Pillole di arte martinese #5 – I palazzi

Quinto appuntamento con la rubrica Pillole di arte martinese. Oggi proseguiamo con l’argomento Palazzi, che ho introdotto qui.

Dopo l’analisi del Palazzo Ducale – potete rileggerla qui – parliamo in generale dei numerosi altri palazzi del centro storico degni di nota.

I termini sottolineati sono spiegati nel glossario a fine articolo.

Palazzo dell’Università

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Il Palazzo dell’Università, sito in Piazza Plebiscito, fu costruito tra il 1759 e il 1761. Presenta una facciata semplice con campiture scandite da sottili lesene. Eleganti cornici ingentiliscono le finestre. Sulla cimasa della finestra che sovrasta il portale compare, scolpito in pietra, il cavallo senza briglie, simbolo della città angioina. La contigua Torre Civica impreziosisce la facciata. Il Palazzo dell’Università fu nei primi tempi sede del parlamento locale – donde presero il nome i militanti nella fazione degli universalisti, opposta a quella degli zelanti – e del municipio fino al 1910. Ora ospita la Società Artigiana.

Palazzo Stabile

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Sito in via Masaniello, si tratta di un palazzo caratteristico e scenografico, che sfoggia un singolare verticalismo della facciata. Scandito in tre piani, presenta un mirabile portale affiancato da due finestre incorniciate e caratteristiche balconate affinate da capitelli decorati ad archetti. Palazzo Stabile fu anticamente sede del Partito Fascista.

Palazzo Martucci

Palazzo Martucci è situato di fronte al pregevole Palazzo Ducale, in Piazza Roma. Presenta una semplice facciata longitudinale ingentilita da lesene e da fiaccoloni e resa ancor più mirabile dal portale. Esso infatti è un doppio portale, sovrastato da una loggia finemente incorniciata, termina in alto con una cimasa forata nel cui vano doveva essere collocato lo stemma di famiglia.

 

 

Palazzo Guerra

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Pregevole edificio scandito in due piano, Palazzo Guerra presenta nella parte inferiore un mirabile portale impreziosito da un arco e affiancato da colonne, su cui sporge una balconata sorretta da capitelli. L’elegante piano superiore, simile a quello inferiore, ingentilisce l’intera struttura dell’edificio che presenta una particolare colorazione rossa.

 

 

Palazzo Fanelli

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Attualmente denominato Torricella, Palazzo Fanelli fu costruito nel 1748 su commissione di Ambrogio Fanelli. Le particolarità del palazzo sono la loggia in ferro battuto che sovrasta il portale e le sei finestre differentemente decorate.

Palazzo Marinosci

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Edificato nel 1749, Palazzo Marinosci presenta due balconi con colonnine spanciate, erme e putti che reggono un cartiglio. Si tratta di uno dei palazzi di Martina Franca che conserva, al proprio interno, un vasto giardino. Il palazzo fu abitato dal famoso medico e botanico Martino Marinosci (vedi approfondimento in fondo all’articolo).

Palazzo Maggi

5693907934_24290a8f96_oPalazzo Maggi chiude Via Cavour. Il portale finemente scolpito presenta un cartiglio incorniciato da puttini e motivi floreali, tipici delle decorazioni barocche. L’ampia arcata che lo sovrasta da luminosità a tutta la facciata.

Palazzo Gioia

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Pregevole costruzione che introduce Via Mazzini, Palazzo Gioia un tempo era denominato Palazzo Blasi in onore del barone Francesco Blasi. Edificato nel 1774, rappresentò un modello fra le residenze padronali barocche. Presenta un caratteristico portale in bugnato e splendide logge in ferro battuto.

Casa Cappellari

 

 

In Via Orfanelli è situata Casa Cappellari, detta anche ospedaletto o lazzaretto in virtù della funzione di ricovero per viandanti, malati e orfani che assunse nel Settecento. Accanto al portale d’ingresso era situata una botola girevole dove venivano depositati i bambini indesiderati. Gira voce che, durante il periodo fascista, vi si svolgesse il mercato nero. Oggi completamente ristrutturata, Casa Cappellari è spesso sede di eventi artistici. Essa è costituita da un cortile centrale sul quale si affacciano, al piano terra e al primo piano, stanze di pochi metri quadrati dotate di camino e/o pozzo.

Palazzo del Cavaliere

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Il palazzo del Cavalier Semeraro presenta una facciata dominata da un doppio portale. Il primo è in bugnato, il secondo è caratterizzato da due colonne che reggono la grande loggia superiore. Il palazzo, in stile neoclassico, fu costruito nel 1733.

Palazzo Marino Motolese

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La facciata di Palazzo Marino Motolese presenta un portale datato 1567, ma l’immobile fu ristrutturato e trasformato nel 1758. L’androne d’ingresso rivela la struttura della casa a corte. Un’elegante scalinata porta al piano rialzato, dove sono evidenti le trasformazioni settecentesche.

Palazzo Ruggieri

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Palazzo Ruggieri, prima intitolato Barnaba, fu eretto nel 1759 accanto alla Basilica di San Martino. Esso si sviluppa in verticale e presenta una facciata ricca di ornamenti.

Palazzo Fighera

Impreziosito esternamente dall’arco dell’antico portale, Palazzo Fighera offre esternamente una caratteristica galleria con pregiati affreschi del 1777 raffiguranti scene mitologiche, opera del noto Domenico Carella – di cui ho parlato qui.

Palazzo Ancona

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Uno dei palazzi più scenografici, dalla indiscussa eleganza barocca, Palazzo Ancona è situato al termine di Via Macchiavelli e risale alla seconda metà del XVIII secolo. Di grande interesse artistico sono le cariatidi che sostengono le pregevoli logge, costituenti l’unico esempio di scultura profana nel centro storico di Martina Franca.

Palazzo Magli

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Edificato nel 1748 per volere dell’abate Pasquale Magli, Palazzo Magli – denominato anche Lella – occupa il luogo ove sorgeva un palazzo a corte del Cinquecento. Presenta un doppio portale: il primo, in bugnato classico, è inglobato nell’altro, sorretto da colonne con capitelli adorni di gambe di cervi ed eleganti satiri.

Palazzo Motolese

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Costruito nel 1775, mostra una facciata monumentale caratterizzata dal complesso portale collegato al balcone superiore. L’ingresso secondario, situato in Via Arco Casavola, presenta un grande portale su cui corre una doppia balconata in pietra a colonnine tornite, impreziosita da eleganti doccioni. L’atrio di ingresso, di dimensioni ridotte, da accesso al locale più ampio che una volta erano le stalle – si possono ancora vedere le stanghe di ferro alle pareti – e a una piccola cappella.

Palazzo Marturano

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Eretto nel 1719 dal conte Barnaba, è uno dei più antichi palazzi barocchi di Martina. Il grande portale in bugnato è sormontato da due eleganti loggiati in pietra a colonnine spanciate. Questo splendido palazzo chiude Via Mazzini.

Il palazzo del Caffè Tripoli

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In questo palazzo, a piano terra si trova il bar più antico della città – aperto nel 1911 -, dove si possono gustare genuini prodotti artigianali.

 

 

Glossario

 

  • Campitura: area di un dipinto riempita con un solo colore.
  • Cimasa: complesso di modanature che serve a coronare un elemento architettonico.
  • Erma: scultura che poggia su un pilastro e rappresenta una testa umana e parte del busto.
  • Cariatide: statua in forma di donna usata come elemento architettonico portante, per sostenere trabeazioni, mensole, cornicioni, balconi, logge e simili.
  • Satiro: nella mitologia greco-romana, divinità dei boschi, avente figura umana, con piedi e orecchie caprini.
  • Doccione: parte terminale della grondaia che serve a scaricare l’acqua lontano dai muri, consistente, specialmente in palazzi antichi, in un’opera di scultura con figure grottesche o di animali.

 

 

Approfondimenti

 

Martino Marinosci

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Nacque a Martina Franca il 20 settembre 1786 da Giuseppe Marinosci e Anna Irene Maggi. Dotato d’ingegno vivo e precoce iniziò la sua formazione culturale fin da piccolo, sotto la guida di dotti religiosi che lo iniziarono agli studi di aritmetica, geometria, filosofia e teologia. Tra i 15 e i 19 anni si avviò agli studi di botanica, fisica e chimica, anatomia e fisiologia, medicina teorica e legale. Tra i 19 e i 23, a Napoli, seguì i corsi di Medicina, Chirurgia, Clinica e Anatomia dei maggiori specialisti. Estese i suoi interessi alla Botanica e alla Storia Naturale sotto la guida di Petagna, Tenore e Briganti, effettuando escursioni per la raccolta di materiali con cui costituì erbari e collezioni di vario genere. Contemporaneamente si interessò di Teologia e di Morale, di Storia, di Legge e di Chimica, studiando l’inglese e l’ebraico.

Tornato al paese natio nel 1809 vi iniziò una brillante carriera di medico, facendosi presto apprezzare e guadagnandosi la stima di tutti.

La sua vita privata lo vide impegnato nel mantenimento e nell’educazione assidua dei 10 figli, ma fu costellata di contrarietà e lutti.

Nel 1809, fu nominato Socio Corrispondente del Real Giardino delle Piante di Napoli, diretto dal famoso botanico Michele Tenore, e diede inizio alle escursioni per la Provincia di Lecce, che durarono fino al 1815.

Nel 1811 fu nominato Socio Onorario della Società Economica di Terra d’Otranto di Lecce, di cui divenne poi socio Ordinario nel 1820. Ebbe così modo di essere apprezzato anche nell’ambiente leccese, in cui presto godette dell’amicizia di naturalisti quali il Conte M. Milano, Oronzo Gabriele Costa, Giuseppe Maria Giovene.

Nel 1826 fu eletto Presidente dell’ Accadema Agraria di Lecce, carica che ricoprì per ben 10 anni. Fu in questo periodo che pubblicò una prima parte della Flora Salentina, alla quale aveva cominciato a lavorare già dal 1810, e a cui sarebbe stata legata la sua fama come botanico.

Nel 1831 pubblicò un Catechismo agrario, che incrementò ulteriormente la sua fama. Si dedicò anche a studi di Archeologia, divenendo, nel 1842, Ispettore degli scavi d’antichità per il distretto di Taranto.

Scrisse moltissimo ma pubblicò pochissimo e Cosimo De Giorgi, che dopo la sua morte avrebbe curato la pubblicazione della Flora Salentina, ebbe a scrivere che tutti gli scritti “formano un monumento più duraturo del bronzo, e meritano davvero che nella stima dei buoni e degli onesti resti incancellabile il nome del Marinosci”.

Anche se fin dal 1831 la sua salute si era fatta vacillante, il Marinosci morì all’età di ottanta anni l’11 novembre 1866.

Opere

  • Flora Salentina, Tip. Ed. Salentina, Lecce 1870

Pillole di arte martinese #4 – Il Palazzo Ducale

Oh, eccoci qui con il quarto appuntamento della rubrica Pillole di arte martinese. Devo dire che l’argomento trattato oggi mi è particolarmente caro: il Palazzo Ducale. Durante tutto l’anno è consentito l’ingresso – gratuito – nelle sale affrescate da cui è possibile anche affacciarsi al lungo balcone in ferro battuto. Ci sono stata diverse volte eppure vi assicuro che ogni volta, osservando da vicino il ferro panciuto e le sue robuste volute e giunture nonché il panorama sull’intera piazza sottostante e i palazzi prospicienti, l’emozione è la stessa. C’è qualcosa di atavico in ogni cartiglio e voluta, nell’intera costruzione, qualcosa che fa respirare l’aria di un passato che non c’è più. Qualcosa di meraviglioso. Se vi trovate da queste parti non esitate a farci un salto, non ve ne pentirete. Nel frattempo parliamo del Palazzo Ducale dal punto di vista storico e artistico.

PS Spero non abbiate da ridire sulla qualità di alcune fotografie, giacché la maggior parte sono state scattate dal mio telefonino.

Palazzo Ducale

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Il Palazzo Ducale è l’immagine del potere di Petracone V Caracciolo sull’universitas civium di Martina Franca e svetta sul lato di ponente di Piazza Roma, un tempo Largo Castello. La costruzione ebbe inizio nella seconda metà del XVII secolo; l’edificazione ebbe luogo sul castello di Raimondello Del Balzo Orsini, principe di Taranto, costruito nel 1338. Il portone reca l’iscrizione: PETRACONUS V A FUNDAMENTIS EREXIT ANNO DNI MDCLXVIII.

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Il progetto era grandioso, imponente e costoso, tanto da essere costituito da trecento camere, cappelle, stalle, corte, teatro e foresteria. In un primo momento il palazzo fu considerato opera di Gian Lorenzo Bernini (vedi approfondimento in fondo all’articolo), ma recenti studi storici assegno la paternità al bergamasco Andrea Carducci. Carducci lavorò su un disegno approvato dal Bernini, avvalendosi dell’arte dei muratori locali, detta della polvere bianca. Il palazzo, così come era stato progettato, non fu completamente portato al termine dal duca, il quale pose fine ai lavori quando la spesa raggiunse la cifra di sessantamila ducati. L’ala meridionale e e le decorazioni pittoriche esistono grazie al duca Francesco III, come indicato da un cartiglio sul balcone: FRANCISCUS III EREXIT ANNO DNI 1773.

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La facciata barocca è divisa orizzontalmente da una balconata in ferro battuto a petto d’oca e verticalmente dalle lesene, decorata da zoccoli, cornici marcapiano, cornicioni, semi colonne d’ordine gigante ai lati del portale, mascheroni contro il malocchio sono tutti in pietra. L’ala settentrionale e la chiusura del cortile sono state realizzate negli anni Cinquanta del Novecento.
L’androne d’ingresso è coperto da una volta a botte scandita in sette lunette. Sulle pareti sono state collocate tre targhe di marmo in onore del pittore Domenico Carella, del Presidente della Corte Costituzione Giuseppe Chiarelli e di personalità illustri di Martina Franca come ad esempio Gioconda De Vito e Paolo Grassi.

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Negli appartamenti reali, sopra al piano ammezzato in cui dimorò il duca, si trovano dorate pareti rococò sagomate a orecchio, che introducono nella sale egregiamente affrescate da Domenico Carella (vedi approfondimento in fondo all’articolo) nel 1776: la Cappella dei Duchi, la Sala dell’Arcadia, la Sala del Mito e la Sala della Bibbia.

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Cappella dei Duchi

In questa cappella dominante è un maestoso altare in pietra policroma e dorata con alcuni riquadri a tempera e figura di santi e arabeschi sulle pareti laterali. Sulla base dell’altare è impresso lo stemma dei Caracciolo, lì la frastagliata decorazione del tempo fa bella mostra di sé.

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Sala dell’Arcadia

Nella Sala dell’Arcadia troviamo due scene di vita della corte ducale e la raffigurazione delle stagioni.
Nella scena della scuola di ballo, il duca Francesco III Caracciolo è in giardino. Con il tricorno in mano egli saluta gli ospiti fra i quali ci sono due musici girovaghi con flauto e corno; un cavaliere esegue un passo di danza con la duchessa Stefania Pignatelli; un buffo cinese chiacchiera con un’ancella; la duchessa Isabella D’Avalos accompagnata da un cane domina la scena.arcadiaNella scena della scuola di canto troviamo il poeta Gian Battista Lanucara con un libro; il precettore; il piccolo duca Petracone VII; due monelli che si affacciano da un muretto per curiosare; la duchessa con l’ancella; due violionisti.
Queste due scene rispecchiano un ideale illuministico piuttosto sentito all’epoca, ossia la realtà quotidiana calata e proiettata in una dimensione di pura teatralità in cui in questo caso il protagonista è il duca.

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La rappresentazione delle quattro stagioni, simbolo dell’importanza del lavoro umano nel fluire del tempo, mostra l’autunno con la brocca, la primavera, l’inverno che si riscalda e l’estate con le messi. Nei riquadri sopra le porte sono dipinte le arti: la musica, la pittura, la scienza e la poesia. Negli ovali, le virtù femminili sono rappresentate da una suonatrice d’arpa, una dama con pierrot, una filatrice, una coppia di casti amanti.
Sul soffitto troviamo l’Apoteosi di Ercole accolto da Apollo che gli da come sposa Ebe, che rappresenta l’immortalità del duca e il suo impegno profuso nell’assicurare benessere ai sudditi.

Sala del Mito

La Sala del Mito o Ovidiana o delle Metamorfosi rappresenta diverse variazioni tematiche da leggersi in chiave metaforica: la fuga di Enea rappresenta l’amore filiale; l’episodio di Apollo e Dafne vuole evidenziare il sottile fascino del momento della seduzione. Quest’ultima tematica la ritroviamo, in maniera più leggera, anche nelle altre scene presenti nella sala, ossia gli espisodi di Atlante ed Ippomene, Priamo e Tisbe, Nasso e Deianira, che vogliono indicare rispettivamente l’amore coniugale, la fedeltà, il tradimento. La scena di Ercole che libera Esione dal drago vuole suscitare riflessione sui doveri necessariamente da compiersi. Anche qui troviamo aspetti luministici, in special modo nel soffitto con il Carro del Sole e Narcisio alla Fonte.
Sopra le finestre, due cineserie: cinese che fuma l’oppio e cinese che brucia l’incenso.

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Sala della Bibbia

La Sala della Bibbia è stata dipinta dal Carella con episodi sacri; qui si ritrova una linearità pittorica ed espositiva davvero degna di pregio. Gli episodi principali sono: le Storie di Tobiolo, simboli della pietas filiale; Mosè salvato dalle acque, simbolo di carità e dovere; Davide e Abigail, simbolo della prudenza femminile; Rebecca al pozzo, simbolo del senso cavalleresco; Salomé, simbolo della lussuria. Sul soffitto si possono ammirare scene ricche in angeli e torce e dardi infuocati, dove il Carella rende il colore cupo e profondo.

Che aspettate?

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Glossario

Cornice marcapiano: cornice che segna il livello dei vari piani.

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Esempio di cornice marcapiano.

Ordine gigante: termine dell’architettura. Si tratta di una disposizione particolare di colonne o pilastri, per cui questi si estendono, nella loro altezza, per più di un piano, o per diversi livelli di altezza in una facciata. Viene anche chiamato ordine colossale.

Esempio di colonne di ordine gigante nel Palazzo del Capitanio, Vicenza.

Esempio di colonne di ordine gigante nel Palazzo del Capitanio, Vicenza.

Mascherone: viso di fattezze deformi e grottesche, in uso specialmente nell’età rinascimentale e barocca come ornamento architettonico; nella credenza popolare si riteneva tenesse lontano il malocchio.

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Mascherone rappresentante il dio del vento.

Volta a botte: soffitto a superficie semicilindrica.

Volta a botte.

Volta a botte.

Lunetta: elemento architettonico di una muratura o parte di esso a forma di luna falcata, di mezzo tondo o di lente.

Volta a botte lunettata.

Volta a botte lunettata.

Rococò: stile settecentesco d’origine francese caratterizzato da mobili e oggetti di forma capricciosa e da elementi decorativi quali foglie, volute, conchiglie.

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Decorazione in stile rococò.

Fonte glossario: Encarta, Wikipedia

Approfondimenti

Gian Lorenzo Bernini

Autoritratto di Gian Lorenzo Bernini.

Autoritratto di Gian Lorenzo Bernini.

Gian Lorenzo Bernini (Napoli 1598 – Roma 1680), architetto, scultore, pittore, scenografo e autore di teatro, fu la personalità artistica dominante del barocco italiano. Mise la sua eccezionale abilità tecnica al servizio di una grande fantasia e rinnovò la tipologia del ritratto e del busto marmoreo, della fontana e del monumento funebre.

L'arte del periodo barocco è caratterizzata dall'enfasi del movimento e da una esasperata drammaticità. Gian Lorenzo Bernini, considerato il massimo esponente del barocco in Italia, scelse di rappresentare la figura biblica del David (1623?, Galleria Borghese, Roma) nel momento di massima tensione fisica ed emotiva, mentre carica la fionda con cui uccise il gigante Golia.

L’arte del periodo barocco è caratterizzata dall’enfasi del movimento e da una esasperata drammaticità. Gian Lorenzo Bernini, considerato il massimo esponente del barocco in Italia, scelse di rappresentare la figura biblica del David (1623?, Galleria Borghese, Roma) nel momento di massima tensione fisica ed emotiva, mentre carica la fionda con cui uccise il gigante Golia.

Domenico Carella

Domenico Antonio Carella (Francavilla Fontana, 1721 – Martina Franca, 1813) è stato un pittore italiano.
Il Carella si formò sulla cultura napoletanae il suo apprendistato presso Francesco Solimena e Pompeo Batoni, più tardi si avvicinò ai modi pittorici di Corrado Giaquinto e Luca Giordano.Nel 1746 si sposò con Maria Dell’Abbate a Francavilla.
L’artista operò molto a Martina Franca intorno al 1770 dove venne sancita la sua fama, lavorando per gli affreschi del Palazzo Ducale del duca Francesco III Caracciolo in tre sale: dell’Arcadia, del Mito e della Bibbia. Fra gli artisti più stimati e prolifici della Puglia del settecento operò anche a Alberobello, Massafra, Ceglie Messapica, Erchie, Taranto, Francavilla Fontana, Monopoli, Conversano, Ferrandina, Calvera, Palagiano e Rutigliano.