Un’opera d’arte al mese #5: La stella

Buongiorno amici,

per la rubrica Un’opera d’arte al mese, questo mese parliamo del dipinto La stella di uno dei pittori che preferisco: Edgar Degas.

Titolo del dipinto

La stella

Artista

Edgar Degas

Anno di realizzazione

Tra il 1876 e il 1877

Dimensioni

60 x 43 cm

Tecnica

Pastello su carta

Dove si trova

Musée d’Orsay, Parigi, Francia

Curiosità

Esistono numerosi titoli per questo dipinto, anche se il più conosciuto è La stella. Gli altri sono: La danzatrice sul palco, Prima ballerina e, semplicemente, Balletto.

Il dipinto

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Sotto i riflettori di un palcoscenico, la prima ballerina esegue il pas seul. Edgar Degas osserva e coglie questo momento. La bellezza di questa immagine femminile risalta ancora di più per il modo in cui l’artista contrappone l’azione principale ai colori pesanti e vividi dello sfondo.

La ballerina fluttua con leggiadria, ancorata al suolo per mezzo della delicata gamba flessa. I suoi occhi sono messi nell’ombra dalle luci del palcoscenico. La scena è ripresa da un’angolazione obliqua e dall’alto, come se l’osservatore si trovasse a teatro. Il pesante sfondo, il quadrante vuoto del palco e l’angolazione particolare danno maggiore energia al movimento del soggetto.

Per quanto riguarda la tecnica, Degas utilizza i pastelli. Con essi egli era in grado di applicare il colore velocemente e con efficacia, aggiungendo contemporaneamente linee e toni. La leggerezza data dal bianco della ballerina contrasta con i tratti vibranti, le macchie e le ombre nei fondali del palco. Questa zona, che a prima vista appare confusa, a un’attenta osservazione mostra la figura di un gentiluomo che attende dietro le quinte e le punte bianche delle scarpette di altre ballerine che attendono di entrare in scena.

L’autore

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Edgar Degas (Parigi 1834-1917) fu un pittore e scultore francese. La sua formazione artistica si compì presso un allievo del pittore neoclassico Jean-Auguste-Dominique Ingres, dal quale apprese la tecnica del disegno, determinante poi per tutta la sua opera; frequentò inoltre l’Ecole des Beaux-Arts e compì un importante viaggio di studio in Italia.

Dopo i primi dipinti di soggetto storico approdò a una pittura nuova e personale con l’olio La famiglia Bellelli (1862, Louvre, Parigi), nel quale la compostezza e la monumentalità classica delle figure si accompagnano alla descrizione realistica di una situazione e di un ambiente familiare.

Sebbene sia di solito considerato un impressionista e abbia contribuito con le sue tele a ben sette mostre del gruppo (a partire dal 1874), Degas mantenne posizioni artistiche indipendenti: ad esempio, nella preferenza accordata al lavoro in studio rispetto al “plein air” e nel disinteresse per la luce naturale. Fatta eccezione per le opere ispirate al mondo dell’ippica (All’ippodromo, 1869-1872, Louvre, Parigi), i suoi quadri riproducono perlopiù interni: teatri, caffè (L’assenzio, 1876, Musée d’Orsay, Parigi), bordelli.

Attento osservatore dell’umanità (predilesse i soggetti femminili), nei suoi studi e ritratti di ballerine (La scuola di danza, 1874, Louvre, Parigi; L’étoile o La danzatrice in scena, 1878, Musée d’Orsay, Parigi), modiste, lavandaie, stiratrici (Due stiratrici, 1884, Louvre, Parigi), donne intente alla toilette quotidiana (Donna nella tinozza che si spugna la nuca, 1886, Musée d’Orsay, Parigi) cercò di rappresentare pose e atteggiamenti spontanei, quasi immagini fugacemente rubate alla realtà.

Lo studio delle stampe giapponesi, introdotte a Parigi dall’incisore Braquemond, gli suggerì visuali inconsuete e composizioni asimmetriche, con le figure raggruppate ai margini della tela: come in Donna con crisantemi (1865, Metropolitan Museum of Art, New York), quadro dominato dal grande mazzo di fiori al centro, che quasi fa dimenticare la figura femminile relegata in un angolo.

Negli anni Ottanta, in seguito all’indebolimento della vista, Degas si dedicò sempre più al pastello e alla scultura, tecniche che consentono stili espressivi non vincolati alla precisione rappresentativa, senza perdere in impatto emotivo. Nei pastelli ricorrono composizioni semplici, con poche figure, che si affidano, per eloquenza ed espressività, a colori e gesti (Dopo il bagno, donna che si asciuga la nuca, 1898 ca., Musée d’Orsay, Parigi).

Le sculture rendono il movimento e la fisicità dei soggetti nella loro immediatezza: nel bronzo Ballerina di quattordici anni (1880, Musée d’Orsay, Parigi), lo scrupolo di riproduzione realistica si traduce, oltre che nella resa “istantanea” di un atteggiamento e un’espressione naturali, nella presenza inedita di vero tulle per il tutù e di un vero nastro di raso annodato sulla treccia dei capelli.

La corrente artistica

L’Impressionismo è una corrente artistica sviluppatasi in Francia nella seconda metà dell’Ottocento, nata dal rifiuto delle tradizioni pittoriche e scultorie contemporanee, a soggetto classico o sentimentale, e dello stile promosso dall’Accademia di belle arti di Parigi, tecnicamente meticoloso e incentrato sul lavoro in studio. Per estensione, il termine “impressionismo” è stato applicato anche a certa produzione musicale dell’inizio del XX secolo. Tra i principali pittori impressionisti si ricordano Edgar Degas, Claude Monet, Berthe Morisot, Camille Pissarro, Pierre-Auguste Renoir, Alfred Sisley e Jean-Frédéric Bazille.

I FONDAMENTI DELL’IMPRESSIONISMO

Tradizionalmente l’Accademia imponeva le direttive alle quali tutta l’arte francese avrebbe dovuto uniformarsi e allestiva le esposizioni del Salon di Parigi, organo ufficiale della promozione artistica e della formazione del gusto. Gli impressionisti rifiutarono questi dettami e queste costrizioni, preferendo ispirarsi alla natura e alla vita quotidiana piuttosto che alla classicità o alla storia aulica, e rigettando d’altra parte anche il sentimentalismo tardoromantico (vedi Romanticismo) allora in voga. Scelsero di lavorare all’aperto anziché in studio, interessandosi principalmente agli effetti della luce naturale.

Se la pratica accademica si fondava sull’accuratezza del disegno, la precisa descrizione dei dettagli, la perfetta definizione delle forme attraverso sfumature di colore e chiaroscuro, gli impressionisti, invece, elaborarono una tecnica pittorica in grado di riprodurre la percezione visiva del reale, nella quale i contorni non sono mai netti e i colori, colpiti dalla luce, appaiono vivi, spesso cangianti.

Il procedimento si fondava sulla stesura di brevi pennellate di pigmento puro, che giustapponevano perlopiù colori primari (rosso, giallo e blu), mettendoli in contrasto con i complementari (verde, viola, arancio ecc.): ne risultava un’immagine rozza e frammentaria se analizzata da vicino, ma straordinariamente efficace dalla consueta distanza d’osservazione, caratterizzata da una luminosità più accesa di quella solitamente prodotta mescolando i colori prima di applicarli alla tela.

FONTI: ENCARTA, CAPOLAVORI DELLA PITTURA

La Caccia, di Stefania Bernardo. Recensione e intervista all’autrice.

Amici, augurandovi un buon inizio d’anno nuovo – dico buon inizio perché se il resto dell’anno sarà buono o meno non dipenderà solo dal caso ma anche da noi stessi 😉 -, vi parlo dell’ultimo libro letto nel 2013. Il libro sotto i riflettori è La Caccia, seguito de La Stella di Giada che ho amato molto e recensito qui.

 

 

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Trama

Caraibi 1722.
Un ritornello senza senso si è infilato nella mente di Scarlett come un tarlo. Una vera e propria ossessione per cui è disposta anche a rinunciare alla ciurma e all’amore. Rime ripetute all’infinito nelle taverne, fra rum e baldracche, che sembrano nascondere un segreto. Governatori eccentrici, ricchi mercanti, eroi della marina britannica, pirati, sono tutti alla ricerca della soluzione dell’enigma. Una vera e propria caccia che sembrerà non avere mai fine, pericoli che si celeranno in ogni dove, alleanze di convenienza e tradimenti sussurrati all’orecchio. E mentre i Caraibi, ancora una volta, si tingono di rosso, oltreoceano una donna dagli occhi azzurro cielo attende, seduta sotto un salice, la fine di una guerra durata troppo a lungo.

L’autrice

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Stefania Bernardo nasce a Ivrea nel 1985. Sin da piccola le sue più grandi passioni sono state la storia, i pirati e la scrittura. Divoratrice accanita di libri, si diploma in Tecnica della gestione aziendale. Dopo un’esperienza lavorativa di circa quattro anni come segretaria amministrativa, decide di tornare a studiare. Attualmente è laureanda in Diritto ed Economia per l’impresa alla facoltà di Giurisprudenza di Torino. A marzo 2013 pubblica il suo romanzo d’esordio “La Stella di Giada”. Da luglio 2013 collabora con la redazione di Ticweb tv dove cura la rubrica dedicata ad autori emergenti “Il Teschio e la Penna – Cultura contro corrente”.

Recensione

Non siete appassionati di storie di pirateria? Non fa nulla, perché leggendo questo libro lo diventerete. L’autrice ci trasporta ancora una volta nei Caraibi del diciottesimo secolo, a bordo di velieri e a contatto con personaggi pittoreschi e intriganti. Azione, avventura, tradimenti, amore e amicizia accompagnano il lettore per tutta la lettura. Frequenti sono i cambi di scena e di punti di vista che contribuiscono a mantenere viva l’attenzione e l’attesa. Credo che questo libro sia un degno seguito de La Stella di Giada, vengono infatti sbrogliate intricate vicende familiari rimaste in sospeso. Ancora una volta troviamo tantissimi personaggi, tutti ben tratteggiati. Quando si crede di aver compreso bene la piega delle vicende, ecco che a metà libro succede l’imprevedibile e le carte in tavola vengono nuovamente rimescolate. Non svelo troppo per non rovinare la sorpresa ma vi anticipo che il finale, ancora una volta, è riuscito a commuovermi. L’unica “pecca” è l’assenza del grande Johnny Shiver: sebbene egli sia spesso evocato in maniera vivida e struggente da diversi personaggi, per me resta il migliore, indimenticabile.

Valutazione:

5

Intervista all’autrice

Ciao Stefania, benvenuta.

  • Rompiamo subito il ghiaccio. Parlaci un po’ di te dal punto di vista letterario ma anche personale.

Ciao Ilaria, grazie per avermi ospitata sul tuo blog. Di me posso dirvi che sono un’inguaribile sognatrice. Mi piace fantasticare ad occhi aperti, mi piace emozionarmi e spero di essere riuscita a trasmettere questo anche nei miei romanzi. Per me scrivere è sinonimo di vita, leggo fin da quando ero piccola e tendo a perdermi nelle librerie e nelle biblioteche… Perdo completamente la cognizione del tempo. Adoro la musica, sono fissata con Il Regno Unito, ho un debole per Sherlock Holmes, il personaggio di Sir Arthur Conan Doyle, e per D’Artagnan di Dumas.  Amo la storia alla follia.

  • C’è stato un momento esatto in cui hai pensato: “Voglio diventare una scrittrice”?

Da piccola dicevo spesso di voler fare la scrittrice, poi sono diventata grande e per parecchi anni ho accantonato questa passione declassandola a semplice passatempo. In realtà, ho sempre scritto, pagine di diario, pensieri sparsi, qualche racconto. E poi alcuni anni fa a seguito di una forte depressione, ho ripreso il mio vecchio sogno nel cassetto, quello di scrivere un romanzo sui pirati… e da lì si può dire che mi sono riconciliata con le mie vere aspirazioni e le mie più forti passioni. Non ho paura a dire che scrivere, in un certo senso, mi ha salvato la vita.

  • Cosa ti piace di più: leggere o scrivere?

Scelta impossibile da fare per me, è come se mi chiedessi se preferisco inspirare o espirare. Sono due cose indivisibili, dal mio amore per la lettura è nato quello per la scrittura, e ora più scrivo, più ho voglia di leggere.

  • Da cosa nasce il tuo amore per le vicende piratesche?

Non ne ho idea, è una passione che è con me da sempre, come quella per il Regno Unito. Amavo giocare ai pirati, adoravo capitan Uncino. Crescendo ho approfondito questo periodo storico, rimanendone ancora di più affascinata.

  • Sei mai stata nei luoghi in cui sono ambientati i tuoi romanzi?

No, non ancora.

  • Per i tuoi protagonisti ti sei ispirata a qualche personaggio storico?

Per Scarlett le figure ispiratrici sono state senz’altro Mary Read e Anne Bonny, mentre per Johnny Shiver mi sono ispirata al capitano John Roberts conosciuto come Black Bart, senza dubbio uno dei pirati più bravi e in gamba della storia.

  • Se avessi la possibilità di incontrare dal vivo uno dei tuoi personaggi, quale sceglieresti e perché? Per quanto mi riguarda sceglierei Shiver, indimenticabile.

Bella domanda, li vorrei incontrate un po’ tutti. Beh, se ne devo proprio scegliere uno allora anche io scelgo Johnny Shiver, è uno dei personaggi a cui sono più affezionata. Lo vorrei incontrare perchè è un uomo affascinante e allo stesso tempo oscuro, ci farei senz’altro delle lunghe e interessantissime chiacchierate. L’uomo perfetto per esplorare le passioni umane in tutte le sue forme, da quelle più nobili a quelle più basse.

  • Dai romanzi si evince il lavoro di documentazione da te svolto, anche riguardo ai dettagli tecnici di una nave. Nella realtà sei esperta di navigazioni per mare? Se no, credi che potresti cavartela su un veliero “classico” visto quanto hai studiato a tal proposito?

No, non ho mai avuto esperienze di navigazione e tutto si basa solo sul lavoro di ricerca, purtroppo penso che me la caverei in maniera pessima su un vero veliero. Insomma, meglio rimanere nel campo dell’immaginazione.

  • Nei tuoi romanzi si nota subito una tua grande capacità, quella di gestire contemporaneamente le vicende di tantissimi personaggi. Si tratta di una scelta ponderata e necessaria visto il tipo di romanzo oppure ti viene naturale e credi che sarebbe lo stesso scrivendo libri di altri generi?

Mi viene naturale. Non posso fare a meno di inventarmi storie con tanti personaggi. Ho un carattere abbastanza agitato, e quindi non riesco mai a concentrarmi su pochi personaggi. Mi diverto troppo a osservare la storia da molteplici punti di vista, altrimenti so già che finirei per annoiarmi.

  • Quali obiettivi letterari ti proponi per il futuro?

Il mio obiettivo principale è solo uno: continuare a scrivere, sperimentando cose nuove, cercando di migliorare ancora tecnica e stile.

  • Hai qualche progetto in cantiere? Se sì, puoi parlarcene?

Molti a dir la verità. Quelli a cui sto lavorando sono due: il terzo e ultimo capitolo del filone “La Stella di Giada” che sarà dedicato al prologo del primo libro; e un romanzo breve dedicato alla vita del capitano John Roberts, che farà parte di un progetto a  cui sto lavorando con altre due mie colleghe scrittrici molto brave e amanti della pirateria: Michela Piazza e Pamela Boiocchi.

  • Salutaci come farebbe Scarlett.

Un saluto a tutti, mi raccomando guardate sempre verso l’orizzonte e navigate a testa alta.

Grazie Stefania per la bella chiacchierata.

A tutti voi invece lascio qualche link utile per seguire Stefania Bernardo e conoscere meglio le sue opere:

La Stella di Giada – Da non perdere

Ci sono libri che appena cominci a leggerli ti risucchiano nelle pagine, ti fanno innamorare. E quello di cui vi parlo oggi è proprio uno di quelli.

LA STELLA DI GIADA

Stefania  Bernardo

Youcanprint

Collana: Narrativa

Data di Pubblicazione: Marzo  2013

ISBN: 9788891105233

Pagine: 502

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Trama

Giamaica, 1720. Johnny Shiver, capitano della Stella di Giada, è così crudele da essere considerato il diavolo in persona. Saccheggia, tortura, ammazza. Nessuno è in grado di contrastare la sua ciurma assetata di sangue e i suoi piani infallibili. David Jacobson, ammiraglio e comandante in capo della flotta britannica nei Caraibi, da anni tenta di fermarlo, senza successo. Ma quando Shiver decide di mettere le mani sullo Smeraldo di Venere, il tesoro protetto da Jacobson, si apre una guerra sanguinaria fatta di arrembaggi, impiccagioni e tradimenti. Uno scenario infernale in cui viene coinvolta, suo malgrado, Scarlett Baker, giovane domestica di Fort Law, dal carattere ribelle e testardo, con l’unica intenzione di trasferirsi a Londra per ricominciare tutto da capo e vivere una vita finalmente tranquilla e pacifica. Ma il destino sembra avere per Scarlett piani decisamente differenti…

L’autrice

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Stefania Bernardo avrebbe tanto voluto nascere nell’epoca d’oro della pirateria, d’altronde la sua pettinatura è perfetta per il diciottesimo secolo. Dato che è nata nel ventunesimo però, si è accontenta di essere pirata nello spirito e di scrivere il suo primo romanzo proprio su una bella storia di pirati… Ah, già perché la sua ambizione è quella di diventare scrittrice ma si sa, fra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il mare… e per ora il suo veliero è impegnato a solcarlo.
Ama i libri in maniera esagerata, i suoi risparmi generalmente finiscono sempre spesi in libreria… è impegnata a collazionare i libri di Alexandre Dumas, suo mito. Il suo carattere è molto allegro e solare con, purtroppo, frequenti momenti di burrascosa ira che, per fortuna di tutti, si placano in fretta.

È iscritta all’università degli studi di Torino alla facoltà di giurisprudenza, indirizzo di Diritto ed Economia per le imprese. Ha frequentato l’istituto tecnico G. Jervis di Ivrea conseguendo il diploma in tecnico della gestione aziendale. Prima dell’università, ha lavorato per tre anni presso un’azienda di Ivrea come segretaria amministrativa.

Per visitare il sito dell’autrice, clicca qui.

La mia recensione

Bello, bello, bello. Uno dei più bei libri che io abbia mai letto e, come sapete, ne leggo tantissimi. Avventura, amore, odio, amicizia, vendetta, intrighi. In questo libro non manca proprio nulla e la cosa più bella è che tutto è trattato in maniera ben equilibrata. Lo stile dell’autrice è abbastanza pulito e adatto alla storia, sia nella narrazione che nei dialoghi. Il linguaggio è usato con padronanza, anche per ciò che riguarda i termini specifici della navigazione. I personaggi sono numerosi e tutti di grande spessore. Le atmosfere descritte sono varie e affascinanti, “romantiche” nel senso più ampio del termine. Azione e ragionamento si alternano in maniera ben dosata. I personaggi che ho amato di più, i più carismatici, sono Shiver, Scarlett e Alvaro. Alcune scene, soprattutto nel finale, – non dico quali per non svelare punti cruciali della trama – sono molto cinematografiche. C’è del genio nel modo in cui si intrecciano intrighi e inganni. Le uniche “pecche” a mio avviso sono il fatto che le città citate sono frutto di fantasia – ma la ragione di questa scelta viene spiegata dall’autrice alla fine del libro – e un’imprecisione storica riguardo alle infezioni, mi spiego: in seguito ad alcune ferite i personaggi dialogano sulle infezioni potenzialmente in atto ma ciò è pressoché impossibile giacché la storia è ambientata nella prima metà del 1700, quando ancora non si avevano sufficienti conoscenze mediche a riguardo.

In definitiva un libro da non perdere, ripeto: bello, bello, bello.

Valutazione:

5