti
Romanzo
Raccolta di racconti
1883 Vita sul Mississippi Diario di viaggio
1884 Le avventure di Huckleberry Finn Romanzo
1889 Un americano alla corte di re Artù Romanzo
1883 La banconota da un milione di sterline e altri racconti Raccolta di racconti
1894 Wilson lo zuccone Romanzo
1896 Personal Recollections of Joan of Arc Biografia
1897 Following the Equator Diario di viaggio
1899 L’uomo che corruppe Hadleyburg Racconto
1901 Alla persona che siede nelle tenebre: scritti sull’imperialismo Saggio
1905 The War Prayer
Soliloquio di re Leopoldo: una difesa del suo governo in Congo
Racconto
Saggio
1906 Che cos’è l’uomo? Saggio filosofico
1909 Relazione del viaggio di capitan Tempesta in paradiso Satira antireligiosa
1916 Lo straniero misterioso Racconto; pubblicato postumo
1924 Autobiografia Autobiografia; pubblicata postuma
1962 Lettere dalla terra Pubblicato postumo

 

Fonte: Encarta

 

 

 

Preoccuparsi per qualcosa è come pagare interessi su un debito che non sei nemmeno certo d’avere.

Mark Twain

 

La poesia del bianco e nero, l’impatto dei colori #4 – Andersen

Ecco oggi la foto ricolorata di uno scrittore che ha lasciato il segno, un autore capace di farci tornare bambini.

Hans Christian Andersen

hans_christian_andersen_8165-600x335

Fonte: Wired

Hans Christian Andersen (Odense 1805 – Copenaghen 1875) fu uno scrittore danese, uno dei massimi autori europei di letteratura per l’infanzia. Di famiglia umile, orfano a undici anni, a quattordici fuggì a Copenaghen, dove ebbe l’opportunità di studiare grazie all’aiuto di Jonas Collin, direttore del Teatro reale. Fin dal 1822 cominciò a pubblicare volumi di prosa e poesia e a comporre opere teatrali, ma il successo gli arrise soltanto con il romanzo L’improvvisatore (1835). Compì lunghi viaggi in Europa, Asia e Africa e fu autore fecondo, anche di resoconti di viaggio, come Il bazar di un poeta (1842).

La sua fama si fonda però sugli oltre 150 racconti per l’infanzia, che appartengono ormai ai classici della letteratura mondiale. Ben lontano dall’imitare i suoi immediati predecessori nel genere del racconto, quali Charles Perrault, Antoine Galland ed E.T.A. Hoffmann, o i fratelli Grimm, Andersen seppe esprimere mirabilmente le emozioni più sottili e le idee più fini attraverso un uso equilibrato del linguaggio corrente e delle espressioni popolari, passando senza difficoltà dalla poesia all’ironia, dalla farsa alla tragedia, dal quotidiano al meraviglioso.

Lo scrittore Hans Christian Andersen, qui ritratto in una fotografia del 1863.

Lo scrittore Hans Christian Andersen, qui ritratto in una fotografia del 1863.

La sua opera appare innovativa non solo nello stile ma anche nei contenuti: Andersen usò infatti un linguaggio quotidiano ed espresse nelle fiabe pensieri e sentimenti fino ad allora ritenuti estranei alla comprensione di un bambino, attraverso le vicende di re e regine storici o leggendari, ma anche di animali, piante, creature magiche e persino di oggetti. Alcuni fra i suoi titoli più noti sono Il brutto anatroccolo, I vestiti nuovi dell’imperatore, La regina delle nevi, Scarpette rosse e La sirenetta. Le fiabe di Andersen sono state tradotte in tutte le lingue e hanno ispirato innumerevoli opere teatrali, balletti, film, nonché opere d’arte figurativa.

Una delle fiabe più note di Hans Christian Andersen è I vestiti nuovi dell'imperatore, pubblicata nel 1837. La scena qui illustrata è quella del sovrano che si presenta in pubblico convinto di indossare una veste speciale, mentre in realtà è nudo; l'unico che ha il coraggio di rivelare la verità è un bambino.

Una delle fiabe più note di Hans Christian Andersen è I vestiti nuovi dell’imperatore, pubblicata nel 1837. La scena qui illustrata è quella del sovrano che si presenta in pubblico convinto di indossare una veste speciale, mentre in realtà è nudo; l’unico che ha il coraggio di rivelare la verità è un bambino.

 

 

La celebre scultura in bronzo che si trova all'ingresso del porto di Copenaghen è il simbolo della città danese. Raffigura la protagonista di una delle più celebri fiabe di Hans Christian Andersen, La Sirenetta.

La celebre scultura in bronzo che si trova all’ingresso del porto di Copenaghen è il simbolo della città danese. Raffigura la protagonista di una delle più celebri fiabe di Hans Christian Andersen, La Sirenetta.

 

Fonte: Encarta

 

 

Approfondimenti

 

Ho scelto una fiaba di Andersen che ho amato molto da piccola e a cui si è ispirato il film d’animazione Disney Frozen: il regno di ghiaccio.

La regina delle nevi

Tanto, tanto tempo fa, c’erano un bambino chiamato Kai e una bambina chiamata Gerda. Vivevano porta a porta e si volevano molto bene.
Fra le due case c’era un giardino nel quale i due ragazzi giocavano tutta l’estate tra i fiori. Il fiore preferito di Gerda era la rosa e lei aveva perfino inventato una poesia dedicata a Kai:
«Le rose non perdono il profumo mai e amici per sempre saran Gerda e Kai.» Durante l’inverno, sedevano accanto alla stufa ad ascoltare le storie che la nonna di Kai narrava sulla perfida Regina delle Nevi:
«Vola nella grandine e ricopre i campi di neve. Paralizza i fiori con la brina e ghiaccia i fiumi. Il suo cuore è di ghiaccio e vorrebbe che anche quello degli altri fosse come il suo.»
Una sera, mentre la nonna parlava, il vento fischiava intorno alla casa e una finestra si spalancò. Una folata di grandine colpì Kai al viso e una scheggia di ghiaccio gli entrò in un occhio e gli arrivò fino al cuore.
Lì per lì Kai dette un grido di dolore. Ma pochi momenti dopo stava ridendo di nuovo. E Gerda non ci pensò più.
Il giorno dopo, Kai stava andando a giocare nella piazza del paese con gli altri ragazzi.
«Posso venire anch’io?» gli chiese Gerda. Ma Kai si rivoltò con uno scatto: «No davvero. Sei solo una ragazzina stupida.»
Gerda rimase molto ferita da queste parole. Ma come poteva sapere che la scheggia penetrata nel cuore di Kai glielo aveva reso di ghiaccio?
Uno dei giochi favoriti dai ragazzi era quello di legare gli slittini ai carri dei contadini e farsi così trascinare sulla neve. Ma quel giorno, sulla piazza, c’era una grossa slitta bianca, col conducente avvolto in una bianca pelliccia.
«Questo è meglio del carro dei contadini», pensò Kai e legò il suo slittino alla parte posteriore della slitta bianca.
La slitta si mosse, sempre più veloce finché Kai cominciò a spaventarsi.Voleva slegarla, ma non poteva sciogliere il nodo. Correvano sempre più lontano,oltre i confini del paese, volando nel vento.
«Aiuto! Aiuto!» gridava Kai, ma nessuno lo sentiva. Filarono via per ore, poi all’improvviso la slitta si fermò e il conducente si alzò in piedi. Era una donna alta e sottile vestita tutta di neve. Kai la riconobbe subito. Era la Regina delle Nevi! Mise Kai sulla slitta vicino a lei e lo avviluppò nel suo mantello. «Tu hai freddo», disse e lo baciò in fronte.
Il suo bacio era come il ghiaccio, ma lui non sentì più freddo.
La guardava e pensava che nessuna al mondo fosse più bella della Regina delle Nevi.
Infatti era stata proprio lei a mandare il vento che aveva fatto entrare il ghiacciolo nel cuore di Kai, che ora era un blocco di ghiaccio. Kai aveva già dimenticato Gerda, la nonna e la sua casa.
Gerda pianse amaramente quando Kai non tornò a casa. Tutti dicevano che era sicuramente morto, sepolto chissà dove nella neve.
Gerda aspettò tutto l’inverno, ma Kai non tornò. Alla fine, arrivò la primavera e Gerda ricevette in dono un paio di scarpette rosse. Se le mise e andò fino al grande fiume.
«Avete visto il mio amico Kai?» chiese alle onde. «Vi darò le mie scarpette rosse se mi dite dov’è.»

oo

Le onde annuirono con le loro creste spumeggianti. Essa allora montò su una piccola barca attraccata fra le canne, e lanciò le scarpe nell’acqua, più lontano che poté.
In quel mentre, la barca si allontanò dalla riva e cominciò a correre lungo il fiume. Gerda aveva paura, ma non osava saltar giù.
«Forse la barca mi porterà da Kai», pensò.
La barca trascinò Gerda giù lungo il fiume, fino a una casetta dal tetto di paglia circondata da un giardino di ciliegi.
Una strana vecchia signora, con un gran cappello in testa, uscì dalla casetta e con il suo lungo bastone ricurvo agganciò la barchetta e la tirò in secco.
«Povera bambina», disse a Gerda.
«Come mai stavi navigando tutta sola per il mondo?»
Gerda raccontò la sua storia alla vecchia signora e le chiese se per caso avesse visto Kai.
«Ancora non l’ho visto, cara, ma sono sicura che verrà molto presto.» La portò in casa e le offrì delle ciliege. E mentre Gerda mangiava, la vecchia signora le pettinava i capelli.
Ora, dovete sapere che in verità la vecchia signora era una maga, che si sentiva molto sola, e perciò desiderava tenere Gerda con sé. E con il suo pettine magico aveva cancellato tutti i suoi ricordi, perfino quello di Kai!
I giorni passavano e Gerda giocava nel giardino dei ciliegi.Ma, una mattina di sole, mentre girellava tra i fiori del giardino, vide un cespuglio pieno di boccioli di rose. Gerda baciò le rose con trasporto e si ricordò immediatamente di Kai.
«Sono rimasta qui troppo a lungo!» gridò e la sua voce disturbò una grossa cornacchia nera che gracchiò:
«Che succede ragazzina?»
«Devo trovare il mio amico Kai. L’hai forse visto?»
«Un ragazzo è passato di qui la settimana scorsa. Ha fatto innamorare di sé una principessa e ora è principe anche lui. Vivono in un bel palazzo non lontano da qui.»
«Oh, sarei proprio felice per Kai se fosse diventato un principe», rise Gerda. «Puoi mostrarmi la strada per raggiungerlo?»
E la cornacchia accompagnò Gerda fino al palazzo. Poi si appollaiò sulla sua spalla e insieme salirono su una lunga scala buia e arrivarono nella camera del principe.
Gerda guardò il principe addormentato e scoppiò in lacrime: «Ma non è Kai! Dovrò continuare a cercarlo e sono così stanca!»
Il suo pianto svegliò il giovane principe e la principessa che si stupirono moltissimo alla vista di una fanciulla in lacrime ai piedi del loro letto e con una cornacchia sulla spalla, per di più. Ma ascoltata la sua storia furono molto comprensivi.
«Ti darò il mio vestito più bello per rallegrarti» disse la principessa.
«E io ti darò il mio cocchio d’oro» disse il principe, «così potrai viaggiare più velocemente e trovare al più presto il tuo amico.»
Con la carrozza del principe, Gerda si avventurò in una cupa foresta, ma la vettura dorata riluceva troppo fra gli alberi e dei banditi la videro.
«È oro, oro!» gridavano, e al primo crocicchio la circondarono.
Tirarono giù Gerda dalla carrozza e la portarono nel loro covo. Sulla soglia c’era una bambina dagli occhi neri che era la figlia del capo dei banditi.
Quando si resero conto che Gerda non era una ricca principessa e che non c’era niente da rubarle, decisero di ucciderla.

«Oh no, non lo fate!» gridò la figlia del bandito. «Giocherà con me e io potrò indossare i suoi bei vestiti!»
Il capo dei banditi si accigliò. «Va bene, ma la terrò sotto chiave perché non scappi e non denunci il nostro nascondiglio.»
Quella sera Gerda raccontò alla sua nuova amica la storia di Kai. Mentre parlava, le colombe che stavano appollaiate sulle travi e una vecchia renna, sentirono tutto.
Dopo un po’ una delle colombe disse: «Cuu, cuu, noi abbiamo visto il piccolo Kai. Era sulla slitta della Regina delle Nevi e andava verso la Lapponia.»
«È vero», disse la renna. «Io ci sono nata in Lapponia, dove tutto scintilla di neve e di ghiaccio e la Regina ha il suo palazzo estivo.»
«Devo andarci subito!» esclamò Gerda. «Ora capisco perché Kai è stato così duro quel giorno. Il suo cuore era già di ghiaccio.»
I ladroni dormivano; la figlia del capo scivolò furtivamente vicino al padre che russava e gli rubò la chiave della porta.
«Porta Gerda in Lapponia» disse alla renna «E aiutala a ritrovare Kai.»
La renna era felicissima di tornare a casa sua e corse via per brughiere e paludi. Viaggiarono per diversi giorni e infine arrivarono nella gelida Lapponia.Faceva un freddo terribile e dappertutto c’era ghiaccio e neve.
«Guarda laggiù!» gridò Gerda. In lontananza, il palazzo estivo della Regina delle Nevi scintillava come una montagna di diamanti.
Intanto, nel Palazzo, la Regina aveva fatto di Kai il suo schiavo. Era una donna fredda e dispettosa e lo costringeva a lucidare continuamente i grandi pavimenti gelati.
Kai avrebbe pianto, se il suo cuore non fosse stato di ghiaccio. Poi un giorno la Regina delle Nevi dette a Kai dei ghiaccioli e gli disse:
«Se con questi riesci a formare la parola ETERNITÀ, può anche darsi che ti lasci libero.» Poi volò via. Kai venne lasciato solo con i ghiaccioli. Le sue mani erano livide dal gelo ma lui non sentiva freddo. Stava ancora tentando di formare la parola ETERNITÀ quando Gerda trovò la strada che conduceva al palazzo e alla grande sala ghiacciata.
«Kai» gridò. «Finalmente ti ho trovato!» E gli gettò le braccia al collo. Ma Kai rimase impassibile.
«Chi sei? Che ci fai qui? Vattene e non mi toccare.»
Gerda non gli diede retta. Malgrado gli sguardi ostili continuò a stringerlo a sé e pianse lacrime di gioia. E mentre piangeva, le sue lacrime calde caddero negli occhi di Kai… e sciolsero il ghiaccio del suo cuore.
Kai si ricordò subito di lei. «Gerda! Sei tu!» e finalmente rideva.
Si abbracciarono e si baciarono e danzarono di gioia. Anche i pezzettini di ghiaccio danzavano e composero da soli la parola ETERNITÀ sul pavimento.
«Ora sono libero!» gridò Kai. «La Regina delle Nevi non ha più potere su di me. Il mio cuore è di nuovo mio!»
Gerda guidò Kai dove la renna stava aspettando. Sulla sua groppa fecero il viaggio di ritorno e quando arrivarono a casa era di nuovo estate.
E le rose del giardino erano in piena fioritura.

Fonte: letturegiovani.it

La poesia del bianco e nero, l’impatto dei colori #3 – Einstein

Oggi diamo un tocco di colore al fisico più famoso di tutti i tempi.

Albert Einstein

albert_einstein_1056-600x335

Albert Einstein (Ulma 1879 – Princeton, New Jersey 1955) fu un fisico tedesco naturalizzato statunitense. Trascorse gli anni giovanili a Monaco, città nella quale la famiglia, di origine ebraica, possedeva una piccola azienda che produceva macchinari elettrici, e già da ragazzo mostrò una notevole predisposizione per la matematica.

Quando ripetuti dissesti finanziari costrinsero la famiglia a lasciare la Germania e a trasferirsi in Italia, a Milano, decise di interrompere gli studi. Trasferitosi in Svizzera, concluse le scuole superiori ad Arrau e si iscrisse al Politecnico di Zurigo, dove si laureò nel 1900. Lavorò quindi come supplente fino al 1902, anno in cui trovò un impiego presso l’Ufficio Brevetti di Berna.

LE PRIME PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE

Nel 1905 Einstein conseguì il dottorato con una dissertazione teorica sulle dimensioni delle molecole; pubblicò inoltre tre studi teorici di fondamentale importanza per lo sviluppo della fisica del XX secolo. Nel primo di essi, relativo al moto browniano, fece importanti previsioni, successivamente confermate per via sperimentale, sul moto di agitazione termica delle particelle distribuite casualmente in un fluido.

Il secondo studio, sull’interpretazione dell’effetto fotoelettrico, conteneva un’ipotesi rivoluzionaria sulla natura della luce; egli affermò che in determinate circostanze la radiazione elettromagnetica ha natura corpuscolare, ipotizzando che l’energia trasportata da ogni particella che costituiva il raggio luminoso, denominata fotone, fosse proporzionale alla frequenza della radiazione, secondo la formula E = hu, dove E rappresenta l’energia della radiazione, h è una costante universale nota come costante di Planck (vedi Max Planck), e u è la frequenza. L’affermazione, in base alla quale l’energia contenuta in un fascio luminoso è trasferita in unità individuali o “quanti”, fu confermata sperimentalmente dieci anni dopo da Robert Andrews Millikan.

 

LA TEORIA DELLA RELATIVITÀ RISTRETTA

Il terzo e più importante studio del 1905, dal titolo Elettrodinamica dei corpi in movimento, conteneva la prima esposizione completa della teoria della relatività ristretta, frutto di un lungo e attento studio della meccanica classica di Isaac Newton, delle modalità dell’interazione fra radiazione e materia, e delle caratteristiche dei fenomeni fisici osservati in sistemi in moto relativo l’uno rispetto all’altro.

La base della teoria della relatività ristretta, che comporta la crisi del concetto di contemporaneità, risiede su due postulati fondamentali: il principio della relatività, che afferma che le leggi fisiche hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziale, ossia in moto rettilineo uniforme l’uno rispetto all’altro, estendendo il precedente principio di relatività galileiano, e il principio di invarianza della velocità della luce, secondo cui la velocità di propagazione della radiazione elettromagnetica nel vuoto è una costante universale, che sostituisce il concetto newtoniano di tempo assoluto.

 

CRITICHE ALLA TEORIA DI EINSTEIN

La teoria della relatività ristretta non fu immediatamente accolta dalla comunità scientifica. Il punto d’attrito risiedeva nelle convinzioni epistemologiche di Einstein in merito alla natura delle teorie scientifiche e sul rapporto tra esperimento e teoria. Sebbene affermasse che l’unica fonte di conoscenza è l’esperienza, egli era anche convinto che le teorie scientifiche fossero libera creazione dell’uomo e che le premesse sulle quali esse sono fondate non potessero essere derivate in modo logico dalla sperimentazione. Una “buona” teoria, per Einstein, è una teoria nella quale è richiesto un numero minimo di postulati per ogni dimostrazione.

Il valore dell’attività scientifica di Einstein venne comunque riconosciuto e nel 1909 lo scienziato ricevette il primo incarico di docenza presso l’Università di Zurigo. Nel 1911 si trasferì all’Università tedesca di Praga e l’anno successivo tornò al Politecnico di Zurigo. Nel 1913 assunse la direzione del Kaiser Wilhelm Institut di Berlino.

 

LA TEORIA DELLA RELATIVITÀ GENERALE

A partire dal 1907, anno in cui fu pubblicata la memoria contenente la celebre equazione che afferma l’equivalenza fra massa ed energia, Einstein iniziò a lavorare a una teoria più generale, che potesse essere estesa ai sistemi non inerziali, cioè in moto accelerato l’uno rispetto all’altro.

Il primo passo fu l’enunciazione del principio di equivalenza, in base al quale il campo gravitazionale è equivalente a una accelerazione costante che si manifesti nel sistema di coordinate, e pertanto indistinguibile da essa, anche sul piano teorico. In altre parole, un gruppo di persone che si trovino su un ascensore in moto accelerato verso l’alto non possono, per principio, distinguere se la forza che avvertono è dovuta alla gravitazione o all’accelerazione costante dell’ascensore.

La teoria della relatività generale, presentata a partire dal novembre 1915, fu pubblicata nel 1916, nell’opera intitolata I fondamenti della relatività generale. In essa le interazioni dei corpi, che prima di allora erano state descritte in termini di forze gravitazionali, vengono spiegate come l’azione e la perturbazione esercitata dai corpi sulla geometria dello spazio-tempo, uno spazio quadridimensionale che oltre alle tre dimensioni dello spazio euclideo prevede una coordinata temporale.

Einstein, alla luce della sua teoria generale, fornì la spiegazione delle variazioni del moto orbitale dei pianeti, dando conto in modo soddisfacente del moto di precessione del perielio di Mercurio, fenomeno fino ad allora non pienamente compreso, e previde che i raggi luminosi emessi dalle stelle si incurvassero in prossimità di un corpo di massa elevata quale, ad esempio, il Sole. La conferma osservativa di quest’ultimo fenomeno, realizzata in occasione dell’eclissi solare del 1919, fu un evento di enorme rilevanza.

Per il resto della sua vita Einstein si dedicò alla ricerca di un’ulteriore generalizzazione della teoria in una teoria dei campi che fornisse una descrizione unitaria per i diversi tipi di interazioni che governano i fenomeni fisici, incluse le interazioni elettromagnetiche e le interazioni nucleari deboli e forti.

Tra il 1915 e il 1930 si stava sviluppando la teoria quantistica, che presentava come concetti fondamentali il dualismo onda-particella, postulato da Einstein fin dal 1905, nonché il principio di indeterminazione di Heisenberg, che fornisce un limite intrinseco alla precisione di un processo di misurazione. Einstein mosse diverse e significative critiche alla nuova teoria e partecipò attivamente al lungo e tuttora aperto dibattito sulla sua completezza. Commentando l’impostazione intrinsecamente probabilistica della meccanica quantistica, egli affermò che “Dio non gioca a dadi con il mondo”.

albert_einstein_4111-600x335

 

 

CITTADINO DEL MONDO

Dopo il 1919 Einstein divenne famoso a livello internazionale; ricevette riconoscimenti e premi, tra i quali il premio Nobel per la fisica, che gli fu assegnato nel 1921. Lo scienziato approfittò della fama acquisita per affermare le sue opinioni pacifiste in campo politico e sociale.

Durante la prima guerra mondiale fu tra i pochi accademici tedeschi a criticare pubblicamente il coinvolgimento della Germania nella guerra. Tale presa di posizione lo rese vittima di gravi attacchi da parte di gruppi di destra; persino le sue teorie scientifiche vennero messe in ridicolo, in particolare la teoria della relatività.

Con l’avvento al potere di Hitler, Einstein fu costretto a emigrare negli Stati Uniti, dove gli venne offerta una cattedra presso l’Institute for Advanced Study di Princeton, nel New Jersey. Di fronte alla minaccia rappresentata dal regime nazista egli rinunciò alle posizioni pacifiste e nel 1939 scrisse assieme a molti altri fisici una famosa lettera indirizzata al presidente Franklin D. Roosevelt, nella quale veniva sottolineata la possibilità di realizzare una bomba atomica. La lettera segnò l’inizio dei piani per la costruzione dell’arma nucleare.

Al termine della seconda guerra mondiale, Einstein si impegnò attivamente nella causa per il disarmo internazionale e più volte ribadì la necessità che gli intellettuali di ogni paese dovessero essere disposti a tutti i sacrifici necessari per preservare la libertà politica e per impiegare le conoscenze scientifiche a scopi pacifici.

Approfondimenti

 

Lettera di Einstein a Franklin D. Roosevelt

 

Einstein fu tra i fisici che collaborarono alla stesura di questa lettera al presidente Roosevelt, che così veniva informato della possibilità di una nuova arma molto potente e pericolosa: la bomba atomica. Nei primi giorni della seconda guerra mondiale questi fisici erano convinti che i tedeschi fossero già al lavoro sulla bomba atomica, sulla base dei risultati della ricerca francese e americana. La lettera di Einstein sicuramente contribuì a convincere il presidente Roosevelt che anche gli Stati Uniti dovevano presto sviluppare il loro programma atomico.

Albert Einstein
Old Grove Rd.
Nassau Point
Peconic, Long Island

2 agosto 1939

F.D. Roosevelt,
Presidente degli Stati Uniti,
Casa Bianca
Washington, D.C.

Signore,
i risultati di alcuni recenti lavori di E. Fermi e L. Szilard, a me pervenuti in forma di manoscritto, mi portano a ritenere che l’elemento uranio possa essere trasformato, nell’immediato futuro, in un’importante fonte di energia. Alcuni aspetti della situazione che si è creata inducono alla vigilanza e potrebbe essere necessario un pronto intervento da parte dell’amministrazione. Credo sia mio dovere portare alla sua attenzione i seguenti fatti e farle delle raccomandazioni. Durante gli ultimi quattro mesi – grazie al lavoro di Joliot in Francia e Fermi e Szilard in America – sembra sia stato possibile creare una reazione nucleare a catena in una grande massa di uranio, in cui si genererebbero un’enorme forza e grosse quantità di elementi simili al radio. Pare dunque che questo risultato sarà conseguito nell’immediato futuro.

Questo nuovo fenomeno potrebbe anche portare alla costruzione di bombe, ed è immaginabile – anche se non certo – che siano bombe estremamente potenti di un genere mai costruito. Un singolo ordigno di questo tipo, trasportato via mare e fatto esplodere in un porto, sarebbe in grado di distruggere l’intero porto e parte del territorio circostante. Tuttavia queste bombe sarebbero troppo pesanti per il trasporto aereo.

Gli Stati Uniti possiedono minerali di uranio in modeste quantità. Un certo quantitativo si trova in Canada e nella ex Cecoslovacchia, mentre le più importanti risorse sono nel Congo Belga.

In questa situazione lei potrebbe ritenere utile mantenere contatti stabili tra l’amministrazione e il gruppo di fisici che in America lavorano alla reazione a catena. Potrebbe incaricare a questo fine una persona di sua fiducia in veste non ufficiale i cui compiti sarebbero:

  1. essere vicino ai dipartimenti governativi e tenerli informati dei nuovi sviluppi, fornire suggerimenti per l’azione governativa, prestando particolare attenzione al problema di assicurare una fornitura di uranio agli Stati Uniti;
  2. dare impulso al lavoro sperimentale, ora portato avanti nei limiti del budget dei laboratori universitari, fornendo, nel caso, finanziamenti offerti da privati di sua conoscenza interessati a contribuire a questa causa, e cercando anche la collaborazione di laboratori industriali che abbiano le apparecchiature necessarie.

Sono a conoscenza che la Germania ha fermato la vendita di uranio delle miniere cecoslovacche, di cui ha oggi il controllo, e che forse la ragione di questa tempestiva decisione è la presenza del figlio del sottosegretario di stato, von Weizsäcker, al Kaiser-Wilhelm-Institut di Berlino, in cui vengono replicati alcuni degli esperimenti americani sull’uranio.

Sinceramente Suo
Albert Einstein

 

 

Fonti: Wired, Encarta, Libreria del Congresso

La poesia del bianco e nero, l’impatto dei colori #2 – Tesla

Eccomi con il secondo appuntamento di questa rubrica.

Ebbene, guardate di che foto ci occupiamo oggi.

nikola_tesla_2854-600x335

kk

Nella foto in bianco e nero gli occhi del soggetto sono già vividi, nella foto a colori si dimostrano pure intelligenti. Avrei voluto incontrare dal vivo questo inventore dalla personalità così particolare – leggete le curiosità in fondo all’articolo.

 

 

Nikola Tesla

Nikola Tesla (Smiljan 1856 – New York 1943)fu un inventore e ingegnere elettronico statunitense di origine croata, che diede contributi fondamentali allo sviluppo dell’industria elettrica.

Studiò al politecnico di Graz e all’Università di Praga, quindi lavorò come ingegnere elettronico presso varie industrie elettriche. Nel 1884 emigrò negli Stati Uniti, divenendo successivamente cittadino americano. Per un breve periodo lavorò alle dipendenze di Thomas Edison, ma in seguito preferì dedicarsi esclusivamente alla ricerca sperimentale e fondò a New York un laboratorio dotato di apparecchiature per ricerche elettrotecniche.

Nel 1888 progettò il primo sistema pratico per la produzione e la trasmissione della corrente alternata per centrali elettriche; i diritti relativi a questa invenzione furono però assegnati all’inventore statunitense George Westinghouse, che presentò il sistema alla World’s Columbian Exposition di Chicago, nel 1893. Circa due anni dopo i motori a corrente alternata furono installati presso le cascate del Niagara. Le numerose invenzioni di Tesla comprendono generatori ad alta frequenza (1890) e il rocchetto di Tesla (1891), un trasformatore con importanti applicazioni nel campo delle comunicazioni radio.

La rivendicazione contro Marconi

Nel 1943 una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti attribuì a Tesla la precedenza di alcuni brevetti rispetto a Marconi, tra cui la radio, ma comunque dopo il brevetto di Oliver Lodge che lo precedette. La sentenza della Corte Suprema statunitense comunque non è universalmente riconosciuta dai sostenitori di Marconi. Molto tempo prima (1911) l’High Court britannica nella persona di Mr. Justice Parker deliberò su un analogo procedimento la validità dei brevetti di Marconi. La sentenza della Corte Suprema statunitense è rimasta una sentenza discussa anche perché in quel periodo l’esercito statunitense era in causa con la società Marconi per l’utilizzo di brevetti sulla radio senza il pagamento dei brevetti, la sentenza ha permesso al governo di non pagarli. In realtà ciò non è vero del tutto visto che il governo Usa pagò la somma di 42.000 dollari alla società di Marconi per un brevetto di Oliver Lodge che la suddetta società aveva comprato da quest’ultimo.
In realtà nessuno prima di Tesla aveva effettuato esperimenti di trasmissioni radio come le intendiamo oggi, cioè con un circuito risonante.

Tesla iniziò a tenere le prime conferenze pubbliche sulla trasmissione di energia tramite onde radio nel 1891 e nel 1893 pubblicò il primo progetto per trasmettere segnali ed anche energia elettrica tramite onde radio. I progetti di Tesla si concentravano sulla trasmissione di onde elettromagnetiche continue (CW) per ottenere trasmissioni di segnali ed anche di energia, quelli di Marconi posteriormente, sulla trasmissione di segnali morse tramite onde smorzate (DW) e quindi producevano segnali con interferenze e difficili da sintonizzare. Sono progetti differenti che si suppone non possono essere opera di semplice copia.
Nel 1893, al S. Louis, Missouri, Tesla diede una pubblica dimostrazione della comunicazione radio senza fili. L’apparato che Tesla usò conteneva tutti gli elementi che erano incorporati nei sistemi radio prima della sviluppo della “valvola termoionica”.

 

Curiosità

  • Tesla non fu mai sposato. Era celibe e asessuale e sostenne che la sua castità era molto utile alle sue doti scientifiche. Eccetto per le cene formali, egli mangiava sempre da solo, e mai, in alcuna circostanza, avrebbe cenato di sua spontanea volontà con una donna. Al Waldorf-Astoria e al famoso ristorante Delmonico’s selezionava sempre particolari tavoli in disparte, che erano riservati a lui. Anche se veniva sempre descritto come una persona attraente quando interagiva con gli altri, Tesla spesso fingeva nel suo comportamento. Come tanti in questo momento storico, Tesla, scapolo a vita, divenne un acceso sostenitore di una versione, autoimposta con la riproduzione selettiva, dell’eugenetica.

  • Lo scienziato mise da parte il suo primo milione di dollari all’età di 40 anni, ma donò quasi tutti i suoi diritti d’autore sulle invenzioni future. Era particolarmente inetto nel gestire le sue finanze, completamente incurante della ricchezza materiale. Egli strappò addirittura un contratto con Westinghouse, che lo avrebbe reso il primo miliardario in dollari del mondo, in parte a causa delle implicazioni che questo avrebbe avuto sulla sua visione futura dell’energia libera, e in parte perché avrebbe escluso Westinghouse dagli affari, e Tesla non aveva alcuna intenzione di avere a che fare con i creditori.

  • Tesla, affetto da disturbo ossessivo-compulsivo, aveva numerose quanto inusuali abitudini ed idiosincrasie. Faceva le cose in tre, ed esigeva che la camera d’albergo dove alloggiava avesse un numero divisibile per tre. Si sa che egli era fisicamente contrario alla gioielleria, specialmente alle collane di perle e che era ossessionato dai piccioni: ordinava speciali semi per i volatili che nutriva nel Central Park, portandone alcuni nella sua stanza in hotel.

  • Tesla era molto severo circa l’igiene e la pulizia, in un periodo in cui un comportamento così estremo era visto come una stranezza. Era altamente meticoloso e organizzato, sovente lasciava note e appunti per gli altri, per evitare di dover riorganizzare i suoi lavori.

  • Tesla era un poliglotta. Accanto al serbo e al croato, conosceva perfettamente altre sette lingue: il ceco, l’inglese, il francese, il tedesco, l’ungherese, l’italiano e il latino.

  • Il 10 luglio, giorno in cui Tesla nacque, è stato proclamato dallo stato di New York Nikola Tesla Day.

  • Nikola Tesla è stato ritratto sulle banconote da 50.000 dinari (1963), da 500 dinari (1970), da 10 miliardi di dinari (1993), da 100 dinari (1994) e da 5 nuovi dinari (1994) dello scomparso stato della Jugoslavia.

  • Il 10 luglio del 2006, in onore del 150º compleanno dell’inventore, il più grande aeroscalo della Serbia, quello di Belgrado, venne ribattezzato Аеродром Београд “Никола Тесла” o Aerodrom Beograd “Nikola Tesla”.

  • Numerose opere di fantasia di genere avventuroso/fantascientifico (ma non solo) fanno riferimento al personaggio dello scienziato o ad ipotetiche o immaginarie sue invenzioni.

 

Fonti: Encarta, Wikipedia

Nuova rubrica. La poesia del bianco e nero, l’impatto dei colori #1 – Chaplin

Oggi inauguro una rubrica un po’ particolare. In precedenza ho pubblicato, in maniera un po’ confusa lo ammetto, una serie di immagini – dipinti o foto d’epoca – che trovavo particolarmente belli – qui. In questi giorni però ho scovato fotografie particolarmente interessanti su wired.it; esse, corredate da approfondimenti e curiosità, saranno oggetto di questa breve rubrica. Non trovate anche voi che scene e volti dal passato acquistino un senso di realtà differente, una volta ricolorati?

Charlie Chaplin

 

Tutti conosciamo Charlie Chaplin così, come Charlot:

Chaplin, Charlie (Circus, The)_01

 

Che ne pensate invece di questa fotografia?

charlie_chaplin_3664-600x335

Si tratta di uno scatto del 1916, oggi ricolorato; l’attore aveva 27 anni. Ma conosciamo meglio Charlie Chaplin.

Charlie Chaplin (Londra 1889 – Corsier-sur-Vevey, Svizzera 1977) è stato un attore, regista e produttore cinematografico britannico. Sir Charles Spencer Chaplin iniziò la sua carriera ancora bambino come attore di music-hall e di pantomime. Nel 1910 si recò in tournée negli Stati Uniti con una compagnia di comici, e decise di rimanervi. Fece la sua prima apparizione sullo schermo nel 1913 in un film del regista Mack Sennett. In Charlot si distingue (1914) introdusse il personaggio – oggi famoso in tutto il mondo – del ‘piccolo vagabondo’ dai pantaloni larghi e sformati, grosse scarpe, bombetta e bastone da passeggio: nel corso della sua carriera, Chaplin avrebbe interpretato questo ruolo ormai classico in più di settanta film. Nel 1919 collaborò alla fondazione della United Artists Corporation, con la quale continuò a lavorare sino al 1952.

Tra i film più importanti diretti, prodotti o interpretati da Chaplin ricordiamo Il vagabondo (1915), Il monello (1921), Il pellegrino (1923), La febbre dell’oro (1925), Il circo (1928), Luci della città (1931), Tempi moderni (1936), Il grande dittatore (1940), Monsieur Verdoux (1947), Luci della ribalta (1952) e Un re a New York (1957). Chaplin fu poi sceneggiatore, regista e interprete di La contessa di Hong Kong (1967), nonché compositore delle colonne sonore per la maggior parte dei suoi film.

La febbre dell'oro (1925) è uno dei più celebri film di Charlie Chaplin, che qui vediamo accanto a Georgia Hale nel ruolo di Charlot, l'eterno vagabondo, squattrinato anche nell'Alaska dei cercatori d'oro.

La febbre dell’oro (1925) è uno dei più celebri film di Charlie Chaplin, che qui vediamo accanto a Georgia Hale nel ruolo di Charlot, l’eterno vagabondo, squattrinato anche nell’Alaska dei cercatori d’oro.

L’attore inglese mise a punto uno stile di recitazione del tutto personale, derivato dai clown circensi e dai mimi, in cui combinava eleganza acrobatica, ricchezza gestuale, espressività facciale e un infallibile senso dei tempi comici. Simbolo universalmente riconosciuto di un’indistruttibile individualità capace di sopravvivere a ogni avversità e persecuzione, tale ruolo gli valse presso la critica l’etichetta di attore tragicomico. Chaplin reagì polemicamente all’avvento del sonoro nel cinema facendo rimanere muto il suo Charlot in Luci della città e Tempi moderni; in seguito abbandonò il personaggio che lo aveva reso famoso e si dedicò ad altre caratterizzazioni: Il grande dittatore, una sarcastica parodia del nazismo in cui vennero utilizzate tutte le risorse della registrazione sonora, segna il momento di questa transizione. Nella messinscena dei propri soggetti, Chaplin mescolava satira e pathos, rivelando una profonda partecipazione sentimentale per le vicende dei personaggi.

dd

Charlie Chaplin in una celeberrima scena di Il grande dittatore (1940), in cui il generale Hynkel – chiara parodia di Adolf Hitler – danza rapito con un mappamondo inseguendo i propri sogni di conquista. Pur adottando costantemente il registro parodico Chaplin, qui impegnato nella doppia veste di regista e interprete, realizzò un duro atto d’accusa delle dittature all’epoca emergenti in Europa, ribadendo con forza la propria vocazione pacifista.

Tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio dei Cinquanta, in piena epoca maccartista, Chaplin fu criticato per le sue idee politiche giudicate eccessivamente di sinistra: lasciati gli Stati Uniti nel 1952, si stabilì definitivamente in Svizzera. Nel 1972 tornò per un breve periodo in America per ricevere alcuni premi, tra i quali un Oscar per il suo contributo all’industria cinematografica.

Curiosità

 

  • Nell’intervista esclusiva del 1964 da Limelighters di Oriana Fallaci, Geraldine Chaplin rivelò che né lei né i suoi fratelli erano stati battezzati: suo padre, Charlie, era così profondamente ateo da non aver loro trasmesso neppure la “nozione” di Dio.
  • Chaplin, nel 1915, partecipò a un concorso come sosia di se stesso, all’insaputa della giuria, ma non vinse la competizione, arrivando solamente terzo.[16]
  • Tra il 1942 e il 1943 ebbe una breve relazione con Joan Barry. Nell’ottobre del 1943, la Barry ebbe una figlia, Carol Ann, presunta figlia di Chaplin. Dopo le analisi del sangue, la corte stabilì che la bambina non poteva essere sua figlia. La seconda moglie di Chaplin, Lita Grey, dichiarò invece che non c’erano dubbi riguardo alla paternità di Chaplin e che quest’ultimo aveva pagato i giudici per falsificare le analisi. Carol Ann ricevette un assegno di mantenimento mensile dall’attore fino al compimento dei 21 anni.
  • Charlie Chaplin fu un estimatore del famoso Benny Hill Show (sitcom comica inglese iniziata nel 1969) e invitò l’attore protagonista Benny Hill nella sua casa in Svizzera, dove gli fece vedere la grandissima quantità di filmati dei suoi notissimi sketch.
  • Il 6 novembre 2009 è stata diffusa la notizia che un collezionista dell’Essex, tale Morace Park, si sia aggiudicato a un’asta su eBay per la somma equivalente di 3,50 euro, un contenitore per pellicole al cui interno, del tutto inaspettatamente, è stata ritrovata una pellicola in nitrato di un cortometraggio inedito e finora sconosciuto interpretato da Charlie Chaplin, dal titolo Zepped e dalla durata di circa 7 minuti (fonte: quomedia.diesis.it). Si tratterebbe di un filmato a scopo propagandistico girato nel 1915, realizzato per sdrammatizzare nel pubblico il timore di un bombardamento tedesco sulla Gran Bretagna con l’uso di un dirigibile.
Fonti: Wired, Encarta, Wikipedia