Un’opera d’arte al mese #10 – Il Canal Grande verso il ponte di Rialto

Salve amici,

per l’appuntamento di agosto della rubrica Un’opera d’arte al mese ho scelto un paesaggio tutto italiano.

Titolo del dipinto

Il Canal Grande verso il ponte di Rialto

Artista

Canaletto

Anno di realizzazione

1730

Dimensioni

49 x 73 cm

Tecnica

Olio su tela

Dove si trova

Museum of Fine Arts, Houston, Texas.

Curiosità

Quando re Giorgio III acquistò la collezione di Joseph Smith, nel 1762, essa comprendeva molte delle maggiori opere del Canaletto che furono conservate nella Royal Collection. Oggi ancora molte appartengono alla famiglia reale.

Il dipinto

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La grande maggioranza delle opere del Canaletto era indirizzata al mercato dei turisti, e questo dipinto non fa eccezione. Molte vedute erano commissionate da ricchi turistiche volevano un ricordo della città.

Il Canal Grande è l’arteria principale di Venezia. Questo ampio corso d’acqua è una sorta di specchio per i magnifici edifici della città, e crea un panorama da favola. Canaletto cercava di catturare l’animazione della città per com’era veramente. In quest’opera possiamo vedere i biglietti della lotteria venduti da un bracchino sulla banchina, e i famosi gondolieri di Venezia alla ricerca di clienti. Sono vestiti con elaborati costumi, che in genere venivano indossati per una regata. Sul lato sinistro del dipinto di possono notare diversi palazzi: il Dolfin Manin, il Bembo e l’enorme Grimani, che è ora la sede della Corte d’Appello.

L’artista

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Canaletto era il soprannome di Giovanni Antonio Canal (Venezia 1697-1768), pittore italiano, famoso per le vedute di Venezia. La sua formazione artistica fu influenzata dall’attività del padre, scenografo di cultura barocca. Fu durante un viaggio a Roma compiuto al suo seguito (1719) che il giovane cominciò a dipingere paesaggi e vedute di rovine classiche, avvicinandosi a un genere pittorico che stava in quel momento conoscendo una crescente fortuna. Principali committenti erano i nobili inglesi impegnati nel Grand Tour, il lungo viaggio attraverso le principali città europee compiuto per perfezionare la propria istruzione: quadri dedicati a monumenti famosi e scorci caratteristici delle città italiane erano infatti richiesti come preziosi souvenir da riportare in patria.

LA PRIMA PRODUZIONE VENEZIANA

A Venezia il Canaletto perfezionò la sua arte e si affermò ben presto come uno dei più noti pittori di vedute: tra i soggetti più frequenti, il Canal Grande, San Marco, scene di regate e feste sull’acqua (come l’annuale Sposalizio del mare). La sua tecnica, innestata sulla tradizione coloristica e luministica veneziana (nella quale si distinguevano le figure di Marco Ricci e Luca Carlevarijs), si arricchì di una sicura conoscenza delle regole della prospettiva e di una cura per il particolare nitido e minuzioso, che egli derivò dai fiamminghi. L’evoluzione artistica del Canaletto è segnata da tappe abbastanza scandite. Nelle opere giovanili ricorrono colori scuri e saturi, con i quali vengono rese atmosfere umide, cieli bui, scene di imminente tempesta. La propensione per i contrasti chiaroscurali si nota del resto nella produzione di acqueforti, della quale famose furono la serie di 38 vedute eseguita nei primi anni Quaranta per il mercante d’arte Joseph Smith (ora a Windsor nelle Royal Collections) e le 24 vedute conservate nella collezione del duca di Bedford a Woburn Abbey. Le opere successive denotano invece uno stile pittorico più fluido e maturo, insieme a uno spostamento d’interesse verso la rappresentazione della piena luce solare e l’uso di colori brillanti. Ne sono splendidi esempi la Regata sul Canal Grande (1735-1741, National Gallery, Londra) e il Bacino di San Marco (1735-1740, Museum of Fine Arts, Boston).

LE OPERE LONDINESI

Nel 1746, quando la guerra di successione austriaca ridusse drasticamente l’afflusso di viaggiatori inglesi a Venezia, Canaletto si trasferì a Londra. In Inghilterra, dove rimase fino al 1755, dipinse vedute del Tamigi e della campagna, adattando felicemente la sua tecnica ai soggetti e alle atmosfere del paese. Appartengono al periodo inglese il Tamigi e la City dalla Richmond House e Whitehall e il Privy Garden (entrambi del 1746, Collezione Richmond e Gordon, Goodwood).

IL RITORNO A VENEZIA

Tornato a Venezia, Canaletto continuò a godere di un cospicuo successo e a ottenere importanti riconoscimenti (nel 1763 fu nominato membro dell’Accademia), anche se la produzione degli ultimi anni pare segnare una sorta di involuzione della sua arte, con toni approssimativi e una certa ripetitività di temi. La sua opera rimase comunque fondamentale sia per i contemporanei sia per le scuole pittoriche che seguirono: fu l’indiscusso capostipite del vedutismo veneto del Settecento e il suo influsso si risente fin nella pittura di paesaggio dell’Ottocento.

Curiosità

Nel dipinto Il ponte di Walton il Canaletto si è raffigurato nei panni dell’artista seduto sullo sgabello, intento a registrare fedelmente la scena e i personaggi di fronte a lui.

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Un’opera d’arte al mese #9 – Fienagione a Éragny

Buongiorno a tutti,

eccoci con il nuovo appuntamento della rubrica Un’opera d’arte al mese. Con il dipinto di oggi, che ho scelto perché rievoca i lavori estivi nei campi, torniamo all’Impressionismo, la mia corrente artistica preferita.

Titolo del dipinto

Fienagione a Éragny

Artista

Camille Pissarro

Anno di realizzazione

1901

Dimensioni

53 x 64 cm

Tecnica

Olio su tela

Dove si trova

The National Gallery of Canada

Curiosità

Pissarro fu l’unico artista a esporre i suoi dipinti in tutte le mostre impressioniste.

Il dipinto

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Nel 1884 Pissarro e la sua famiglia si trasferirono nei luoghi raffigurati in Fienagione a Éragny, sulle rive dell’Epte, un affluente della Senna. Quella zona si rivelò perfetta per catturare le bellissime scene di vita idilliaca campestre. Fu qui che il pittore visse fino alla fine dei suoi giorni.

L’artista

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Camille Pissarro (Saint-Thomas, Isole Vergini 1830 – Parigi 1903) fu un pittore impressionista francese originario delle Antille. A Parigi, dove studiò, entrò in contatto con il paesaggista Camille Corot e strinse amicizia con Monet, Renoir e Cézanne. Nel 1863, in rottura con l’accademismo ufficiale, espose al Salon des refusées a fianco di Jongkind, Manet e Whistler. Durante la guerra franco-prussiana (1870-71) si rifugiò in Inghilterra, dove si dedicò allo studio dell’arte, in particolare dei paesaggi di J.M.W. Turner.

Tra il 1874 e il 1896, dopo il ritorno in Francia, partecipò a tutte le mostre degli impressionisti, diventando il difensore dei giovani artisti, come Gauguin, Signac, Seurat. Tra le composizioni di questi anni, luminose e ben costruite, figurano Pontoise (1872, Louvre, Parigi) e I tetti rossi (1877, Musée d’Orsay, Parigi). Verso il 1885 sperimentò brevemente la tecnica del puntinismo, per poi tornare a uno stile impressionista più libero. Dedicò gli ultimi anni alle vedute di Parigi e di Rouen, tra cui si ricorda Place du Théâtre français (1898, Musée de Reims).

 

 

La corrente artistica

 

L’Impressionismo è una corrente artistica sviluppatasi in Francia nella seconda metà dell’Ottocento, nata dal rifiuto delle tradizioni pittoriche e scultorie contemporanee, a soggetto classico o sentimentale, e dello stile promosso dall’Accademia di belle arti di Parigi, tecnicamente meticoloso e incentrato sul lavoro in studio. Per estensione, il termine “impressionismo” è stato applicato anche a certa produzione musicale dell’inizio del XX secolo. Tra i principali pittori impressionisti si ricordano Edgar Degas, Claude Monet, Berthe Morisot, Camille Pissarro, Pierre-Auguste Renoir, Alfred Sisley e Jean-Frédéric Bazille.

I FONDAMENTI DELL’IMPRESSIONISMO

Tradizionalmente l’Accademia imponeva le direttive alle quali tutta l’arte francese avrebbe dovuto uniformarsi e allestiva le esposizioni del Salon di Parigi, organo ufficiale della promozione artistica e della formazione del gusto. Gli impressionisti rifiutarono questi dettami e queste costrizioni, preferendo ispirarsi alla natura e alla vita quotidiana piuttosto che alla classicità o alla storia aulica, e rigettando d’altra parte anche il sentimentalismo tardoromantico (vedi Romanticismo) allora in voga. Scelsero di lavorare all’aperto anziché in studio, interessandosi principalmente agli effetti della luce naturale.

Se la pratica accademica si fondava sull’accuratezza del disegno, la precisa descrizione dei dettagli, la perfetta definizione delle forme attraverso sfumature di colore e chiaroscuro, gli impressionisti, invece, elaborarono una tecnica pittorica in grado di riprodurre la percezione visiva del reale, nella quale i contorni non sono mai netti e i colori, colpiti dalla luce, appaiono vivi, spesso cangianti.

Il procedimento si fondava sulla stesura di brevi pennellate di pigmento puro, che giustapponevano perlopiù colori primari (rosso, giallo e blu), mettendoli in contrasto con i complementari (verde, viola, arancio ecc.): ne risultava un’immagine rozza e frammentaria se analizzata da vicino, ma straordinariamente efficace dalla consueta distanza d’osservazione, caratterizzata da una luminosità più accesa di quella solitamente prodotta mescolando i colori prima di applicarli alla tela.

FONTI: ENCARTA, CAPOLAVORI DELLA PITTURA

Un’opera d’arte al mese #8 – L’unione della terra con l’acqua

Ciao a tutti!

Eccoci qui con un nuovo appuntamento della rubrica Un’opera d’arte al mese (visto che se mi impegno riesco a non far scadere il mese? XD).

 

Titolo del dipinto

L’unione della terra con l’acqua

Artista

Peter Paul Rubens

Anno di realizzazione

1618

Dimensioni

222x 180 cm

Tecnica

Olio su tela

Dove si trova

Museo dell’Hermitage, San Pietroburgo, Russia

Curiosità

Nel dipinto la languida posa di Cibele, la dea della terra, si ispira a una statua dello scultore greco Prassitele, intitolata Satiro in riposo. Di sicuro Rubens vide una copia romana di quest’opera mentre si trovava in Italia. Lo scultore era famoso per le sue pose a S in cui il corpo si curva e la contempo di inclina, donando alla figura linee aggraziate, effetto difficile da rendere sul marmo.

Il dipinto

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In passato era normale ricorrere alla mitologia classica per rappresentare allegorie politiche o religiose. In questo caso si tratta di una sorta di storia d’amore, con Netturno e Cibele che si tengono per mano, a voler significare un’unione tra la città e il mare. I corpi delle due divinità, perfettamente simmetrici, rivolti l’uno verso l’altro in armonia, quasi attorcigliati tra loro, danno al dipinto un movimento a spirale. Si tratta di una scena felice e il messaggio è chiaro: la pace porta prosperità. Nella fattispecie Cibele rappresentava Antwerp, la città più importante delle Fiandre, e Nettuno rappresentava lo Sheldt, il fiume da cui Antwerp dipendeva per l’accesso al mare. Gli olandesi all’epoca avevano bloccato la strada: senza questo accesso, le fiandre non potevano commerciare e senza commercio la loro economia sarebbe andata in rovina.

L’opera venne venduta all’asta a Parigi nel 1775 a un prezzo relativamente basso a causa di controversie sulla sua autenticità. Il Museo dell’Hermitage, fondato nel 1746, acquistò l’opera sotto l’autorità di Paolo I, successore della madre Caterina la Grande nel 1796.

L’artista

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Peter Paul Rubens (Siegen, Vestfalia 1577 – Anversa 1640) fu un pittore fiammingo. Il suo stile contribuì a determinare gli aspetti più esuberanti, voluttuosi e vivaci della pittura barocca. Combinando la pennellata vigorosa, i colori luminosi e la luce della scuola veneziana con il vigore dell’arte di Michelangelo e il dinamismo formale della scultura ellenistica, Rubens creò uno stile vibrante, la cui forza emana dalla tensione tra lo spirito razionale e quello emozionale, tra il classico e il romantico. La sua opera influenzò artisti come Jean-Antoine Watteau, Eugène Delacroix e Pierre-Auguste Renoir.

Svolse l’apprendistato ad Anversa, presso Tobias Verhaecht, Adam van Noort e Otto van Veen, tre pittori fiamminghi minori, influenzati dal manierismo della scuola fiorentina e romana del XVI secolo. Nel 1598, all’età di ventuno anni, ottenne il rango di maestro pittore presso la gilda di San Luca di Anversa. In seguito, com’era costume per gli artisti nordeuropei del tempo, Rubens viaggiò in Italia, centro dell’arte europea nei due secoli precedenti. Giunto a Venezia nel 1600, fu particolarmente suggestionato dai dipinti di Tiziano, Paolo Veronese e Tintoretto; successivamente, nel periodo in cui visse a Roma, trasse ispirazione dalle opere di Michelangelo e di Raffaello, nonché dalle sculture greco-romane.

Rubens fu per circa nove anni presso Vincenzo Gonzaga, duca di Mantova, per il quale, oltre a eseguire opere originali (Adorazione dei pastori, 1608, San Filippo, Fermo), copiò alcuni dipinti rinascimentali della collezione privata e svolse funzioni diplomatiche presso Filippo III di Spagna. Durante il periodo italiano risentì dell’influenza delle prime opere barocche di Annibale Carracci e di Caravaggio, ed entrò in contatto con i principali intellettuali del tempo.

Nel 1609, tornato nelle Fiandre, Rubens, che in Italia aveva dato vita a una delle prime espressioni del barocco, divenne pittore di corte dell’arciduca Alberto, viceré dei Paesi Bassi. Per far fronte alle numerose commissioni creò una grande bottega, che svolse un ruolo fondamentale per la sua produzione e fu frequentata dai più insigni artisti dell’epoca. Rubens solitamente dipingeva lo schizzo iniziale ed eseguiva la parte finale dell’opera, lasciando ai collaboratori l’esecuzione delle fasi intermedie. Molte opere gli vennero commissionate dalla Chiesa fiamminga proprio per le emozionanti interpretazioni che sapeva dare degli eventi religiosi; gli esempi più significativi sono il Trittico dell’Erezione della Croce (1610-1611) e la Discesa dalla Croce (1611-1614), entrambi nella Cattedrale di Anversa. Tra il 1622 e il 1630 Rubens svolse numerose missioni diplomatiche. Durante una visita alla corte di Francia nel 1622, la regina Maria de’ Medici gli commissionò, per il Palazzo del Lussemburgo, una serie di 21 grandi dipinti allegorici ispirati alla propria vita, completati nel 1625: Storie di Maria de’ Medici (Louvre, Parigi).

Inviato a Madrid dal viceré dei Paesi Bassi tra il 1628 e il 1629, ricevette dal re di Spagna Filippo IV incarichi di corte e diverse commissioni, esercitando, con le sue opere, una forte influenza sul giovane Diego Velázquez. In occasione di una successiva missione a Londra fu nominato cavaliere da Carlo I, per il quale eseguì diversi dipinti e compose gli schizzi preparatori per il soffitto della Banqueting House a Whitehall Palace.

Nell’ultimo decennio della sua vita, trascorso nelle Fiandre, lavorò intensamente per gli Asburgo, oltre a ritrarre la famiglia e la campagna fiamminga. Di questo periodo sono i dipinti Giardino d’amore (1635, Prado, Madrid), Paesaggio con arcobaleno (1636, Alte Pinakothek, Monaco) e Ritratto di Hélène Fourment e di due suoi figli (1635-1638, Louvre).

Una delle sue ultime opere è il famoso Giudizio di Paride (1635-1637 ca., National Gallery, Londra). In quest’opera, dove Paride deve scegliere la più bella tra Era, Atena e Afrodite, la ricchezza della creazione è simboleggiata dalla sensualità delle tre dee e dal verdeggiante paesaggio dello sfondo. I colori lussureggianti, lo scintillio di luci e ombre, la pennellata sensuale e l’elegante composizione contribuiscono al significato della narrazione.

Curiosità

Rubens fu un artista incredibilmente prolifico in molti ambiti, tanto che si è rivelato molto difficile fare un elenco di tutte le sue opere. Il tentativo più recente di pubblicarle è iniziato nel 1968 ed è ancora in corso.

La corrente artistica

BAROCCO

Il barocco è stato lo stile dominante nell’arte e nell’architettura dei paesi europei e di alcune colonie delle Americhe nel periodo approssimativamente compreso tra il 1600 e il 1750. Manifestazioni del barocco sono presenti nell’arte di quasi tutte le nazioni europee, e particolarmente in Italia e in Spagna, così come negli insediamenti spagnoli e portoghesi delle Americhe. Il termine si riferisce anche a molta parte della letteratura, alla musica e alla danza prodotte nello stesso periodo.

Educazione di Giove, Jacob Jordaens.

Educazione di Giove.

IL CONTESTO E LE RAGIONI DI UNO STILE

Il XVII secolo segnò la nascita della scienza moderna e vide la progressiva espansione degli imperi coloniali europei. Questi cambiamenti influenzarono non poco lo sviluppo delle arti, al pari di altri grandi eventi storici, quali la Controriforma e il consolidamento degli stati nazionali a opera di grandi monarchi come Luigi XIV. Gli studi e la divulgazione degli scritti di Galileo spiegano la precisione quasi ‘matematica’ riscontrabile in molte opere figurative dell’epoca, così come l’affermazione del sistema copernicano, che priva l’uomo della centralità nell’universo riservatagli dal sistema tolemaico fino ad allora invalso, si tradusse nel trionfo della pittura di paesaggio, nella quale le presenze umane si riducono fino a scomparire. La fondazione delle colonie e il conseguente sviluppo di nuovi commerci indusse inoltre a descrivere numerosi luoghi e culture esotici fino ad allora sconosciuti.

Le controversie e i movimenti religiosi influenzarono profondamente l’arte barocca. La Chiesa cattolica divenne uno dei più convinti mecenati e la Controriforma contribuì alla nascita di un’arte emozionale, drammatica e naturalistica, dalla quale traspare una chiara volontà di divulgazione della fede.

Lo sfarzo, la volontà di stupire, il gusto per la sottigliezza e il paradosso portarono spesso nell’arte a una drammatizzazione delle situazioni e degli episodi e a un’esasperazione dei caratteri psicologici; quando tali tendenze non furono energicamente contrastate dall’opposta e altrettanto forte esigenza di ordine e solidità. Il mondo fu percepito come un teatro nel quale l’individuo, spinto ad agire secondo logica e razionalità tra evidenze sensibili, vive tuttavia con la consapevolezza che il proprio destino è riposto nella imperscrutabile grazia divina.

Martirio di San Lorenzo, Valentine de Boulogne.

Martirio di San Lorenzo, Valentine de Boulogne.

LE CARATTERISTICHE DELLO STILE BAROCCO

Movimento, energia e tensione sono fra le caratteristiche principali dell’arte barocca; forti contrasti di luce e ombra accentuano l’effetto drammatico di dipinti, sculture e opere architettoniche. Nei quadri, negli affreschi, nei rilievi e nelle statue barocche vi sono inoltre spesso elementi che suggeriscono una proiezione verso lo spazio circostante, indistinto e infinito, grazie anche a un’attenta resa volumetrica e prospettica. La tendenzanaturalistica è un’altra componente fondamentale dell’arte barocca; le figure umane ritratte non sono stereotipi, bensì individui, ognuno ben caratterizzato. Gli artisti di questo periodo erano affascinati dagli intimi meccanismi della mente e dalle convulse passioni dell’anima, che vollero ritrarre attraverso le caratteristiche fisiognomiche dei loro soggetti. Un senso di intensa spiritualità è presente in molte opere, in particolare nelle rappresentazioni di estasi, martiri o apparizioni miracolose, soprattutto a opera di artisti di paesi cattolici come l’Italia, la Spagna e la Francia. L’intensità, l’immediatezza, la cura per il dettaglio dell’arte barocca ne fanno tuttora uno degli stili più coinvolgenti per lo spettatore in tutto l’arco dell’arte occidentale.

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Abramo e i tre angeli, Domenico Guidobono

 

Fonti: Encarta, Wikipedia, Capolavori della pittura

Un’opera d’arte al mese #7 – Il carro da fieno

Salve amici,

eccoci al nuovo appuntamento della rubrica Un’opera d’arte al mese. Vista l’estate imminente ho scelto un quadro capace di catapultare l’osservatore nell’atmosfera verdeggiante di un paesaggio campagnolo.

Titolo del dipinto

Il carro da fieno

Artista

John Constable

Anno di realizzazione

1821

Dimensioni

130 x 185 cm

Tecnica

Olio su tela

Dove si trova

National Gallery, Londra, Inghilterra

Curiosità

Sebbene Il carro da fieno evochi una scena pastorale del Suffolk, in realtà fu creato nello studio londinese di Constable. L’artista realizzò una serie di schizzi all’aperto di alcuni elementi della scena, che poi utilizzò nel suo studio per realizzare il dipinto finale.

Il dipinto

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Il carro da fieno rappresenta una scena agreste di grande calma, in cui è raffigurato un carro agricolo che attraversa un fiumiciattolo vicino al mulino di Flatford, nell’Inghilterra rurale; sulla sinistra vediamo il cottage di Willy Lott, che apparteneva al padre di Constable e dove l’artista è cresciuto. Dall’altra parte del fiume, in lontananza, sulla destra, si può notare un gruppo di falciatori di fieno. L’autore fece degli studi scientifici sulla formazione delle nuvole, per poterle rappresentare al meglio, ben consapevole che esse potevano esprimere in maniera precisa lo stato d’animo di un paesaggio.

Qualche curiosità

  • Il cane, il pescatore e la barca raffigurati nel dipinto Il carro da fieno esistono come schizzi separtati e appaiono spesso nelle altre opere di Constable.
  • La rappresentazione del paesaggio straordinariamente fresca spinse lo scrittore francese Stendhal a definirla lo specchio della natura.

L’artista

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John Constable (East Bergholt, Suffolk 1776 – Londra 1837) fu un pittore britannico, maestro della pittura paesaggistica di stile romantico. Dal 1799 frequentò la Royal Academy di Londra, dove apprese a dipingere copiando opere di Jacob van Ruisdael, Claude Lorrain e altri maestri. Nel 1802 espose i primi quadri di paesaggi; in seguito, studiando autonomamente la pittura e la vita rurale inglese, elaborò uno stile inconfondibilmente personale.

Si staccò dalla tradizione pittorica dell’arte inglese e olandese e cercò effetti di luce più naturali e brillanti attraverso l’uso del colore a macchie. Era affascinato dai riflessi dell’acqua e dai colori delle nuvole, e su questi soggetti realizzò molti studi. La maggior parte delle sue opere ritrae i luoghi in cui amava dipingere all’aria aperta, anche se solitamente terminava le tele in studio.

In Inghilterra l’opera di Constable cominciò a essere apprezzata solo molti anni dopo la sua morte, mentre in Francia, dove il suo famoso Carro di fieno (1821, National Gallery, Londra) era stato esposto a Parigi nel 1824, era molto stimata, in particolare dal pittore romantico Eugène Delacroix, dai pittori della scuola di Barbizon, che seguendo il suo esempio cominciarono a dipingere all’aria aperta, e dagli impressionisti, che come lui cercavano di catturare gli effetti della luce e che furono indirettamente influenzati dai suoi schizzi ad acquerello.

Tra le opere di Constable vanno ricordate Costruzione di barche presso il mulino di Flatford (1814-15, Victoria and Albert Museum, Londra), Il cavallo bianco (1819, Frick Collection, New York), Campo di grano (1826) e La cattedrale di Salisbury vista dai prati (1831), entrambe alla National Gallery di Londra. Alcuni dipinti precedentemente attribuiti a Constable sono in realtà opera del figlio Lionel.

La corrente artistica

Romanticismo (arte)

Movimento europeo e statunitense che coinvolse il mondo artistico e culturale in un periodo che spazia, molto approssimativamente, tra il 1800 e il 1850.

Per quanto non possa essere identificato con un singolo stile, con una tecnica particolare o un atteggiamento univoco da parte dei suoi esponenti, si può dire che il romanticismo fu in generale caratterizzato da un approccio soggettivo al fatto artistico, dall’intento di esprimere attraverso l’opera emozioni e sentimenti, attingendo a una vivida immaginazione o a una dimensione onirica e visionaria. Tanto l’arte classica e neoclassica, che dominò i decenni precedenti, appariva improntata a equilibrio e sobrietà, compiuta e lineare nelle forme e nelle composizioni, tanto quella romantica privilegiò rappresentazioni fortemente suggestive, in cui venivano trasposte sensazioni intense e inquietudini spirituali o mistiche.

Nella difficoltà di trovare una definizione univoca ed esaustiva, molti critici e artisti misero in luce di volta in volta gli aspetti che consideravano maggiormente caratterizzanti: lo scrittore tedesco E.T.A. Hoffmann, ad esempio, affermò che la vera essenza del romanticismo non era che “brama d’infinito”. Nella scelta dei soggetti, gli artisti romantici mostrarono una profonda attrazione per la natura, soprattutto per i suoi aspetti selvaggi e misteriosi; e in generale si rivolsero a soggetti esotici, malinconici o melodrammatici, atti a evocare terrore o emozioni violente, coinvolgenti.

Intorno alla metà del XIX secolo, la pittura romantica sembrò progressivamente abbandonare il fervore che l’aveva caratterizzata ai suoi esordi. Tra i risultati migliori del tardo romanticismo sono da ricordare i pacati paesaggi della francese scuola di Barbizon, della quale facevano parte, tra gli altri, Camille Corot e Théodore Rousseau. In Inghilterra, dopo il 1850 i preraffaelliti ripresero gli esperimenti figurativi dei Nazareni tedeschi, insieme ai loro stessi presupposti ideali: intento comune era riportare l’arte religiosa alla purezza e spontaneità medievale.

Fonti: Encarta, Wikipedia, Capolavori della lettura

Un’opera d’arte al mese #6 – Il monte Snowdon da Llyn Nantlle

Buongiorno amici,
eccoci al nuovo appuntamento della rubrica Un’opera d’arte al mese. Quest’oggi parliamo di un dipinto di Richard Wilson, il primo grande paesaggista inglese.

Titolo del dipinto

Il monte Snowdon da Llyn Nantlle

Artista

Richard Wilson

Anno di realizzazione

1765

Dimensioni

101 x 127 cm

Tecnica
Olio su tela

Dove si trova

Walker Art Gallery, Liverpool, Inghilterra

Il dipinto

Richard_Wilson_-_View_of_Snowdon_from_Llyn_Nantlle_-_WGA25772 Il monte Snowdon da Llyn Nantlle fu dipinto per William Vaughn of Corsygedol, un ricco proprietario terriero. Il quadro rimase della famiglia Vaughn fino al 1930, quando fu venduto ai mercanti d’arte Agnew che a loro volta lo cedettero al Walker Art Gallery di Liverpool per 950 sterline.
In quest’opera si percepisce una sensazione di grande tranquillità, data dai toni tenui del colore e dell’armonia degli elementi che la compongono.
Grazie alla straordinaria abilità da paesaggista di Wilson, in questo dipinto – come in altri del genere dipinti dall’autore – ogni elemento naturale della scena è ritratto in modo non meramente realistico ma tale da creare un effetto visivo particolare. La bellezza dello Snowdon è disposta in modo da soddisfare l’occhio dell’artista, con un risultato incantevole e poetico.

L’artista

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Richard Wilson (Montgomeryshire, 1º agosto 1714 – Denbighshire, 15 maggio 1782) è stato un pittore gallese e uno dei membri fondatori della Royal Academy nel 1768. Wilson è stato descritto come “il pittore più meritorio che il Galles abbia mai prodotto e il primo ad apprezzare le possibilità estetiche del suo paese”. Wilson è considerato il padre della pittura di paesaggi in Gran Bretagna.
Wilson nacque a Penegoes (Montgomeryshire, nel Galles), figlio di un chierico appartenente ad un’antica e rispettata famiglia. Primo cugino di Charles Pratt, 1st Earl Camden.
Nel 1729 si spostò a Londra dove iniziò l’attività di pittore ritrattista sotto la guida di un artista misconosciuto: Thomas Wright. Dal 1750 al 1757 si recò in Italia e a Venezia, su consiglio di Francesco Zuccarelli, abbracciò la pittura paesaggistica; a Roma fu poi influenzato da Claude Lorrain e dal gruppo di paesaggisti d’oltralpe operanti in città.
Disegnando in Italia e dal 1757 in Inghilterra, fu il primo importante pittore britannico a dedicarsi principalmente ai panorami.
I suoi paesaggi influenzarono Constable e Turner. Nel 1768 fu uno dei membri fondatori della Royal Academy, Somerset House.
Wilson morì a Colomendy, nel Denbighshire, e fu sepolto nel camposanto della chiesa della Vergine Santa Maria di Mold, Flintshire.

Curiosità

Il successo gli diede alla testa, tanto che si guadagnò la reputazione di persona arrogante e perse molti ricchi clienti, cadendo in disgrazia. Un decennio più tardi la fondazione della Royal Academy, Wilson, ormai ridotto in povertà, finì per lavorarvi come bibliotecario.

Fonti: Encarta, Capolavori della pittura

Un’opera d’arte al mese #5: La stella

Buongiorno amici,

per la rubrica Un’opera d’arte al mese, questo mese parliamo del dipinto La stella di uno dei pittori che preferisco: Edgar Degas.

Titolo del dipinto

La stella

Artista

Edgar Degas

Anno di realizzazione

Tra il 1876 e il 1877

Dimensioni

60 x 43 cm

Tecnica

Pastello su carta

Dove si trova

Musée d’Orsay, Parigi, Francia

Curiosità

Esistono numerosi titoli per questo dipinto, anche se il più conosciuto è La stella. Gli altri sono: La danzatrice sul palco, Prima ballerina e, semplicemente, Balletto.

Il dipinto

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Sotto i riflettori di un palcoscenico, la prima ballerina esegue il pas seul. Edgar Degas osserva e coglie questo momento. La bellezza di questa immagine femminile risalta ancora di più per il modo in cui l’artista contrappone l’azione principale ai colori pesanti e vividi dello sfondo.

La ballerina fluttua con leggiadria, ancorata al suolo per mezzo della delicata gamba flessa. I suoi occhi sono messi nell’ombra dalle luci del palcoscenico. La scena è ripresa da un’angolazione obliqua e dall’alto, come se l’osservatore si trovasse a teatro. Il pesante sfondo, il quadrante vuoto del palco e l’angolazione particolare danno maggiore energia al movimento del soggetto.

Per quanto riguarda la tecnica, Degas utilizza i pastelli. Con essi egli era in grado di applicare il colore velocemente e con efficacia, aggiungendo contemporaneamente linee e toni. La leggerezza data dal bianco della ballerina contrasta con i tratti vibranti, le macchie e le ombre nei fondali del palco. Questa zona, che a prima vista appare confusa, a un’attenta osservazione mostra la figura di un gentiluomo che attende dietro le quinte e le punte bianche delle scarpette di altre ballerine che attendono di entrare in scena.

L’autore

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Edgar Degas (Parigi 1834-1917) fu un pittore e scultore francese. La sua formazione artistica si compì presso un allievo del pittore neoclassico Jean-Auguste-Dominique Ingres, dal quale apprese la tecnica del disegno, determinante poi per tutta la sua opera; frequentò inoltre l’Ecole des Beaux-Arts e compì un importante viaggio di studio in Italia.

Dopo i primi dipinti di soggetto storico approdò a una pittura nuova e personale con l’olio La famiglia Bellelli (1862, Louvre, Parigi), nel quale la compostezza e la monumentalità classica delle figure si accompagnano alla descrizione realistica di una situazione e di un ambiente familiare.

Sebbene sia di solito considerato un impressionista e abbia contribuito con le sue tele a ben sette mostre del gruppo (a partire dal 1874), Degas mantenne posizioni artistiche indipendenti: ad esempio, nella preferenza accordata al lavoro in studio rispetto al “plein air” e nel disinteresse per la luce naturale. Fatta eccezione per le opere ispirate al mondo dell’ippica (All’ippodromo, 1869-1872, Louvre, Parigi), i suoi quadri riproducono perlopiù interni: teatri, caffè (L’assenzio, 1876, Musée d’Orsay, Parigi), bordelli.

Attento osservatore dell’umanità (predilesse i soggetti femminili), nei suoi studi e ritratti di ballerine (La scuola di danza, 1874, Louvre, Parigi; L’étoile o La danzatrice in scena, 1878, Musée d’Orsay, Parigi), modiste, lavandaie, stiratrici (Due stiratrici, 1884, Louvre, Parigi), donne intente alla toilette quotidiana (Donna nella tinozza che si spugna la nuca, 1886, Musée d’Orsay, Parigi) cercò di rappresentare pose e atteggiamenti spontanei, quasi immagini fugacemente rubate alla realtà.

Lo studio delle stampe giapponesi, introdotte a Parigi dall’incisore Braquemond, gli suggerì visuali inconsuete e composizioni asimmetriche, con le figure raggruppate ai margini della tela: come in Donna con crisantemi (1865, Metropolitan Museum of Art, New York), quadro dominato dal grande mazzo di fiori al centro, che quasi fa dimenticare la figura femminile relegata in un angolo.

Negli anni Ottanta, in seguito all’indebolimento della vista, Degas si dedicò sempre più al pastello e alla scultura, tecniche che consentono stili espressivi non vincolati alla precisione rappresentativa, senza perdere in impatto emotivo. Nei pastelli ricorrono composizioni semplici, con poche figure, che si affidano, per eloquenza ed espressività, a colori e gesti (Dopo il bagno, donna che si asciuga la nuca, 1898 ca., Musée d’Orsay, Parigi).

Le sculture rendono il movimento e la fisicità dei soggetti nella loro immediatezza: nel bronzo Ballerina di quattordici anni (1880, Musée d’Orsay, Parigi), lo scrupolo di riproduzione realistica si traduce, oltre che nella resa “istantanea” di un atteggiamento e un’espressione naturali, nella presenza inedita di vero tulle per il tutù e di un vero nastro di raso annodato sulla treccia dei capelli.

La corrente artistica

L’Impressionismo è una corrente artistica sviluppatasi in Francia nella seconda metà dell’Ottocento, nata dal rifiuto delle tradizioni pittoriche e scultorie contemporanee, a soggetto classico o sentimentale, e dello stile promosso dall’Accademia di belle arti di Parigi, tecnicamente meticoloso e incentrato sul lavoro in studio. Per estensione, il termine “impressionismo” è stato applicato anche a certa produzione musicale dell’inizio del XX secolo. Tra i principali pittori impressionisti si ricordano Edgar Degas, Claude Monet, Berthe Morisot, Camille Pissarro, Pierre-Auguste Renoir, Alfred Sisley e Jean-Frédéric Bazille.

I FONDAMENTI DELL’IMPRESSIONISMO

Tradizionalmente l’Accademia imponeva le direttive alle quali tutta l’arte francese avrebbe dovuto uniformarsi e allestiva le esposizioni del Salon di Parigi, organo ufficiale della promozione artistica e della formazione del gusto. Gli impressionisti rifiutarono questi dettami e queste costrizioni, preferendo ispirarsi alla natura e alla vita quotidiana piuttosto che alla classicità o alla storia aulica, e rigettando d’altra parte anche il sentimentalismo tardoromantico (vedi Romanticismo) allora in voga. Scelsero di lavorare all’aperto anziché in studio, interessandosi principalmente agli effetti della luce naturale.

Se la pratica accademica si fondava sull’accuratezza del disegno, la precisa descrizione dei dettagli, la perfetta definizione delle forme attraverso sfumature di colore e chiaroscuro, gli impressionisti, invece, elaborarono una tecnica pittorica in grado di riprodurre la percezione visiva del reale, nella quale i contorni non sono mai netti e i colori, colpiti dalla luce, appaiono vivi, spesso cangianti.

Il procedimento si fondava sulla stesura di brevi pennellate di pigmento puro, che giustapponevano perlopiù colori primari (rosso, giallo e blu), mettendoli in contrasto con i complementari (verde, viola, arancio ecc.): ne risultava un’immagine rozza e frammentaria se analizzata da vicino, ma straordinariamente efficace dalla consueta distanza d’osservazione, caratterizzata da una luminosità più accesa di quella solitamente prodotta mescolando i colori prima di applicarli alla tela.

FONTI: ENCARTA, CAPOLAVORI DELLA PITTURA

Un’opera d’arte al mese #4: La Gioconda

Ciao a tutti.

Oggi parliamo di nuovo d’arte con la rubrica Un’opera d’arte al mese. Questa volta sotto i riflettori c’è La Gioconda, dipinto celeberrimo.

 

 

Titolo del dipinto

La Gioconda

Artista

Leonardo da Vinci

Anno di realizzazione

Tra il 1502 e il 1506

Dimensioni

77 x 53 cm

Tecnica

Olio su legno di pioppo

Dove si trova

Museo del Louvre a Parigi, Francia

Curiosità

La Gioconda non è assicurata, poiché inestimabile. Appartiene allo Stato francese che è anche il suo assicuratore.

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Il dipinto

 

Esso raffigura una donna seduta, con indosso gli abiti fiorentini dell’epoca, su uno sfondo di montagne immaginario. Lo sguardo realistico della Gioconda e il suo sorriso enigmatico suscitano curiosità da secoli. Alcuni storici ritengono che la donna indossi abiti da lutto, il che spiegherebbe il velo di tristezza nel suo sorriso.

Ma chi era davvero Monna Lisa?

Un commerciante fiorentino commissionò a Leonardo un ritratto della moglie Lisa Gherardini, per festeggiare la nascita del terzo figlio. L’artista cominciò a lavorare sul quadro intorno al 1502 e, sebbene fosse già terminato dopo quattro anni, continuò a lavorarci per tutta la vita cambiando alcuni dettagli.

Il metodo di Leonardo ha disorientato a lungo gli storici dell’arte. Alcune analisi hanno dimostrato che l’artista ha usato delle pennellate minuscole per creare profondità con il tratteggio incrociato dei tocchi di pennello. Probabilmente egli ha fatto uso di una lente di ingrandimento durante il lavoro. Sul volto della Gioconda ci sono ben trenta strati di colore. Sfumando i colori con una tecnica propria della sua pittura, lo sfumato, Leonardo è riuscito a dare l’impressione di una donna reale, viva.

 

Curiosità

Utilizzando uno scanner sofisticato alcuni ricercatori canadesi sono riusciti a realizzare una radiografia del dipinto e hanno scoperto che la Gioconda originariamente aveva i capelli legati in una crocchia. Questo elemento si discosta molto dalla posa attuale in cui i capelli ricadono sulle spalle: una pettinatura usata dalle donne di facili costumi e certo non adatta a definire la devota Lisa Gherardini, moglie del committente.

 

 

L’autore

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Leonardo da Vinci (Vinci, Firenze 1452 – Castello di Cloux, Amboise 1519) fu un pittore, scultore, architetto, ingegnere e scienziato italiano, fu uno degli artefici del Rinascimento. L’amore per la conoscenza e la ricerca segnarono profondamente la sua produzione artistica e scientifica. Le innovazioni che portò nella pittura influenzarono l’arte italiana per oltre un secolo e i suoi studi scientifici, soprattutto di anatomia, ottica e idraulica, anticiparono molte conquiste della scienza moderna.

Leonardo era figlio naturale del notaio Piero di Antonio, che si preoccupò di dargli un’ottima educazione, anche musicale. Verso il 1469 entrò nella bottega del pittore e scultore allora più famoso di Firenze, Andrea del Verrocchio, grazie al quale acquisì una vasta esperienza, sia come pittore di pale d’altare e quadri su tavola, sia come ideatore di sculture in marmo e bronzo.

Nel 1472 era già iscritto alla Compagnia di San Luca, la corporazione dei pittori fiorentini, ma la collaborazione con il Verrocchio proseguì almeno fino al 1476. Nel celebre Battesimo di Cristo (1475-1478, Uffizi, Firenze), attribuito al Verrocchio e a un altro pittore, forse Sandro Botticelli, si riconosce la mano di Leonardo in alcuni rifacimenti del paesaggio e nell’angelo inginocchiato a sinistra.

Nel 1478 Leonardo aprì una propria bottega e ricevette alcune importanti commissioni. I monaci di San Donato a Scopeto (Firenze) lo incaricarono di dipingere un’Adorazione dei Magi (oggi agli Uffizi), iniziata nel 1481 e mai terminata. Altre opere giovanili sono il ritratto di Ginevra Benci (1474 ca., National Gallery, Washington), l’Annunciazione degli Uffizi (1472-1475; ne esiste anche una seconda versione, più tarda, al Louvre), la Madonna Benois (1478 ca., Ermitage, San Pietroburgo), la Madonna del garofano (1478-1480, Alte Pinakothek, Monaco) e il San Girolamo (1481 ca., Pinacoteca Vaticana, Roma), anch’esso incompiuto.

Intorno al 1482 Leonardo entrò al servizio di Ludovico il Moro, duca di Milano, dopo avergli scritto una celebre lettera in cui offriva la sua opera per costruire forti, ponti e macchine da guerra, oltre che per dipingere e scolpire. Prese parte come ingegnere alle campagne militari del duca e progettò anche numerosi apparati per feste e celebrazioni. Inoltre collaborò con il noto matematico Luca Pacioli al famoso trattato di estetica De divina proportione (1509), nel quale è esposta la teoria della sezione aurea.

Dal 1495 al 1497 fu impegnato in un’opera d’importanza capitale per la storia della pittura, l’Ultima Cena, affrescata su una parete del refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie a Milano.

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Nel 1502, in qualità di ingegnere militare, Leonardo entrò al servizio di Cesare Borgia, duca di Romagna e figlio del papa Alessandro VI, che per diversi mesi seguì in Romagna e in Umbria. Nella primavera del 1503 tornò a Firenze, dove ricevette la commissione di un grande affresco raffigurante la Battaglia di Anghiari per il Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio. L’opera non fu mai terminata, tuttavia Leonardo eseguì il cartone, che fu studiato dai maggiori artisti fino al Settecento, quando andò distrutto.

Risalgono agli ultimi anni il dipinto Sant’Anna, la Madonna, il Bambino e san Giovannino (1501-1510 ca., Louvre, Parigi), per il quale aveva già eseguito un cartone nel 1498 ca. (National Gallery, Londra), e la seconda versione della Vergine delle rocce (realizzata con collaboratori; 1506 ca. – 1508, National Gallery, Londra). Tra il 1514 e il 1516 soggiornò a Roma, sotto la protezione del cardinale Giuliano de’ Medici, e si dedicò soprattutto agli esperimenti scientifici. Dal 1517 visse in Francia al servizio del re Francesco I.

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Lo sapevi?

“Uomo universale”, sperimentatore a tutto campo dello scibile umano, Leonardo non poteva non cimentarsi anche in campo letterario. Tra i numerosi scritti di carattere tecnico e scientifico si trovano infatti, non organizzati razionalmente, ma sparsi tra le varie carte, anche testi prosastici di intento narrativo, come le Facezie, alcune Favole, una sorta di Bestiario, oltre a molteplici annotazioni varie. Tutta la produzione scritta di Leonardo è in volgare, giacché lui stesso si definisce, in una pagina del Codice Atlantico, “omo sanza lettere”, ovvero non conoscitore del latino.

Le Favole, in particolare, rivelano nella loro densa brevità espressiva un intenso significato moraleggiante, che lascia intravedere il fondamentale pessimismo leonardesco riguardo alla felicità dell’essenza della natura umana. Le fonti di questi testi derivano dalla tradizione favolistica popolare come anche dalla diretta e curiosa osservazione della realtà.

 

 

La corrente artistica

Il Rinascimento è il periodo della storia dell’arte compreso tra il XV e il XVI secolo, corrispondente allo sviluppo del Rinascimento inteso come più ampia categoria storiografica. Interessò gli ambiti della pittura, della scultura e dell’architettura e le arti cosiddette minori. I principi base di questa “rinascita”, descritta e celebrata da Giorgio Vasari nelle sue Vite (1550), furono il ritorno alle forme classiche dell’arte romana antica, l’adozione di un metodo “sperimentale” nello studio della natura e la concezione dell’individuo come misura e centro dell’universo.

Pittori, scultori e architetti si avvalsero per la prima volta di ricerche di anatomia, ottica, matematica e geometria, trasponendone i risultati nella loro arte. La più rilevante novità consistette nell’elaborazione della prospettiva matematica (o lineare), un metodo di descrizione figurativa del reale che consente di correlare tutte le parti della composizione artistica entro rapporti e proporzioni reciproche, all’apparenza perfettamente rispondenti alla visione effettiva.

La nascita di Venere, Botticelli.

La nascita di Venere, Botticelli.

Gli artisti rinascimentali, come i navigatori e gli esploratori loro contemporanei, furono mossi da spirito d’avventura e desiderio di conoscenza: iniziarono a pensare alla loro opera come a un osservatorio privilegiato sul mondo, che doveva dunque essere raffigurato con rigore realistico. Così, ad esempio, la rappresentazione del paesaggio, incentrata nella pittura precedente sulla precisa descrizione di singoli elementi (alberi, fiori, piante, animali, costruzioni) considerati a sé stanti, diede luogo a vedute articolate ma armoniche, in cui oggetti e personaggi sono coordinati tra loro dalle leggi della prospettiva. Tipica figura di artista-scienziato fu Leonardo da Vinci, che come Cristoforo Colombo scoprì, attraverso le sue opere, mondi ancora inesplorati. Nelle arti plastiche e figurative, i soggetti furono spesso tratti dalla mitologia classica e dalla tradizione giudaico-cristiana; non di rado, tuttavia, vennero raffigurati anche eventi storici.

La fine del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento furono dominati dalle figure di Leonardo e Michelangelo. A Firenze, nel 1501 Michelangelo iniziava a scolpire il marmoreo David (1501-1504, Accademia, Firenze), che divenne presto riferimento ineludibile per tutta la scultura posteriore. Nella tradizione iconografica, il David era sempre stato raffigurato nel momento dell’azione; Michelangelo decise invece di rappresentare l’attimo precedente il lancio della pietra, sottolineando così la decisione, la scelta. Analoga attenzione alle pieghe della psicologia umana fu all’origine, anche se all’interno di un contesto completamente diverso, dell’affresco dell’Ultima cena (1495-1497, Santa Maria delle Grazie, Milano) di Leonardo, in cui viene colto lo stupore degli apostoli nell’attimo immediatamente successivo all’annuncio di Cristo che uno degli apostoli lo avrebbe tradito.

Con l’ascesa al soglio pontificio di Giulio II (1503), Roma divenne il più importante centro dell’arte e dell’architettura rinascimentali. Alla corte papale lavorarono, tra gli altri, Bramante, Michelangelo e Raffaello. Bramante fu autore di un progetto per la nuova Basilica di San Pietro (1506 ca.), da costruire sulle vestigia dell’antica basilica costantiniana, in cui prevedeva pianta a croce greca (con i bracci della stessa lunghezza) dominata da una cupola centrale.

Dopo la morte di Bramante nel 1514, il dibattito sull’opportunità di adottare la pianta centrale per la chiesa più grande della cristianità vide coinvolti i più importanti architetti dell’epoca: Raffaello, Baldassarre Peruzzi, Antonio da Sangallo il Giovane e Michelangelo. Fu quest’ultimo a imporsi infine, con un progetto che riprendeva l’idea originaria di Bramante. Per quanto concerne l’architettura privata, episodio importante fu villa Farnesina a Roma (1509-1511), costruita da Peruzzi per la famiglia Chigi: l’edificio divenne il tipo più diffuso di villa suburbana.

La Vergine delle rocce, Leonardo da Vinci.

La Vergine delle rocce, Leonardo da Vinci.

Nato a Urbino e formatosi nella bottega del Perugino, Raffaello giunse a Roma nel 1508, lo stesso anno in cui Michelangelo iniziava gli affreschi della Cappella Sistina. Architetto e pittore, Raffaello fu incaricato di realizzare le decorazioni delle Stanze di Giulio II, nei Palazzi Vaticani. Conosciuti in tutto il mondo sono i suoi affreschi per la Stanza della Segnatura: la Disputa del Sacramento, ricca di riferimenti teologici sul sacramento dell’Eucaristia, e La scuola di Atene, caratterizzata da una calibratissima composizione, che si sviluppa attorno alle due figure di Platone e Aristotele.

Lontano dalla capitale continuava intanto la grande tradizione della pittura veneta. Dalla lezione di Giorgione, maestro del colore dal tratto gentile e delicato, prese avvio l’arte di Tiziano. La pennellata fluida, l’armonia della composizione e la classica serenità delle figure (evidenti ad esempio in L’Amor sacro e l’Amor profano, 1515 ca., Galleria Borghese, Roma) sono i segni distintivi della sua pittura. Tiziano eseguì anche molti ritratti, che divennero presto modelli indiscussi del genere, per tutto il secolo e per buona parte del successivo. La tradizione veneziana proseguì per tutto il Cinquecento con altri grandi artisti: Lorenzo Lotto, Veronese e Tintoretto.

A Parma fiorì il genio del Correggio, il cui nome è legato agli splendidi cicli di affreschi della cosiddetta Camera della Badessa (1519, refettorio del Convento di San Paolo), alla decorazione della chiesa di San Giovanni Evangelista (1520-1523) e di parte della cupola del Duomo (1526-1530). Pittore capace di grande efficacia espressiva, rivelò un’approfondita conoscenza della pittura romana che rielaborò in uno stile fortemente originale. La ricchezza di temi e soggetti delle sue opere, generalmente attinti alla mitologia classica, i mossi giochi di luce, gli scorci prospettici impostati su sorprendenti punti di fuga preludono al rifiuto dell’equilibrio dei canoni della classicità, e aprono la strada ai linguaggi più lirici e decorativi tipici del manierismo.

Il sacco di Roma del 1527 da parte delle truppe di Carlo V provocò la fuga dalla città di numerosi artisti e architetti, tra cui Giulio Romano e Sansovino. Il primo si stabilì a Mantova, dove Federico Gonzaga gli commissionò la costruzione e la decorazione di Palazzo Te (iniziate a partire dal 1527): gli affreschi che impreziosiscono le sale del palazzo rappresentano per molti aspetti un momento di transizione verso il manierismo.

Sansovino si trasferì invece a Venezia, introducendo il linguaggio classico nell’architettura della città lagunare: a lui si devono importanti edifici in piazza San Marco (Zecca, 1536-1548; Loggetta, 1537-1540; Libreria Marciana, 1537-1554) e alcuni palazzi sul Canal Grande (Palazzo Correr, 1561). Il ritorno alle forme classiche, studiate con rigore filologico, impronta tutta l’opera di Andrea Palladio. I suoi edifici civili a Vicenza (il Palazzo della Ragione, detto anche Basilica Palladiana, 1549; il Teatro Olimpico, iniziato nel 1580 e terminato da Vincenzo Scamozzi) e le ville (Villa Barbaro a Maser, 1555-1560; La Malcontenta, presso Mira, 1560) divennero modelli archetipici di uno stile, il “palladiano”, che nei secoli successivi si diffuse in tutto il mondo.

 

Cappella Sistina, Roma.

Cappella Sistina, Roma.

Fonti: Capolavori della pittura, Wikipedia, Encarta

Un’opera d’arte al mese #3: Il viandante sul mare di nebbia

Terzo appuntamento con la nostra rubrica artistica. Chi ha perso i primi due articoli, li trova rispettivamente qui (Lo stagno delle ninfee) e qui (La colazione dei canottieri).

Oggi parliamo di un dipinto che è stato scelto come copertina del romanzo Cime tempestose di Emily Brönte nell’edizione Einaudi (se siete interessati alla mia recensione del suddetto romanzo, la trovate qui).

 

Titolo del dipinto

Il viandante sul mare di nebbia

Artista

Caspar David Friedrich

Anno di realizzazione

1818

Dimensioni

98 x 74 cm

Tecnica

Olio su tela

Dove si trova

Hamburger Kunsthalle, Amburgo, Germania

Curiosità

Negli anni Quaranta alcuni registi di Hollywood, tra cui Walt Disney, trassero ispirazione dai dipinti drammatici di Friedrich per i propri film. Ritenevano che i paesaggi dell’artista evocassero molti dei sentimenti che cercavano di trasmettere: soggezione, stupore e spiritualità; il contrasto tra individuo e infinito; il ciclo della vita e del tempo.

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Il dipinto

Il viandante sul mare di nebbia  raffigura un paesaggio di estrema bellezza e drammaticità. Una figura solitaria è in piedi su un precipizio aggettante su montagne coperte di nebbia. La vista è mozzafiato grazie alla mescolanza luminescente di tenui blu, grigi, viola e gialli sopra un manto mutevole di nebbia. La sensazione di isolamento del viandante è accentuata dalla visuale posteriore della sua figura, sebbene essa sia il centro verso cui converge ogni elemento del dipinto.

L’anima dell’opera è, nonostante la maestosità, malinconica, come del resto molti dipinti di Friedrich. Numerosi critici hanno attribuito questo sentimento persistente nell’artista alle perdite subite da lui durante l’infanzia.

 

L’artista

The Painter Caspar David Friedrich (1774-1840) (oil on canvas)

Caspar David Friedrich (Greifswald 1774 – Dresda 1840) fu un pittore tedesco. Importante rappresentante del romanticismo, fu autore di grandiosi paesaggi e di marine che rivelano non solo un’attenta osservazione della natura, ma anche un’intenzione allegorica.

Dopo gli studi all’Accademia di Copenaghen, nel 1798 si stabilì a Dresda, dove aderì a un circolo artistico e letterario permeato di ideali romantici. I suoi disegni giovanili, a matita e seppia, dal tratto preciso, ritraggono scenari che diventeranno ricorrenti nella sua produzione: spiagge sassose, distese piatte e brulle, catene montuose che si susseguono a perdita d’occhio, alberi che si innalzano verso il cielo. Gradatamente tuttavia Friedrich abbandonò la precisione documentaristica delle prime opere a favore di una maggiore efficacia comunicativa, trasferendo nel paesaggio naturale emozioni e sensazioni.

Tra i dipinti a olio, La Croce sulle montagne (1807 ca., Gemäldegalerie, Dresda) è esempio significativo del suo stile maturo, e costituisce un’ardita innovazione rispetto alla pittura religiosa tradizionale. Secondo quanto rivela lo stesso Friedrich in alcuni scritti, tutti gli elementi di questa composizione hanno significati simbolici: i colori freddi e acidi, la luce chiara e i profili secchi, tutto concorre a suggerire la sensazione di malinconia, isolamento e impotenza che investe l’uomo di fronte alle forze minacciose della natura. Simili elementi si ritrovano in altri suoi dipinti, considerati tipici esempi del romanticismo tedesco figurativo, come Il viandante sul mare di nebbia (1818) e il Naufragio della ‘Speranza’ (1823-24). Docente all’Accademia di Dresda, Friedrich influenzò grandemente i giovani pittori romantici tedeschi.

 

La corrente artistica

Il Romanticismo fu un movimento europeo e statunitense che coinvolse il mondo artistico e culturale in un periodo che spazia, molto approssimativamente, tra il 1800 e il 1850.

Per quanto non possa essere identificato con un singolo stile, con una tecnica particolare o un atteggiamento univoco da parte dei suoi esponenti, si può dire che il romanticismo fu in generale caratterizzato da un approccio soggettivo al fatto artistico, dall’intento di esprimere attraverso l’opera emozioni e sentimenti, attingendo a una vivida immaginazione o a una dimensione onirica e visionaria. Tanto l’arte classica e neoclassica, che dominò i decenni precedenti, appariva improntata a equilibrio e sobrietà, compiuta e lineare nelle forme e nelle composizioni, tanto quella romantica privilegiò rappresentazioni fortemente suggestive, in cui venivano trasposte sensazioni intense e inquietudini spirituali o mistiche.

Nella difficoltà di trovare una definizione univoca ed esaustiva, molti critici e artisti misero in luce di volta in volta gli aspetti che consideravano maggiormente caratterizzanti: lo scrittore tedesco E.T.A. Hoffmann, ad esempio, affermò che la vera essenza del romanticismo non era che “brama d’infinito”. Nella scelta dei soggetti, gli artisti romantici mostrarono una profonda attrazione per la natura, soprattutto per i suoi aspetti selvaggi e misteriosi; e in generale si rivolsero a soggetti esotici, malinconici o melodrammatici, atti a evocare terrore o emozioni violente, coinvolgenti.

Fonti: Capolavori della pittura, Encarta

Un’opera d’arte al mese #2: La colazione dei canottieri

Salve amici,

oggi vi auguro buon Natale con il secondo appuntamento della rubrica Un’opera d’arte al mese. Ho scelto per l’occasione un quadro che trasmette l’allegria dei conviti e delle atmosfere di festa. Chi ha perso il primo appuntamento (Lo stagno delle ninfee di Monet) e l’introduzione alla rubrica, trova tutto qui.

 

Titolo del dipinto

La colazione dei canottieri

Artista

Pierre-Auguste Renoir

Anno di realizzazione

1881

Dimensioni

130 x 173 cm

Tecnica

Olio su tela

Dove si trova

Phillips Collection, Washington, D.C.

Curiosità

La ragazza che nel quadro è seduta al tavolo e gioca con il cane è Aline Charigot, conosciuta da Renoir nel 1880. Sebbene lui avesse vent’anni più di lei nel 1890 i due si sposarono e negli anni successivi ebbero tre figli. Uno di questi, Jean, divenne uno dei più grandi registi di tutti i tempi.

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Il dipinto

Il dipinto del movimento impressionista che meglio esprime la joie de vivre, è probabilmente La colazione dei canottieri. L’opera raffigura la gaia scena di un gruppo di amici che si godono il giorno libero in compagnia. Il dipinto accosta alcuni elementi del nuovo stile di vita parigino: l’allegria delle domeniche estive unita alla mescolanza di classi sociali diverse in armonia tra loro. Sono presenti infatti una cucitrice, un’attrice, un collezionista aristocratico, due canottieri e un uomo ricco che, così insieme, sembrano rappresentare l’ideale francese di libertà, uguaglianza e fraternità.

La colazione dei canottieri è l’opera successiva a un’altra, Ballo al Moulin de la Galette. Quest’ultima fu realizzata due anni prima secondo il vero stile impressionista: sul luogo, all’aria aperta e con pennellate molto veloci. La delusione per la pittura all’aria aperta e le pesanti critiche ricevute indussero Renoir a modificare leggermente il proprio stile. La colazione dei canottieri infatti è stata dipinta all’interno e le figure sono tracciate in maniera più decisa.

 

 

L’autore

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Pierre-Auguste Renoir (Limoges 1841 – Cagnes-sur-Mer 1919), pittore francese, tra le figure principali del movimento impressionista. Nato da padre sarto e madre operaia, si formò come decoratore a Parigi, dove la famiglia si era trasferita, occupandosi dapprima di porcellane, quindi di ventagli e tessuti.

Nel 1862 si iscrisse all’Ecole des Beaux-Arts, seguendo i corsi del pittore svizzero Charles Gleyre; presso lo studio di quest’ultimo conobbe Claude Monet, che insieme a Gustave Courbet esercitò una profonda influenza sui suoi esordi pittorici. Negli anni seguenti strinse amicizia con Alfred Sisley, Frédéric Bazille, Camille Pissarro, ed entrò in contatto con importanti esponenti del mondo culturale parigino quali Zola, Huysmans, Baudelaire, Nadar. Studiò con impegno e passione i maestri del passato, copiando le loro opere al Louvre (predilesse Fragonard, Boucher, Watteau, maestri della luce e dell’uso sensuale del colore), e guardò con interesse ai grandi contemporanei, in particolare a Eugène Delacroix e a Jean-Auguste-Dominique Ingres.

GLI ESORDI

Accolto per la prima volta al Salon nel 1864 con Esmeralda che danza, opera non lontana dai canoni accademici, passò presto a una più decisa sperimentazione pittorica, dipingendo en plein air nella foresta di Fontainebleau insieme agli amici che più tardi saranno riconosciuti come impressionisti. La prima testimonianza significativa di questa ricerca pittorica è La locanda di Mère Anthony, una scena d’interno, nella quale si ravvisa il modello di Courbet e Diaz de la Peña; seguirono i paesaggi e i soggetti all’aperto sui quali si cimentava insieme a Monet, come La Grenouillère (1869, in tre versioni: Nationalmuseum, Stoccolma; collezione Reinhart, Winterthur; Museo Puškin, Mosca) e Vele ad Argenteuil (1874, Museum of Art, Portland).

Nel 1874 Renoir partecipò alla prima mostra della neonata Société Anonyme des artistes, peintres, sculpteurs, graveurs, allestita nello studio del fotografo Nadar, insieme a Monet, Degas, Sisley, Cézanne, Morisot, Boudin, Pissarro; mostra che passò alla storia come la prima esposizione degli impressionisti; tra le sue tele spiccava Il palco, conservato presso le Courtauld Institute Galleries di Londra. L’esposizione inaugurò il periodo delle sue opere più celebri, tra cui Le Moulin de la Galette (1876, Musée d’Orsay, Parigi), eseguita en plein air, straordinaria per i vibranti effetti di luce che definiscono il movimento del ballo e la vivacità della folla.

IMPRESSIONISMO E TRADIZIONE

Parallelamente alla sua produzione impressionista, Renoir continuò a praticare una pittura per molti versi più tradizionale, nella quale un ruolo fondamentale è ancora riservato alla linea e al disegno, pur non disgiunti da una sapiente sperimentazione sul colore. Grande successo riscosse il pittore presso la borghesia parigina con il genere del ritratto: tra le tele più celebri, vanno ricordate Madame Georges Charpentier con i figli (1878, Metropolitan Museum of Art, New York) e Jeanne Samary (1879, Musée d’Orsay), entrambe ammesse ai Salon ufficiali.

Gli anni Ottanta, inaugurati con la famosa Colazione dei canottieri (1880-81, Philips Collection, New York), furono per Renoir anni di viaggi, di scoperte e di conferme. Fu in Algeria e poi in Italia, dove rimase folgorato dall’eleganza e dall’equilibrio di Raffaello. Quindi nel 1887 terminò la tela Le grandi bagnanti (1884-1887, Museum of Art, Philadelphia), accolta all’esposizione internazionale di Georges Petit: eseguita in studio, l’opera segna la netta presa di distanza dalla tecnica impressionista, proponendo un deciso recupero della linea, del contorno preciso, della forma classicheggiante riletta in chiave decorativa. Nel 1892 la grande retrospettiva delle opere di Renoir organizzata da Durand-Ruel attestava l’enorme riconoscimento di cui ormai godeva l’artista.

Negli ultimi vent’anni della sua vita, Renoir, colpito dall’artrite, continuò comunque a dipingere facendosi legare il pennello alla mano. La sua ricerca stilistica proseguì instancabilmente, alternando una tendenza idealizzante, in cui si avverte il richiamo a Ingres (espressa soprattutto nei nudi), a un appassionato studio sul colore, nel quale un ruolo fondamentale ebbe la riflessione su Tiziano. Le ultime Bagnanti (1918-19, Musée d’Orsay, Parigi) sono considerate, per resa plastica e attenzione alla materia cromatica, un’anticipazione del filone “classico” del Novecento, di cui furono interpreti, tra gli altri, Pablo Picasso e Giorgio de Chirico.

La corrente artistica

L’Impressionismo è una corrente artistica sviluppatasi in Francia nella seconda metà dell’Ottocento, nata dal rifiuto delle tradizioni pittoriche e scultorie contemporanee, a soggetto classico o sentimentale, e dello stile promosso dall’Accademia di belle arti di Parigi, tecnicamente meticoloso e incentrato sul lavoro in studio. Per estensione, il termine “impressionismo” è stato applicato anche a certa produzione musicale dell’inizio del XX secolo. Tra i principali pittori impressionisti si ricordano Edgar Degas, Claude Monet, Berthe Morisot, Camille Pissarro, Pierre-Auguste Renoir, Alfred Sisley e Jean-Frédéric Bazille.

I FONDAMENTI DELL’IMPRESSIONISMO

Tradizionalmente l’Accademia imponeva le direttive alle quali tutta l’arte francese avrebbe dovuto uniformarsi e allestiva le esposizioni del Salon di Parigi, organo ufficiale della promozione artistica e della formazione del gusto. Gli impressionisti rifiutarono questi dettami e queste costrizioni, preferendo ispirarsi alla natura e alla vita quotidiana piuttosto che alla classicità o alla storia aulica, e rigettando d’altra parte anche il sentimentalismo tardoromantico (vedi Romanticismo) allora in voga. Scelsero di lavorare all’aperto anziché in studio, interessandosi principalmente agli effetti della luce naturale.

Se la pratica accademica si fondava sull’accuratezza del disegno, la precisa descrizione dei dettagli, la perfetta definizione delle forme attraverso sfumature di colore e chiaroscuro, gli impressionisti, invece, elaborarono una tecnica pittorica in grado di riprodurre la percezione visiva del reale, nella quale i contorni non sono mai netti e i colori, colpiti dalla luce, appaiono vivi, spesso cangianti.

Il procedimento si fondava sulla stesura di brevi pennellate di pigmento puro, che giustapponevano perlopiù colori primari (rosso, giallo e blu), mettendoli in contrasto con i complementari (verde, viola, arancio ecc.): ne risultava un’immagine rozza e frammentaria se analizzata da vicino, ma straordinariamente efficace dalla consueta distanza d’osservazione, caratterizzata da una luminosità più accesa di quella solitamente prodotta mescolando i colori prima di applicarli alla tela.

FONTI: ENCARTA, CAPOLAVORI DELLA PITTURA

Un’opera d’arte al mese #1: Lo stagno delle ninfee

Buon inizio di novembre a tutti!

Inauguriamo questo mese con una nuova rubrica: Un’opera d’arte al mese.

Perché questa scelta?, chiederete. Ebbene, penso che di arte non si parli mai abbastanza. Oltretutto sarebbe bello riportare la contemplazione dell’arte a una dimensione più quotidiana, com’era una volta, e non soltanto un compito di scuola o una perdita di tempo come spesso è percepita oggi. Così, in questo mio piccolo spazio, condividerò con voi alcuni dei dipinti che preferisco e che meglio rappresentano le correnti artistiche di cui fanno parte. Non mancheranno curiosità e particolari interessanti. Cominciamo!

Inaugura la rubrica Lo stagno delle ninfee di Claude Monet.

Titolo del dipinto

Lo stagno delle ninfee

Artista

Claude Monet

Anno di realizzazione

1899

Dimensioni

88,3 x 93,1 cm

Tecnica

Olio su tela

Dove si trova

National Gallery di Londra, Inghilterra

Curiosità

Lo stagno che si vede nel dipinto è un ramo del fiume Epte, affluente della Senna, deviato da Monet per creare il suo giardino acquatico.

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Il dipinto

Monet riesce a catturare la luce del sole per far risaltare il soggetto e renderlo più reale, al punto che riusciamo quasi a sentire il profumo delle ninfee e udire i rumori prodotti dalle creature che vivono nello stagno e attorno a esso. Allo scopo di catturare la luce che cambiava, il colore e le condizioni atmosferiche, Monet disponeva spesso numerose tele allineate una di fianco all’altra. Nell’attesa che un dipinto si asciugasse, si metteva a lavorare su un altro.

Per ottenere i riflessi perfetti dell’acqua, l’artista insisteva che sia il giardino, sia lo stagno fossero pulitissimi, al punto da chiedere agli addetti alle pulizie di “spolverare” la superficie dell’acqua.

Gli impressionisti, e Monet in particolare, ammiravano molto l’arte e la cultura giapponese e ne subirono una forte influenza. Monet riempì la sua casa di Giverny con centinaia di stampa giapponesi e piantò bambù e peonie lungo le sponde dello stagno delle ninfee. Come si vede nel dipinto, costruì anche un ponticello in legno ad arco, in tipico stile giapponese.

L’autore

Claude Monet fu il fondatore dell’impressionismo francese, movimento che prese il nome proprio da uno dei suoi quadri, Impressione, sole nascente. I dipinti raffiguranti il suo giardino acquatico, tra cui Lo stagno delle ninfee, sono alcune delle opere d’arte più preziose al mondo.

Monet

Claude Monet (Parigi 1840 – Giverny 1926) fu un pittore francese. Capofila del movimento impressionista, portò al massimo livello lo studio degli effetti mutevoli della luce naturale. Mostrò prestissimo il suo talento artistico, cominciando fin da ragazzo a disegnare caricature, per poi seguire l’insegnamento di Eugène Boudin che lo incoraggiò a dipingere all’aperto. Nel 1859, da Le Havre, dov’era cresciuto, si trasferì a Parigi, iniziando a frequentare Edouard Manet e altri pittori che in seguito avrebbero formato il gruppo impressionista, come Camille Pissarro, Pierre-Auguste Renoir e Alfred Sisley.

Lavorando molto in esterni (en plein air, secondo i dettami impressionisti), Monet dipingeva paesaggi e scene di vita quotidiana così come si presentavano ai suoi occhi, senza artifici. Nel 1865 cominciò a esporre al Salon, dove le sue opere ottennero sempre maggiore successo. Le critiche al suo stile, decisamente innovativo, arrivarono dai sostenitori dell’arte accademica, che consideravano frutto di negligenza le sue ampie pennellate applicate con libertà sulla tela.

Nel 1874 Monet e il suo gruppo decisero di organizzare una propria esposizione. La critica, giudicando sommario e incompiuto il loro stile, li definì sprezzantemente ‘impressionisti’, volgendo così in burla il titolo di un’opera di Monet (Impression, soleil levant, 1872). In questo periodo, le composizioni dell’artista si caratterizzano per l’uso di colori puri; in particolare il bianco, che suggerisce la luce, e il blu, applicato nelle zone d’ombra, gli consentivano di rendere sulla tela un’impressione spontanea dei paesaggi che aveva di fronte.

Verso la metà degli anni Ottanta Monet conobbe i primi successi di critica e di pubblico. Dal 1889 iniziò a eseguire serie di dipinti (famosa, tra le altre, è quella delle Cattedrali di Rouen, 1892-94) che ritraevano lo stesso soggetto in diverse ore del giorno o in diversi periodi dell’anno, mostrando così che la sua tecnica, nonostante l’apparente semplicità, ben si prestava a rendere l’intera gamma delle variazioni atmosferiche. Dal 1883, acquistata una casa a Giverny, vicino a Parigi, si dedicò a ritrarre il suo giardino ricco di fiori (oggi aperto al pubblico), realizzando, tra l’altro, la serie delle Ninfee (1909-26), talvolta su tele di grandi dimensioni.

Curiosità

Nell’estate del 1869 Monet e Renoir lavorarono fianco a fianco sulle rive della Senna, dipingendo due visioni della stessa scena: Bagnanti a La Grenouillère di Monet e La Grenouillère di Renoir.

 

 

La corrente artistica

L’Impressionismo è una corrente artistica sviluppatasi in Francia nella seconda metà dell’Ottocento, nata dal rifiuto delle tradizioni pittoriche e scultorie contemporanee, a soggetto classico o sentimentale, e dello stile promosso dall’Accademia di belle arti di Parigi, tecnicamente meticoloso e incentrato sul lavoro in studio. Per estensione, il termine “impressionismo” è stato applicato anche a certa produzione musicale dell’inizio del XX secolo. Tra i principali pittori impressionisti si ricordano Edgar Degas, Claude Monet, Berthe Morisot, Camille Pissarro, Pierre-Auguste Renoir, Alfred Sisley e Jean-Frédéric Bazille.

I FONDAMENTI DELL’IMPRESSIONISMO

Tradizionalmente l’Accademia imponeva le direttive alle quali tutta l’arte francese avrebbe dovuto uniformarsi e allestiva le esposizioni del Salon di Parigi, organo ufficiale della promozione artistica e della formazione del gusto. Gli impressionisti rifiutarono questi dettami e queste costrizioni, preferendo ispirarsi alla natura e alla vita quotidiana piuttosto che alla classicità o alla storia aulica, e rigettando d’altra parte anche il sentimentalismo tardoromantico (vedi Romanticismo) allora in voga. Scelsero di lavorare all’aperto anziché in studio, interessandosi principalmente agli effetti della luce naturale.

Se la pratica accademica si fondava sull’accuratezza del disegno, la precisa descrizione dei dettagli, la perfetta definizione delle forme attraverso sfumature di colore e chiaroscuro, gli impressionisti, invece, elaborarono una tecnica pittorica in grado di riprodurre la percezione visiva del reale, nella quale i contorni non sono mai netti e i colori, colpiti dalla luce, appaiono vivi, spesso cangianti.

Il procedimento si fondava sulla stesura di brevi pennellate di pigmento puro, che giustapponevano perlopiù colori primari (rosso, giallo e blu), mettendoli in contrasto con i complementari (verde, viola, arancio ecc.): ne risultava un’immagine rozza e frammentaria se analizzata da vicino, ma straordinariamente efficace dalla consueta distanza d’osservazione, caratterizzata da una luminosità più accesa di quella solitamente prodotta mescolando i colori prima di applicarli alla tela.

 

Fonti: Encarta, Capolavori della Pittura