Venuto al mondo – Margaret Mazzantini

Parliamo di uno dei romanzi di una nota scrittrice italiana. Si dice che la Mazzantini si odia o si ama, non ci sono mezze misure. Penso che sia vero.

 

 

VENUTO AL MONDO

Margaret Mazzantini

Mondadori

 

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Trama

 Una mattina Gemma sale su un aereo, trascinandosi dietro un figlio di oggi, Pietro, un ragazzo di sedici anni. Destinazione Sarajevo, città-confine tra Occidente e Oriente, ferita da un passato ancora vicino. Ad attenderla all’aeroporto, Gojko, poeta bosniaco, amico, fratello, amore mancato, che ai tempi festosi delle Olimpiadi invernali del 1984 traghettò Gemma verso l’amore della sua vita, Diego, il fotografo di pozzanghere. Il romanzo racconta la storia di questo amore, una storia di ragazzi farneticanti che si rincontrano oggi invecchiati in un dopoguerra recente. Una storia d’amore appassionata, imperfetta come gli amori veri. Ma anche la storia di una maternità cercata, negata, risarcita. Il cammino misterioso di una nascita che fa piazza pulita della scienza, della biologia, e si addentra nella placenta preistorica di una guerra che mentre uccide procrea. L’avventura di Gemma e Diego è anche la storia di tutti noi, perché questo è un romanzo contemporaneo. Di pace e di guerra.

L’autrice

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Margaret Mazzantini (Dublino, 27 ottobre 1961) è una scrittrice, drammaturga e attrice italiana.

Nasce a Dublino, dove vive per circa tre anni prima di trasferirsi con la famiglia a Tivoli, nei pressi di Roma. Figlia dello scrittore Carlo Mazzantini e della pittrice irlandese Anne Donnelly, e sorella minore dell’attrice Giselda Volodi, nel 1982 si diploma presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica. Successivamente si esibisce come attrice di teatro, cinema e televisione.

Esordisce in letteratura con Il catino di zinco (Marsilio, 1994), vincitore del premio Opera Prima Rapallo-Carige e del Premio Campiello – Selezione Giuria dei Letterati.

Nel 1995 scrive la pièce Manola, interpretandola a teatro insieme a Nancy Brilli, con la regia di Sergio Castellitto. Nel 1998 Manola esce per Mondadori sotto forma di romanzo. Nel 2000 lavora a Zorro. Un eremita sul marciapiede, un monologo teatrale interpretato da Sergio Castellitto, edito da Mondadori nel 2004.

Con il romanzo Non ti muovere (Mondadori, 2002) ha vinto, tra gli altri, il Premio Strega, il Premio Rapallo-Carige e il Premio Grinzane Cavour.

Nel 2003 è stata insignita del titolo di Cavaliere Ordine al merito della Repubblica Italiana su iniziativa del Presidente della Repubblica.

Nel 2008 esce il romanzo Venuto al mondo, edito da Mondadori e vincitore, tra gli altri, del Premio Campiello 2009.

Nel 2011 viene pubblicato il romanzo Nessuno si salva da solo, edito da Mondadori e vincitore del Premio Flaiano. Sempre nel 2011 esce Mare al mattino, romanzo edito da Einaudi e vincitore del Premio Cesare Pavese e del Premio Matteotti.

Nel 2013 viene pubblicato il romanzo Splendore, edito da Mondadori. A marzo, riceve il Dante d’oro all’opera omnia, assegnatole dal salotto letterario degli studenti dell’Università commerciale Luigi Bocconi di Milano, la Bocconi d’Inchiostro.

I suoi libri sono tradotti in trentacinque lingue.

Dal 1987 è sposata con l’attore e regista Sergio Castellitto con cui ha avuto quattro figli.

Recensione

Negli anni Ottanta la giovane Gemma effettua un viaggio nella città di Sarajevo dove incontra Diego, uno stravagante fotografo con cui ha un’avventura. Tornata in Italia decide comunque di sposarsi con il fidanzato Fabio. Purtroppo il loro matrimonio non va a buon fine e i due si separano. Gemma torna tra le braccia di Diego. Innamorati, decidono a loro volta di sposarsi. I problemi arrivano dopo: Gemma infatti è sterile, la coppia non riesce ad avere figli. Tentano ogni strada possibile fino a che affrontano insieme un nuovo viaggio a Sarajevo durante la guerra. Lì incontrano una giovane donna disposta a ospitare in grembo il figlio di Diego che poi andrà via con la coppia. Tuttavia non tutto va come previsto.

Premetto che non avevo mai letto un libro della Mazzantini. Confermo che questo è stato il primo e l’ultimo. Non mi piace affatto il suo modo di scrivere, così triste e senza rilievo, senza sorprese. Lo stile è grigio, deprimente, fa crescere progressivamente un fastidioso peso sullo stomaco. Per non parlare di questo libro nello specifico. Ci viene presentato come un romanzo in cui la guerra è un evento fondamentale, mentre sulla guerra troviamo all’incirca quattro o cinque pagine. La storia non è affatto ben inserita nel contesto storico: facile parlare di guerra nominando solo dei cecchini che sparano dalle montagne. Inoltre ci si potrebbe aspettare che sia un libro carico di passione tra i due protagonisti: non è vero neppure questo. Le scene d’amore – poche e descritte senza emozione – sono anch’esse impostate sulla tristezza, su ogni tipo di sfumatura di grigio, di squallore. E poi la critica più importante che manda all’aria il senso intero di un amore costruito giorno per giorno: Diego durante l’ultimo viaggio a Sarajevo accetta – con il consenso di Gemma – ad avere un rapporto sessuale con una giovane serba disposta a dargli un figlio. Ora io mi chiedo: come può Gemma accettare che suo marito vada con un’altra donna per metterla incinta? Come può Diego stesso essere disposto a tradire la moglie che pareva tanto amare? Questa mi pare davvero la ciliegina sulla torta di un libro che non mi ha dato nulla, anzi mi ha fatto desiderare intensamente di terminarlo per liberarmi da un peso.

Chi sono io per dire che chi è figlio di uno scrittore e coniuge di un regista ha la strada spianata per pubblicazioni e trasposizioni cinematografiche? Nessuno, per cui non lo dico. Va be’, l’ho detto.

Valutazione:

1

La mia anima è ovunque tu sia – Aldo Cazzullo

Oggi vi parlo di un romanzo della serie “Evviva il valore della grande editoria italiana”.

 

LA MIA ANIMA è OVUNQUE TU SIA

Aldo Cazzullo

Mondadori

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Trama

Alba, aprile 1945. In città è arrivato il tesoro della Quarta Armata. Il denaro, il frutto delle requisizioni, le ricchezze che una forza di occupazione accumula in guerra: tutto questo viene spartito tra la Curia e i partigiani. Il vescovo affida la propria parte a un giovane promettente, cresciuto in seminario: Antonio Tibaldi. Il capo dei partigiani rossi, Domenico Moresco, tiene la propria parte per sé, tradendo l’amicizia del compagno Alberto e la memoria della donna che entrambi hanno amato con l’assolutezza della gioventù e della battaglia: Virginia, occhi chiari, sorriso a forma di cuore e coraggio da combattente, torturata e uccisa dai fascisti. Alba, 25 aprile 2011. In un bosco sulla Langa viene ritrovato il cadavere di Moresco, divenuto industriale del vino, capostipite di una delle due grandi famiglie della città. Sul caso, oltre alla polizia, indaga Sylvie, detective tanto spregiudicata quanto seducente, ingaggiata dal capo dell’altra dinastia: Tibaldi. Alba, 1963. Un grande scrittore, outsider della letteratura italiana, impiegato della Tibaldi Vini, sente vicina la morte. E allora cerca di ricostruire la storia del tesoro, della guerra partigiana, di un amore perduto. E intuisce i fili di una vicenda destinata molti anni dopo a finire in un delitto, sulla cui scena si agitano fantasmi del passato, comunisti, sacerdoti, fascisti, mogli tradite e traditrici, figli forse illegittimi, passioni romantiche e sadiche.

L’autore

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Aldo Cazzullo (Alba, 1966) è un giornalista e scrittore italiano, editorialista del “Corriere della Sera”.
Debutta come giornalista nel 1988 per “La Stampa”, dove continua a lavorare fino al 2003, anno in cui inizia la collaborazione con il “Corriere della Sera”. Si è occupato di politica italiana ma anche internazionale, seguendo come inviato le elezioni di Bush, Obama, Erdogan, Zapatero e Sarkozy, le Olimpiadi di Atene e Pechino e i Mondiali di calcio in Giappone e Germania. È autore di numerosi saggi, dai primi Il mal francese. Rivolta sociale e istituzioni nella Francia di Chirac (Ediesse, 1996) e I ragazzi di Via Po (Mondadori, 1997) ai recenti successi di I grandi vecchi (premio Estense 2006) L’Italia de noantri. Come siamo diventati tutti meridionali (Mondadori, 2009) e Viva l’Italia (Mondadori, 2010).
Da Viva l’Italia è stato tratto uno spettacolo teatrale che ha avuto repliche e rappresentazioni in tutte le maggiori città italiane. Per lo stesso libro Cazzullo è stato insignito del Premio Nazionale ANPI “Renato Benedetto Fabrizi” 2011.
Aldo Cazzullo non aveva mai pensato di scrivere un romanzo. Fino a quando non si è imbattuto, nella sua città, in una storia che non poteva non essere narrata. Così è nato La mia anima è ovnque tu sia (Mondadori 2011), ora tradotto in Germania.

 

Recensione

Poche volte do giudizi pessimi sui libri. Sarà perché in fondo la maggior parte dei libri hanno qualcosa da dire, sarà perché scelgo sempre letture del genere che adoro. Stavolta non è stato così. O meglio il genere è uno di quelli che preferisco, ma il libro mi ha delusa profondamente. Sono stata ingannata dalla stupenda copertina che ritrae una giovane partigiana nonché dal sottotitolo “Un delitto, un tesoro, una guerra, un amore”. Ebbene, nel romanzo di Aldo Cazzullo “La mia anima è ovunque tu sia”, nessuno di questi quattro elementi è presente. Un delitto, introdotto e mal spiegato, un tesoro appena accennato, una guerra neppure sfiorata e un amore che non fa emozionare, che non c’è. Certo non dovevo aspettarmi di trovare un romanzo epico quale “Il cavaliere d’inverno” di Paullina Simons ma perlomeno qualcosa che valesse la pena di essere letto. La storia si dispiega in capitoli brevissimi tra passato e presente e pare quasi un continuo susseguirsi di informazioni, brevi dialoghi che non emozionano, non funzionano. Amici di vecchia data che celano segreti e amore per la stessa donna che ha fatto una brutta fine. Questa essenzialmente è la trama e non illudetevi di trovare qualcosa di più di poche righe sulla partigiana in copertina.

Ritornando alla frase di apertura “Evviva la grande editoria italiana”, desidero dare una spiegazione. Non disdegno i grandi editori del nostro Paese che pubblicano autori degni di nota italiani e stranieri, ma un libro come questo dimostra quanto il mercato editoriale dipenda non dal talento quanto dal nome dello scrittore. Il romanzo di Aldo Cazzullo secondo me non è di qualità, a differenza di molti altri scritti invece da scrittori alle prime armi che valgono dieci volte di più. Ma che ci volete fare? Avere un nome conosciuto e altre pubblicazioni alle spalle apre “portoni” irrimediabilmente chiusi a chi non conosce nessuno o non è nessuno. Eppure io sono convinta che valga molto di più chi scrive con passione e riesce a far emozionare chi lo legge, seppur poche decine di lettori, anziché chi vende copie solo per fama e poi delude. Conscia del fatto che sia un’utopia, affermo comunque che non sarebbe male che anche i grandi editori fossero più disponibili a valutare scrittori non famosi anziché basarsi su nomi che garantiscono vendite.

Valutazione:

1