L’età dell’innocenza – Edith Wharton

 

 

Eccomi con una nuova recensione.

L’ETÀ DELL’INNOCENZA

Edith Wharton

 

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Trama

Nel ricco mondo dell’alta società newyorkese di fine Ottocento un uomo e una donna si incontrano, si amano, si consumano di passione, si lasciano. E’ la storia di un amore distrutto dalle regole di una società ipocrita, dalle sue rigide convenzioni e dai pettegolezzi spietati. E’ la storia di una donna che per amore sarebbe andata contro tutto e tutti, e di un uomo che a quel mondo falso e pettegolo non ha saputo sottrarsi.

L’autrice

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Edith Wharton (New York 1862 – Saint-Brice-sous-Forêt, Val d’Oise 1937), scrittrice statunitense. Nel 1885, Edith Newbold Jones sposò il banchiere Edward Wharton, dal quale divorziò nel 1913. Nel 1902 pubblicò un romanzo storico, La valle della decisione, ma la sua fama letteraria si deve alla Casa della gioia (1905), popolata, come gran parte della sua narrativa successiva, da figure attinte al chiuso e rigido mondo sociale cui la scrittrice stessa apparteneva. Nel 1907 si stabilì definitivamente in Francia; nel 1911 diede alle stampe il romanzo breve Ethan Frome, tragica vicenda d’amore fra gente semplice ambientata in un gelido New England. Seguì una serie di altri romanzi, resoconti di viaggio, racconti (fra cui alcune memorabili ghost stories) e poesie. I romanzi comprendono L’usanza del paese (1913) e L’età dell’innocenza (1920), da cui nel 1993 il regista Martin Scorsese trasse un film di successo, che ridestò l’interesse per la scrittrice.

Edith Wharton ritrasse la società vittoriana con distacco ironico. Come il suo amico romanziere Henry James, che esercitò una profonda influenza sulla sua opera, l’interesse della scrittrice fu rivolto soprattutto al sottile intreccio delle emozioni in una società che censurava la libera espressione delle passioni. L’intensità tragica dei suoi racconti derivava dall’aver colto le contraddizioni di questo ambiente artificioso.

La mia opinione

L’età dell’innocenza è uno di quei libri che, da bravo classico, presenta uno stile elegante e discorsivo, tipico degli autori dell’epoca. Le descrizioni della vita newyorkese di quel periodo sono condite di pungente ironia e di acute osservazioni sui sentimenti umani. Tuttavia devo dire che la storia è un po’ piatta e non mi è piaciuta particolarmente. Dopo la lettura ho visto il film e, ancor più del libro, l’ho trovato di una noia quasi mortale. Peccato.

Valutazione:

2

La signora delle camelie – Alexandre Dumas

Appena terminata la lettura de La signora delle camelie.

 

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Alexandre Dumas (figlio)

 

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Alexandre Dumas (figlio) (Parigi 1824 – Marly-le-Roi 1895), scrittore francese, figlio naturale del celebre Alexandre Dumas (vedi approfondimento in fondo all’articolo) autore dei Tre moschettieri e del Conte di Montecristo, fu romanziere e drammaturgo al pari del padre. La sua prima opera letteraria fu un volume di poesie, Péchés de jeunesse (Peccati di gioventù, 1847). L’anno seguente fu pubblicato il romanzo La signora delle camelie, la cui messa in scena con il titolo Camille (1852) decretò il successo di Dumas come autore di teatro. La protagonista della commedia, una cortigiana che sacrifica la propria felicità per il bene dell’amante, fu interpretata da attrici famose come Sarah Bernhardt e, nella versione cinematografica Margherita Gautier (1936) di George Cukor, da Greta Garbo. La vicenda venne ripresa da Giuseppe Verdi nella Traviata nel 1853 (vedi approfondimento in fondo all’articolo).

Dumas continuò a scrivere romanzi, ma ebbe molto più successo come drammaturgo. Fu uno dei primi autori di ‘drammi a tesi’, opere in cui viene rappresentata in tutti i suoi possibili sviluppi drammatici una vicenda, sempre di ambientazione borghese, incentrata su problematiche morali o sociali di comune interesse (come, ad esempio, l’infedeltà coniugale o la prostituzione): in questo ricorrente impianto rappresentativo si evidenzia l’importanza didascalica ed educativa che l’autore conferisce alla funzione del drammaturgo. Nel 1874 venne eletto membro dell’Académie Française (vedi approfondimento in fondo all’articolo). Per il teatro scrisse anche Le demi-monde (1855), La question d’argent (1857) e Le père prodigue (1859).

Trama

Scritto nel 1848, quando l’autore non aveva che ventiquattro anni, il romanzo La signora delle camelie creò subito un mito, entrato nell’immaginario di intere generazioni e diventato protagonista delle scene, sia del teatro di prosa che del teatro d’opera, nonché degli schermi del cinema. Lo stesso Dumas ne realizzò una versione teatrale, affidandola a Sarah Bernhardt. Pochi anni dopo, Giuseppe Verdi saprà farne una trasposizione sublime, in musica, con La Traviata. Margherita Gautier, alias Violetta, è diventata così una figura a sé stante: un mito appunto, con il quale si sono confrontate dive come Eleonora Duse, Greta Garbo, Maria Callas.

La mia opinione

In questo libro troviamo la tecnica del racconto nel racconto, il che mi ricorda Cuore di tenebra di Conrad – che ho recensito qui. Lo stile di Dumas è semplice, scorrevole alla lettura e si eleva perlopiù quando l’autore ha da esprimere i sentimenti dei protagonisti. Ad ogni modo il romanzo ha il sapore del tempo passato, in esso ritroviamo i temi ricorrenti in quasi tutti gli autori dell’epoca: le rigide regole imposte dall’etichetta; la suddivisione in classi in base al patrimonio e alla rendita e la conseguente impossibilità di unione tra giovani di diverso rango; la necessità sociale di mantenere una parvenza d’onore per il proprio nome e la propria famiglia. Nel libro però troviamo anche la storia di un amore rapido quanto impetuoso, incontrollabile, che, seppur ostacolato dalla ragione, continua a crescere e alimentare l’animo dei protagonisti. Un libro che, come altri simili – vedi quelli della Austen, all’epoca dell’autore fece scalpore. Una piccola perla antica che porta impressa la fotografia dell’epoca, capace di sorprendere e commuovere.

Valutazione:

4

Approfondimenti

 

Alexandre Dumas (padre)

 

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Alexandre Dumas (padre) (Villers-Cotterets, Aisne 1802 – Puys, Dieppe 1870), fu un romanziere e drammaturgo francese, famoso soprattutto per i romanzi storici, tra i quali la trilogia I tre moschettieri (1844), Vent’anni dopo (1845), Il visconte di Bragelonne (1848-1850), e La maschera di ferro (1850), che evocano l’epoca di Luigi XIII; Il conte di Montecristo (1844-45), oggetto di innumerevoli traduzioni e adattamenti teatrali e La regina Margot (1845), ambientato durante le guerre di religione.

Figlio di un generale, aveva scarsa istruzione ma, impiegatosi presso il duca d’Orléans a Parigi, lesse accanitamente, in particolare romanzi d’avventura del XVI e XVII secolo. Dopo aver assistito a vari spettacoli di una compagnia di attori shakespeariani, cominciò a scrivere per il teatro. La notorietà giunse con Enrico III e la sua corte; il dramma, messo in scena dalla Comédie-Française nel 1829, annunciava la rivoluzione romantica che l’anno dopo avrebbe fatto irruzione sui palcoscenici francesi con l’Ernani di Victor Hugo. Seguirono Christine de Fontainebleau (1830), Antonio (1831), La torre di Nesle (1832), Catherine Howard (1834) e L’alchimista (1839).

La sua attività di narratore, inaugurata nel 1838 da Le capitaine Paul, fu straordinariamente prolifica, e benché molti romanzi pubblicati a suo nome siano frutto di una collaborazione o scritti da altri su idee sue, quasi tutti portano l’impronta del suo genio e della sua inventiva. In Belgio, dove si rifugiò per sfuggire ai creditori, Dumas scrisse ventidue volumi di memorie (pubblicati tra il 1852 e il il 1854), che offrono un vivido ritratto del suo tempo. Difensore dell’indipendenza italiana, seguì Garibaldi nella spedizione dei Mille. Dopo questa esperienza, che confluì nelle Memorie di Garibaldi (pubblicate nel 1861), si lanciò in operazioni finanziarie che si rivelarono tutte fallimentari. Tornò allora a Parigi, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita facendosi mantenere dal figlio Alexandre.

La Traviata

 

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Un momento di La traviata di Giuseppe Verdi, nell’allestimento svoltosi al Teatro alla Scala di Milano nella stagione 1989-90 per la regia di Liliana Cavani, le scene di Dante Ferretti, i costumi di Gabriella Pescucci e la direzione musicale di Riccardo Muti. Con quest’opera, composta nel 1853 su libretto di Francesco Maria Piave, Verdi completò la cosiddetta “Trilogia popolare”, formata anche da Rigoletto e Il trovatore.

 

Il Teatro alla Scala di Milano è uno dei più famosi teatri d’opera del mondo. Fin dal 1778, anno della sua fondazione, la Scala ha ospitato molte prime di opere composte dai più famosi musicisti e dirette da grandi maestri. Ogni anno la Scala accoglie migliaia di spettatori appassionati. Nel testo seguente viene proposta la trama di La traviata (1853) di Giuseppe Verdi.

Atto primo

Salotto in casa di Violetta Valéry, affascinante e corteggiata mondana del ricco milieu parigino. È in corso un fastoso ricevimento. Fra gli ultimi ospiti, arrivati in ritardo perché intrattenutisi a giocare in casa di Flora Bervoix, il visconte Gastone di Letorières presenta a Violetta Alfredo Germont, suo fervido ammiratore: tanto innamorato – le confida Gastone – che quando recentemente fu ammalata egli venne ogni giorno a informarsi segretamente della sua salute. Violetta, commossa per questa insolita devozione, scioglie amabilmente la timidezza del giovane che, sollecitato dagli amici, improvvisa poi un brindisi alla bellezza e alla gioia di vivere.

Finita la cena, mentre gli ospiti si avviano alle danze nelle sale attigue, Violetta è colta da un improvviso malore. Alfredo, rimasto solo con lei, la esorta affettuosamente ad aver più cura di sé, assicurandola che lui saprebbe come custodire gelosamente la sua vita e dichiarandole teneramente il suo amore.

Violetta, sorpresa, finge disinvoltura, rispondendogli che da lei potrà ottenere soltanto simpatia e amicizia. In realtà è rimasta turbata da quella confessione: togliendosi un fiore dal seno, lo offre ad Alfredo perché lo riporti quando sarà appassito. Il giovane, esultante, comprende che è un complice invito a ritornare l’indomani.

S’è fatta l’alba e gli ospiti, reduci dalle danze, si congedano.

Nella solitudine, Violetta ripensa intensamente alle parole d’Alfredo: qualcuno, per la prima volta, le esprime un affetto sincero; dovrà ascoltarlo, lei, abituata a trascorrere fra le gioie effimere e i piaceri mondani? dovrà mutar vita? No: risolve di non assecondare questa folle illusione. Ma, nel fondo dell’anima, sente che è nato il vero amore.

Atto secondo

Quadro primo – Casa di campagna presso Parigi

Violetta e Alfredo vivono in intimità il loro idillio, lontani dalle frequentazioni e dalla mondanità della capitale. Alfredo esprime la pienezza della sua gioia per questa felice situazione che dura ormai da tre mesi: un sentimento improvvisamente offuscato dalla notizia – che gli riferisce Annina, la cameriera – di essere andata a Parigi, per ordine di Violetta, a vendere cocchi, cavalli ed altre proprietà per fronteggiare le spese del loro soggiorno in villa. Alfredo, ferito nell’orgoglio, decide di partire immediatamente per regolare la faccenda, imponendo ad Annina il silenzio.

Entra Violetta leggendo una lettera dell’amica Flora Bervoix che, scoperto il ritiro dei due amanti, la invita a una festa per quella sera. Sarà un’inutile attesa, sorride Violetta. Si annuncia intanto una visita. È Giorgio Germont, il padre di Alfredo, che si presenta a Violetta con atteggiamento sprezzante, convinto che la donna viva alle spalle del figlio. Con fierezza, Violetta mostra a Germont l’atto di vendita dei propri beni. Germont resta favorevolmente impressionato da questo gesto, tuttavia le chiede di rinunciare ad Alfredo per non rovinare la felicità di un’altra sua figlia, il cui matrimonio con un giovane di “buona famiglia” minaccia di naufragare se non sarà troncata la scandalosa relazione del fratello.

Violetta rivendica i diritti del suo amore, racconta della sua salute gravemente compromessa, resiste con disperazione alle incalzanti richieste di Germont, ma alla fine si arrende e accetta rassegnata di sacrificare la propria felicità per il bene di Alfredo e dei suoi cari. A Germont, profondamente commosso, promette di affrontare da sola l’immenso dolore ma di non rivelare mai ad Alfredo le ragioni dell’improvviso distacco.

Si appresta quindi a scrivere ad Alfredo la lettera d’addio quando questi la sorprende e le chiede il motivo della strana inquietudine. Violetta gli risponde con uno straziante slancio d’amore e si allontana in fretta.

Gli fa recapitare poi un biglietto in cui afferma, mentendo, di voler tornare all’antica vita brillante e alle antiche amicizie: il giovane è sconvolto; sopraggiunge Germont ma a nulla valgono le affettuose parole di consolazione del padre che gli ricorda i giorni sereni trascorsi nella natia Provenza, dove lo invita a ritrovare i cari affetti domestici.

Scorgendo sul tavolo il biglietto di Flora, Alfredo esce precipitosamente per recarsi alla festa e vendicarsi dell’affronto.

Quadro secondo – Salone in casa di Flora Bervoix

È in corso una grande festa in maschera. Violetta vi partecipa al braccio del barone Douphol, suo vecchio protettore. Non sospetta di trovarvi Alfredo e si turba nel vederlo, ma il giovane finge indifferenza e si scatena al tavolo da gioco dove lo assiste una sfacciata fortuna, mentre con vaghe allusioni provoca il risentimento di Douphol. L’invito alla cena scongiura un alterco e tutti si dirigono verso la sala da pranzo. Subito dopo rientra Alfredo, invitato a un colloquio da Violetta. Lo scongiura di andarsene, di non sfidare l’ira del barone, gli confessa anche – se volesse capire – che teme soprattutto per la sua vita, ma Alfredo replica che se ne andrà soltanto se lei vorrà seguirlo. Violetta è costretta a rivelargli che ha giurato di non rivederlo mai più e, poiché Alfredo insiste per sapere chi avesse avuto il diritto di imporle tale giuramento, Violetta lascia intendere che era stato il barone. Fuori di sé per la gelosia e la disperazione, Alfredo chiama a raccolta i convitati e, confessando la sua vergogna per avere acconsentito che una donna disperdesse la fortuna per lui, getta ai piedi di Violetta una borsa di denaro, proclamando di averla così ripagata. Violetta cade svenuta mentre l’indignazione generale accoglie il gesto di Alfredo. Germont, sopraggiunto, rimprovera il figlio, già umiliato e pentito, e lo trascina via, seguito da Douphol che chiede soddisfazione per l’insulto all’amica.

Atto terzo

Camera da letto di Violetta

Violetta è malata, ormai senza speranza, vegliata dalla fedele Annina. È un’alba livida d’inverno. Giunge il dottore, l’amico Grenvil, che cerca di infonderle coraggio e speranza, ma confessa ad Annina che la fine è imminente.

Violetta rilegge per l’ennesima volta l’affettuosa lettera che il vecchio Germont le ha inviato e in cui la ringrazia per aver mantenuto la promessa, la informa che nel duello il barone è stato ferito e le annuncia il prossimo arrivo di Alfredo, cui ha rivelato finalmente la verità, per chiederle perdono. Mentre giunge dalla strada l’eco del carnevale, Violetta fissa mesta la sua pallida immagine nello specchio e si strugge al ricordo dei giorni felici. Ma ecco Annina che entra per prepararla a una grande emozione: subito dopo la segue Alfredo, che si precipita fra le braccia di Violetta e sogna ancora, con lei, un radioso avvenire.

Violetta, al colmo della gioia, vorrebbe vestirsi e uscire per la città in festa ma le vengono meno le forze. Capisce che le resta ancora poco da vivere e, mentre accorre Germont per stringerla al cuore come una figlia, essa dona ad Alfredo un ritratto degli anni sereni, pregandolo di conservarlo in memoria di chi l’ha tanto amato e di offrirlo poi alla giovane che diverrà sua sposa: sono presenti anche Annina e il Dottore. Improvvisamente si sente invasa da una forza misteriosa, si alza in un estremo anelito di vita e ricade esanime tra le braccia di Alfredo.

Académie Française

 

AcademieFrancaiseeverseradio.com

Istituzione culturale fondata nel 1795 durante la Rivoluzione francese. Destinato alla riorganizzazione delle accademie, l’Institut de France originariamente comprendeva tre classi che si occupavano rispettivamente di fisica e matematica, di scienze morali e politiche, e di letteratura e belle arti. Oggi è suddiviso in cinque accademie, ciascuna delle quali promuove uno o più settori dell’arte, della letteratura, della filosofia o della scienza.

Le cinque accademie svolgono un’attività autonoma e si riuniscono una sola volta l’anno, il 25 ottobre. Dal 1805 le riunioni hanno sede nel Palais de l’Institut a Parigi. L’istituto possiede un notevole patrimonio immobiliare e artistico per effetto di donazioni e lasciti di benefattori; ciò gli consente di conferire ogni anno premi a personalità che hanno conseguito risultati di rilievo nei settori di competenza delle cinque accademie.

ACADÉMIE FRANÇAISE

Voluta nel 1635 dal cardinale Richelieu allo scopo di stabilire un modello di lingua francese, l’Accademia di Francia pubblicò nel 1694 la prima edizione del suo autorevole Dizionario, rivisto più volte anche con l’aggiunta di nuovi volumi. Nel 1980 la scrittrice Marguerite Yourcenar fu la prima donna eletta a far parte dell’Accademia, composta da 40 membri, detti immortels.

ACADÉMIE DES INSCRIPTIONS ET BELLES-LETTRES

Fu creata nel 1663 allo scopo di portare avanti gli studi storici su iscrizioni e documenti antichi, sulla numismatica e sulle lingue antiche e moderne. Questa sezione è composta da 40 membri.

ACADÉMIE DES SCIENCES

Fondata nel 1666, promuove ricerche nell’ambito delle scienze matematiche, come geometria e astronomia, e delle scienze fisiche, comprese chimica, botanica e medicina. I membri sono 130.

ACADÉMIE DES BEAUX-ARTS

Fu istituita nel 1648, per incoraggiare le belle arti e gli studi di estetica, comprende 50 membri.

ACADÉMIE DES SCIENCES MORALES ET POLITIQUES

Unica sezione fondata contemporaneamente all’Institut de France nel 1795, si articola in cinque dipartimenti: storia e geografia, legislazione e giurisprudenza, etica, filosofia ed economia politica. È composta da 50 membri.

Orgoglio e pregiudizio – Jane Austen

Lui rimase seduto per alcuni istanti e poi, dopo essersi alzato, si mise a camminare per la stanza. Elizabeth era meravigliata, ma non disse una parola. Dopo un silenzio durato diversi minuti, le si avvicinò con fare agitato e cominciò a dire: «Ho lottato invano. Non ci riesco, non reprimerò i miei sentimenti. Dovete consentirmi di dirvi con quale ardore io vi ami e vi ammiri.»

ORGOGLIO E PREGIUDIZIO

Jane Austen

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Trama

Elizabeth Bennet è carina, brillante, una perfetta ragazza da marito. Ma, a differenza delle sorelle e in barba ai consigli della madre, non smania per darsi in sposa al primo pretendente. Ha un sogno: vuole innamorarsi e una vera eresia per i suoi tempi – sposare l’uomo che ama. Non sembra cosa facile, ma quando si presenta alla porta di casa Bennet un nuovo interessante vicino, il giovane Mr Darcy, il più appare fatto. Lui è bello, intelligente, pieno di fascino, eppure le cose tra i due non riescono a ingranare e tra fraintendimenti, pettegolezzi, reciproche incomprensioni sembra proprio che Lizzy e Darcy non vogliano rassegnarsi ad ammettere quello che i loro cuori hanno già perfettamente capito.

Recensione

Qualcuno di voi potrebbe pensare che sia una noia ripescare romanzi vecchi di secoli per leggerli oggi. Eppure non sono d’accordo. Nel mondo attuale, intasato di scrittori più o meno tali che pubblicano ogni sorta di scritto pur – ahimè – di discutibile qualità, il valore e la maestria degli scrittori di un tempo risalta ancora di più. In questo caso parliamo di Jane Austen e del suo romanzo più famoso: “Orgoglio e pregiudizio” – titolo originale “Pride and prejudice” – pubblicato nel 1813, in realtà rifacimento dell’opera giovanile “First impressions”.

Il mio voto la dice lunga sull’opinione che mi sono fatta su questo romanzo e, più in generale, sulla sua autrice. Ritengo che se un’opera sia stata capace di attraversare indenne e ancora splendente i confini del tempo e dello spazio, un valore deve averlo davvero. Ma parliamo della trama.

Elizabeth è la secondogenita di una buona famiglia, i Bennet. È una ragazza intelligente e sicura delle sue idee, non si lascia influenzare completamente da ciò che la società dell’epoca impone per una giovane donna come invece accade per le sue sorelle minori. Jane, sua sorella maggiore, dal cuore candido e altruista, è molto legata a lei ed è la sua confidente. La vita di Elizabeth si svolge tra passeggiate in campagna, visite dei vicini – durante le quali sopporta con imbarazzo i discorsi egoistici e superficiali di sua madre – ed eleganti balli. Proprio ad uno di questi balli conosce due gentiluomini da poco giunti nella cittadina di campagna dove vive: il signor Bingley e il signor Darcy. Il primo affabile e cortese, riscuote subito la simpatia dell’intera comunità; il secondo, orgoglioso e riservato, attira a sé le antipatie delle signore. Da quel momento in avanti Elizabeth e Jane hanno spesso a che fare con loro e le loro amiche, dame sciocche e superficiali pronte a pugnalarle alle spalle. Elizabeth – decisa contro ogni logica del tempo a non fare un matrimonio per convenienza ma per amore – scoprirà che nulla è come appare e ogni cosa può celare in realtà sentimenti ben diversi. “Orgoglio e pregiudizio”, titolo assolutamente perfetto per un’avventura romantica ed elegante, dal sapore autentico e d’altri tempi.

La parte iniziale della narrazione appare un po’ lenta e funge da introduzione ai personaggi e allo stile di vita. Jane Austen descrive con pungente vivacità i modi di pensare dell’epoca e i comportamenti della società “bene”, con i pregiudizi radicati e le distinzioni di ceto. Il romanzo prende vita dopo i primi venti capitoli e da quel momento in avanti cattura il lettore in un’atmosfera curiosa ed affascinante per noi che apparteniamo ad un secolo così diverso da quello in cui si svolgono le vicende. Pesanti risultano a volte i dialoghi sulle virtù e i difetti dell’animo umano, dei quali l’autrice riesce a disquisire sapientemente. Tuttavia ogni difetto è compensato dall’intreccio della trama e dalla descrizione dei personaggi, dai sentimenti profondi che con abilità la scrittrice riesce a trasmettere senza parole mielose e superflue. A mio avviso una grande opera. Una lettura consigliata oggi più che mai.

Valutazione:

5