Maus – Art Spiegelman

Buonasera!

Eccomi qui con la prima recensione di un fumetto. E che fumetto.

 

MAUS

Art Spiegelman

Einaudi

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Trama

La storia di una famiglia ebraica tra gli anni del dopoguerra e il presente, fra la Germania nazista e gli Stati Uniti. Un padre, scampato all’Olocausto, una madre che non c’è più da troppo tempo e un figlio che fa il cartoonist e cerca di trovare un ponte che lo leghi alla vicenda indicibile del padre e gli permetta di ristabilire un rapporto con il genitore anziano. Una storia familiare sullo sfondo della più immane tragedia del Novecento. Raccontato nella forma del fumetto dove gli ebrei sono topi e i nazisti gatti.

 

 

L’autore

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Spiegelman è stato uno dei fondatori della rivista di fumetti e grafica Raw, ed è tra gli artisti che hanno compilato e illustrato graficamente i lemmi del Futuro dizionario d’America (The Future Dictionary of America, pubblicato da McSweeney’s nel 2005). Ha pubblicato svariati lavori su riviste statunitensi come New York Times, Village Voice e The New Yorker. Di quest’ultimo tra il 1993 e il 2002 è stato anche art director e copertinista. In Italia le sue storie sono pubblicate dal settimanale Internazionale. Nel 1982 ha ricevuto il Premio Yellow Kid a Lucca comics. Attualmente insegna alla School of Visual Arts di New York.

 

 

Recensione

Maus è un fumetto particolare. Perché? Perché è quasi interamente autobiografico; i personaggi sono rappresentati sotto forma di animali diversi in base alla nazionalità; non c’è filtro riguardo agli orrori dell’Olocausto.
La narrazione si divide tra presente (Art, autore che intervista il padre Vladek sopravvissuto ad Auschwitz) e passato (la vita di Vladek durante la seconda guerra mondiale), e il passato in ulteriori due parti: la vita degli ebrei nei ghetti polacchi e poi nei campi di concentramento.
Le tavole sono in bianco e nero. L’abilità dell’autore sta nella grande capacità espressiva dei personaggi, nonostante essi abbiano sembianze animali (gli ebrei sono topi). Nulla è filtrato durante la rappresentazione, tutto è esattamente come doveva apparire agli occhi di Vladek: la desolazione dei ghetti e dei campi, i corpi nudi e scheletrici, le cataste di cadaveri.
Un fumetto che, quando si conclude, lascia una sensazione di incompletezza che fa desiderare di volerne ancora e ancora, come quando non si è ancora pronti a salutare un caro amico. Da leggere anche per chi non è lettore abituale di fumetti.

 

 

 

Valutazione:

5

 

 

Un giorno solo, tutta la vita

UN GIORNO SOLO, TUTTA LA VITA

Alyson Richman

Piemme

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Trama

Questa storia inizia a New York nel 2000, quando, alle nozze del nipote, Joseph Kohn scorge tra gli invitati una donna dall’aria familiare. Gli occhi azzurro ghiaccio, l’ombra di un tatuaggio sotto la manica. Il presentimento gli toglie il respiro. Le chiede di mostrargli il braccio; non importa se è scortese, lui deve sapere. La certezza è lì, sulla pelle: sei numeri blu, accanto a un piccolo neo che lui non ha mai dimenticato. E allora le dice: “Lenka, sono io. Joseph. Tuo marito”. Perché questa storia, in realtà, inizia a Praga nel 1939. Lenka e Joseph sono due studenti ebrei, si conoscono poco prima dello scoppio della guerra, si innamorano, diventano marito e moglie per lo spazio di una notte. Il giorno dopo, al momento di fuggire negli Stati Uniti Lenka decide di restare, perché non ci sono biglietti a sufficienza per la sua famiglia. Si separano con la promessa di ricongiungersi al più presto, ma Lenka finisce in un campo di concentramento. In mezzo all’orrore, fa ciò di cui è capace, dipingere, unico modo per dare colore a ciò che è privato di luce, per dare forma a ciò che non si può descrivere. Mentre Joseph, in America, si specializza in ostetricia: solo aiutare a dare la vita gli consente di non farsi trascinare a fondo dalle voci di chi non c’è più. Quando ormai si crederanno perduti per sempre, ci sarà un nuovo inizio per entrambi.

L’autrice

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Americana, vive a Long Island, New York. I suoi romanzi, tradotti in più di dieci lingue, hanno ottenuto un vasto consenso di critica e di pubblico, tanto negli USA quanto all’estero, e sono stati selezionati e consigliati dai librai indipendenti. Un giorno solo, tutta la vita è diventato un bestseller in poche settimane. Ispirato alle storie vere di vittime e superstiti dell’Olocausto, è un inno alla resistenza dell’animo umano, alla forza dei ricordi, all’intensità di un incancellabile primo amore.

La mia opinione

Parto dal presupposto che si tratta davvero di un bel libro, commuovente e interessante.

La parte iniziale descrive la vita di Lenka da bambina a ragazza in maniera molto veloce e discorsiva, quasi come un riassunto sebbene molto elegante e pittoresco. Man mano che si procede le tematiche diventano sempre più profonde, dal rapporto tra genitori e figli a quello con i morti. Interessantissima la descrizione della vita dentro Terezin, di cui non avevo sentito molto parlare. Lo stile ha parecchi sbalzi di qualità: in alcune scene è ricercato, in altre è appena accettabile, al punto che sembra frutto di due scrittori diversi. Il finale risulta un po’ frettoloso ma lascia un senso di commozione e speranza. Un plauso va all’autrice per l’abilità nel descrivere l’ambientazione storica e la volontà di inserire nel periodo narrato a Terezin delle persone realmente esistite. Da non perdere.

Valutazione:

4

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